Il generale piduista Mori assolto dall’accusa di favoreggiamento alla mafia

Il generale piduista Mori assolto dall’accusa di favoreggiamento alla mafia…..

Falcone e Borsellino furono uccisi perché avevano scoperchiato il potere secolare della massomafia e i suoi intrallazzi …..

19 maggio 2016

La Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza di assoluzione emessa in primo grado nel 2013 nei confronti dell’ex generale dei carabinieri Mario Mori e del colonnello dei carabinieri Mauro Obinu nel processo che li ha coinvolti per favoreggiamento aggravato al boss mafioso Bernardo Provenzano. I generali iscritti alla P2, Mori e Obinu erano accusati dalla procura generale di Palermo di non aver arrestato il boss mafioso Bernardo Provenzano nel 1995, nonostante ne avessero la possibilità. Provenzano sarebbe poi stato arrestato solo 11 anni dopo, nel 2006….

Il processo contro Mori e Obinu era cominciato dopo le dichiarazioni di un altro colonnello dei carabinieri, Michele Riccio, che aveva sostenuto che il Reparto Operativo Speciale (ROS) aveva ricevuto l’informazione che Provenzano avrebbe partecipato a una riunione mafiosa nelle campagne di Mezzojuso, in provincia di Palermo, il 31/10/1995. Secondo Riccio il ROS avrebbe avuto la possibilità di intervenire e arrestare Provenzano, ma Mori e Obinu (che era un suo sottoposto) non diedero l’autorizzazione all’arresto.

I magistrati che avevano rappresentato l’accusa nel processo di primo grado erano stati Nino Di Matteo e Antonio Ingroia, ma in quel caso il capo d’accusa era favoreggiamento alla mafia. Nel corso del processo di secondo grado, però, i procuratori dell’accusa Roberto Scarpinato e Luigi Patronaggio avevano deciso di modificare il capo di imputazione, eliminando l’accusa di favoreggiamento aggravato alla mafia. La decisione dei procuratori serviva a non collegare il processo di Mori e Obinu a quello sulla presunta trattativa Stato-mafia, in cui Mori è stato imputato. Nel cosiddetto “processo Stato-mafia”, Mori è accusato di non aver arrestato volontariamente Provenzano perché era una delle condizioni del presunto patto con la mafia perché venissero interrotte le stragi dell’inizio degli anni ‘90…

Mori era già stato processato e assolto dall’accusa di favoreggiamento alla mafia quando era stato accusato, sempre dalla procura di Palermo, di aver volontariamente ritardato la perquisizione del nascondiglio del boss Totò Riina, dopo il suo arresto nel 1993

Insieme alla sentenza di assoluzione, la Corte di Palermo ha inviato alla procura di Palermo i verbali del processo perché venga valutata la possibilità che alcuni dei testimoni sentiti abbiano dato false testimonianze. Tra questi c’è anche Sergio De Caprio, conosciuto come “capitano Ultimo”, colonnello dei carabinieri famoso per essere tra i principali responsabili dell’arresto di Totò Riina. A De Caprio e ad altri 5 carabinieri è contestata la ricostruzione delle ragioni di un altro presunto mancato arresto, quello che sarebbe potuto avvenire nel 1993 nei confronti del boss Nitto Santapaola, durante un’operazione di polizia a Terme Vigliatore, in provincia di Messina….

Il 20/4/2012 i giudici del processo celebrato a Palermo contro il generale dei carabinieri Mario Mori e il colonnello dell’Arma Mauro Obinu per favoreggiamento alla mafia, hanno ammesso a deporre su richiesta dell’accusa la vedova del giudice Paolo Borsellino, Agnese Piraino Leto, e Alessandra Camassa e Massimo Russo, due ex colleghi del magistrato assassinato dalla mafia. Il 24/5/2013 il PM di Palermo Antonino Di Matteo ha chiesto 9 anni di reclusione per il generale Mori e 6 anni per il Colonnello Mauro Obinu, riguardo al processo sul presunto favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra, per il mancato arresto di Bernardo Provenzano, nell’ottobre 1995.

Anche la loggia massonica P2 (formata da alte gerarchie militari della marina, dell’esercito, dell’aeronautica, della finanza e dei carabinieri) è al centro dell’attenzione per il processo sugli accordi tra stato mafia. In particolare, si indaga sui rapporti tra l’ex generale dei carabinieri Mario Mori e Licio Gelli e i contatti dell’ex ufficiale dell’arma, per anni al SID, col terrorismo nero. Un ex ufficiale del Sid, Mauro Venturi, che negli anni ’70 lavorò con Mori, racconta che Mori gli propose di entrare nella P2.

Per ‘cosa nostra’ i militari dell’esercito non sono considerati sbirri. Uno zio di Totò Riina era maresciallo dell’esercito.

Francesco Di Carlo, boss di Altofonte sostiene che Santovito, direttore del Sismi, era consapevole, quando si incontravano, che lui fosse latitante. “Quand’ero detenuto in Inghilterra vennero a trovarmi un tale Giovanni, forse uno dell’esercito, una persona inglese e un altro, che poi scoprii essere La Barbera, vedendo la sua foto sui giornali. Giovanni mi disse che si doveva procedere a fare andare via Falcone da Palermo, mi disse tante cose brutte su Falcone, che stava facendo grossi danni. Bisognava mandarlo fuori al più presto. Io, fin dalla fine degli anni ‘60 avevo rapporti e frequentavo un colonnello dell’esercito applicato alla Presidenza del Consiglio. Lo avevo conosciuto frequentando il generale Vito Miceli (ex capo del SID dell’epoca) e anche il colonnello Santovito. Con quest’ultimo avevo un rapporto più di amicizia: quando andavo a Roma, ci vedevamo e andavamo spesso a pranzo assieme.”….

Analizziamo ora la storia sporca dello Stato stragista massomafioso e dei suoi gabellotti

Dopo il 1812 i baroni si ritirarono nelle grandi città siciliane, lasciando i feudi in affitto tramite un contratto a gabella a guardie ignoranti e spietate chiamati gabellotti.

I gabellotti a loro volta lasciarono in affitto piccoli pezzi di terra a poveri contadini (chiamati coloni o borgesi). Inoltre i gabellotti assoldarono ladri e banditi senza scrupoli e li fecero entrare nelle Compagnie d’Armi per far da guardia ai terreni….. Queste Compagnie erano comandate da un capitano, che si impegnava a difendere il feudo dietro grossi compensi, andavano in giro a cavallo armati di fucile e compivano qualunque sopruso contro i contadini e i pastori che non pagavano la gabella ….

La massomafia è un potere secolare in mano all’aristocrazia che, attraverso la fondazione di logge massoniche in perenne conflitto tra di loro, si spartiscono ancora oggi il potere economico politico e militare….

La massomafia è composta da massoni che ricoprono incarichi importanti all’interno anche delle istituzioni: sono: politici, grossi industriali, banchieri, imprenditori e il loro braccio armato composto da servizi segreti che hanno da sempre usato la mafia gabellotta per fare i loro giochi sporchi (interessi economici, militari e geopolitici).

Il termine «massomafie» è stato coniato negli anni ’80 dal Prof. Giuseppe D’Urso che, per primo, grazie alle sue ricerche, svolte in ambito istituzionale, svelò il connubio fra mafie, massonerie e sistema giudiziario, quale collante del controllo politico-economico-mafioso del territorio, denunciando inascoltatamente i cavalieri catanesi, i magistrati corrotti al loro servizio, gli appalti e le connivenze politiche-affaristiche, indicandoci che le mafie, ieri come oggi, non sono una patologia tipica delle regioni del Sud Italia, ma un vero e proprio «braccio armato» di un regime corrotto, un «male endemico» diffuso e istituzionalizzato, protetto e organizzato su basi ben precise, espressione di una parte consistente della classe dirigente locale e nazionale. Giuseppe D’Urso denunciò gli affari sporchi della loggia massonica P2 fino a quelli più recenti sulla P3 collegata a doppio filo, a consorterie occulte, dalla massoneria dell’Opus Dei, dal Bilderberg ai Cavalieri di Malta, etc…

La storia della repubblica è farcita di gialli nei quali i massoni sono sempre presenti, quasi a fare da collante tra stato, mafie, eversione, terrorismo, e servizi segreti italiani e servizi segreti stranieri…. E’ il caso, ad esempio, del processo a Palermo sulla trattativa tra Stato e mafia…..

Siamo nei primi anni ‘90, anni della cosiddetta trattativa tra stato e mafia per far cessare omicidi di personalità politiche e le stragi mafiose a colpi di tritolo. Le leggi che hanno favorito le richieste del Papello (trattativa stato mafia) per l’alleggerimento del 41 bis, sono state approvate dai governi sia di centrodestra che di centrosinistra…

Nonostante il caso P2 sia del 1981, ancora oggi si parla di quella loggia (e di quelle presunte deviazioni istituzionali) in un processo tutt’ora in corso sui misteri d’Italia. ….

Dopo il 2010, ci sono state in particolare le indagini P3 e P4 che hanno in qualche modo chiamato in causa ancora il ruolo delle “obbedienze”. Nella vicenda P3 erano stati coinvolti anche il parlamentare del Pdl, Denis Verdini e l’ex senatore Marcello Dell’Utri. Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il pm Rodolfo Sabelli ipotizzarono che avevano costituito una “super loggia segreta” divenuta punto di riferimento di imprenditori e politici per “influenzare decisioni politiche, a pilotare processi e a decidere le nomine dei componenti di organi dello stato di rilievo costituzionale”.

Il termine P4 è utilizzato per riferirsi ad una inchiesta giudiziaria su una associazione a delinquere che avrebbe operato nell’ambito della pubblica amministrazione e della giustizia. Indagati in tale procedimento giudiziario furono, tra gli altri, il faccendiere Luigi Bisignani e il deputato Alfonso Papa (Pdl). La cosiddetta P4 invece avrebbe avuto l’obiettivo di gestire e manipolare informazioni segrete o coperte da segreto istruttorio, oltre che di controllare e influenzare l’assegnazione di appalti e nomine, interferendo anche nelle funzioni di organi costituzionali. L’origine della sigla P4 non fu solo frutto di immaginazione giornalistica, ma si deve anche al fatto che il nome di Luigi Bisignani comparisse negli elenchi della loggia Propaganda Due (detta P2) di Licio Gelli il quale lo ha definito “il mio figlioccio”….

Dai primi risultati dell’indagine avviata nel 2009 (nella quale è stato sentito come testimone anche l’ex-ministro Claudio Martelli) la trattativa stato mafia avrebbe avuto inizialmente due fasi distinte, prima e dopo le stragi che hanno ucciso Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Prima fase, dal 1985 al 1992: nel Maxiprocesso di Palermo del 10 febbraio 1986, le indagini del pool anti-mafia, ideato dal giudice Antonino Caponnetto di cui facevano parte: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello, Leonardo Guarnotta, toccano per la prima volta i rapporti fra DC siciliana e Cosa nostra, in particolare fra Vito Ciancimino, appartenente alla corrente “Primavera” della Democrazia Cristiana, guidata da Giulio Andreotti e Ignazio e Antonino Salvo, esponenti politici aderenti alla corrente “Primavera”, entrambi uomini d’onore della famiglia mafiosa di Salemi…..

Seconda fase, dal 1993 al 1994: insediamento del governo Ciampi: vengono confermati Giovanni Conso alla Giustizia e Nicola Mancino allʼInterno e viene revocata la legge 41 bis per 140 detenuti minori.

La trattativa sarebbe stata siglata col cosiddetto “papello“, un foglio contenente le richieste di Cosa nostra allo stato, che avrebbero dovuto essere soddisfatte per evitare la prosecuzione delle stragi di mafia. Il “papello”, fa riferimento al documento che avrebbe siglato i presunti tentativi di accordo tra elementi di Cosa nostra e pubblici ufficiali dello stato italiano (servizi segreti) agli inizi degli anni ‘90.

Nel luglio 2012 Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso, chiese al presidente Napolitano che vengano pubblicate le sue intercettazioni con Mancino, in nome della trasparenza istituzionale e come segno di determinazione nel ricercare la verità. Tuttavia nel gennaio 2013 la Corte costituzionale accolse il ricorso del Quirinale contro la Procura di Palermo per conflitto di attribuzione e dispose la distruzione delle intercettazioni tra Napolitano e Mancino. In seguito a queste disposizioni, gli avvocati di Massimo Ciancimino presentarono ricorso contro la distruzione delle intercettazioni presso la Corte di Cassazione, che però ritenne inammissibile il ricorso: nell’aprile 2013 il giudice per le indagini preliminari di Palermo distrusse le intercettazioni…..

Il 7 novembre 2013 depone il pentito Francesco Onorato, che dice: “Perché Riina accusa sempre lo Stato? Perché è l’unico che sta pagando il conto, mentre lo Stato non sta pagando niente, per questo motivo Riina tira in ballo sempre lo Stato. Ha ragione ad accusare lo Stato, da Violante ad altri. È lo Stato che manovra, prima ci hanno fatto ammazzare Dalla Chiesa i signori Craxi e Andreotti che si sentivano il fiato addosso. Perché Dalla Chiesa non dava fastidio a Cosa Nostra. Poi nel momento in cui l’opinione pubblica è scesa in piazza i politici si sono andati a nascondere. Per questo Riina ha ragione ad accusare lo Stato”.

Il 21 novembre 2013 il pentito Nino Giuffrè dice: “Non è che la mafia sale su un carro qualunque. Scegliemmo di appoggiare Forza Italia perché avevamo avuto delle garanzie (patto stato mafia) . …

Il 3 luglio 2014 il pentito Maurizio Avola afferma: “Dovevamo uccidere il magistrato Antonio Di Pietro. C’era stato chiesto durante un incontro, organizzato all’hotel Excelsior di Roma al quale parteciparono Cesare Previti, il finanziere Pacini Battaglia, il boss catanese Eugenio Galea, il luogotenente di Nitto Santapaola, Marcello D’Agata, Michelangelo Alfano ed un certo Sariddu che poi scoprì essere Rosario Pio Cattafi, soggetto in contatto coi Servizi Segreti. L’omicidio era voluto e sollecitato dal gruppo politico-imprenditoriale presente a quella riunione.” e dice inoltre che il boss Eugenio Galea gli aveva detto: “Stiamo aspettando un segnale forte da Dell’Utri e da Michelangelo Alfano, un grosso massone, che non conosco.”. Il 10 luglio 2014 Antonino Galliano riporta: “Mimmo Ganci non lo vedevo da qualche giorno. Quando lo rividi mi disse che era stato fuori perché aveva accompagnato Totò Riina in un luogo imprecisato della Calabria per partecipare ad una riunione a cui partecipavano anche generali, ministri, politici.

Il 17 aprile 2015 il pentito Carmelo D’Amico dice: “Angelino Alfano è stato portato da Cosa nostra che lo ha prima votato ad Agrigento, ma anche dopo. Poi Alfano ha voltato le spalle ai boss facendo leggi come il 41 bis e sulla confisca dei beni”. “Cosa nostra ha votato anche Schifani, poi hanno voltato le spalle, e la mafia non ha votato più Forza Italia”. “I boss votavano tutti Forza Italia, perché Berlusconi era una pedina di Dell’Utri, Riina, Provenzano e dei Servizi. Forza Italia è nata perché l’hanno voluta loro”. D’Amico racconta inoltre che a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) era presente una loggia massonica: “Ne facevano parte uomini d’onore, avvocati e politici, e la comandava il senatore Domenico Nania: a questa apparteneva anche Dell’Utri”. (Nino Rotolo) “Mi raccontò che i servizi avevano fatto sparire dal covo di Riina un codice di comunicazione per mettersi in contatto con politici e gli stessi agenti dei servizi”. “Mi disse anche che Provenzano era protetto dal Ros e dai Servizi e non si è mai spostato da Palermo, tranne quando andò ad operarsi di tumore alla prostata in Francia”.

Il 7 maggio 2015 il boss pentito Vito Galatolo dice: “Quando sapemmo che l’artificiere che doveva partecipare all’attentato al pm Di Matteo non era di Cosa Nostra, capimmo che dietro al piano c’erano soggetti estranei alla mafia, apparati dello Stato, come nelle stragi del ’92. Matteo Messina Denaro ci rassicurò scrivendoci che comunque avevamo le giuste coperture.”, “Cosa Nostra quantificò in 500 mila euro la somma necessaria per mettere in atto l’attentato nei confronti del Pm Di Matteo. La fase operativa era giunta, tra dicembre 2012 e i primi del 2013, ad uno stadio molto avanzato. Biondino aveva comprato il tritolo tramite i calabresi. Io l’ho visto personalmente, in due fusti.”, “Di Matteo si stava intromettendo in un processo che non doveva neanche iniziare, quello sui rapporti tra Stato e mafia. E si doveva fermare perché non doveva scoprire certe situazioni.”, “C’era un via-vai di agenti dei Servizi segreti nelle carceri per avere contatti con capimafia al 41 bis. Uno che ci parlava spesso era Nino Cinà.”

 

Il “Protocollo Farfalla” e le operazioni dei servizi italiani

Nell’ambito del processo sulla trattativa Stato-mafia i magistrati stanno indagando anche sul cosiddetto “Protocollo Farfalla”, siglato nel 2004. Il vice presidente della Commissione antimafia, Claudio Fava, ha affermato di avere le prove dell’esistenza del protocollo. Il protocollo è un accordo tra i servizi segreti italiani ed il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, per permettere ad agenti dei servizi di entrare ed uscire dalle carceri e incontrare detenuti del 41 bis senza lasciare traccia, all’insaputa dell’autorità giudiziaria italiana.

La prima rivendicazione anonima a nome della sigla “Falange Armata” arrivò il 27/10/1990, al centralino dell’Ansa di Bologna e riguardava l’omicidio di Umberto Mormile, un educatore del Carcere di Opera….

I falangisti rivendicarono azioni clamorose come la strage del Pilastro, l’omicidio di Salvo Lima, l’omicidio di Giuliano Guazzelli e la strage di Capaci. In questo gioco sporco la Falange ha sicuramente avuto un ruolo particolare: ha monopolizzato l’attenzione dei mass media. Facendo chiedere più sicurezza ( stato di polizia – dittatura militare) e distraendo da quello che succedeva a Sud (per la prima volta vengono arrestati elementi della massomafia, il gradino al di sopra della mafia). Un’operazione militare (strategia della tensione) che può aver fatto comodo a molti…..

Nel febbraio 2014, la sigla Falange Armata tornò alla ribalta per una lettera inviata a Totò Riina, nel carcere di Opera, in cui l’organizzazione “invitava” il boss mafioso a tacere ….

Il 25 giugno 2015 l’ambasciatore e diplomatico italiano Francesco Paolo Fulci, ex presidente del Cesis, ha rivelato, durante il processo sulla trattativa Stato-mafia, che le telefonate rivolte all’Ansa in cui la Falange Armata rivendicava omicidi e stragi durante gli anni ‘90 provenivano tutte dalle sedi dell’allora Sismi…

 

Noi non facciamo questioni di proprietà

esosa o meno, di padroni buoni o usurai,

di Stato paterno o iniquo, di leggi eque

o ingiuste, di tribunali imparziali

o addomesticati, di gendarmi o di sbirri caritatevoli

o bestiali; noi facciamo questione di proprietà,

di Stato, di padrone, di governo, di leggi

e di tribunali, di gendarmi e di sbirri

e non ne vogliamo di alcuna specie

L. Galleani

 

Ne’ dio ne’ stato ne’ servi ne’ padroni,

fuori stato e mafia (massomafia) dai coglioni!!!

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)