stragi di stato: vogliamo libero Cospito dal regime repressivo del 41bis

Il 3 febbraio la senatrice dell’Alleanza Verdi Sinistra Ilaria Cucchi, incontra l’anarchico detenuto al 41-bis a Milano nel carcere di Opera e in sciopero della fame da oltre 100 giorni: “Peggiora di ora in ora”.

 “Ho trovato le condizioni di Alfredo Cospito a dir poco allarmanti e peggiora di giorno in giorno, di ora in ora”. Cucchi, all’uscita ha rivelato ai giornalisti alcuni contenuti del colloquio: “La prima cosa che mi ha detto è che non vuole più incontrare politici e che mi ha ricevuta solo per la mia storia”, racconta. Inoltre, Cospito ha invitato Cucchi “a non pensare a lui, ma ai detenuti anziani e malati”. Una richiesta che il 55enne anarchico aveva già fatto a Usuelli. L’esponente dei Radicali ha spiegato ieri che Cospito “non lotta per sé ma contro il sistema del 41-bis”.

Noi Anarchici sognatori – Utopistici, con quelle merde vendute dei fascisti e dei mafiosi che hanno fatto stragi ed eccidi, non abbiamo nulla a che fare. Quando si lotta per i diritti delle persone, quei diritti che (se rispettati), ci definiscono come “esseri umani”,  si lotta per tutti.

Nel carcere di Opera c’è anche quella merda fascista di Vinciguerra, esecutore della Strage di Bologna (Stato) del 2 agosto 1980, arrestato nel 1979, sta scontando anche lui l’ergastolo nel carcere di Opera a Milano: non ha ricevuto gli sconti di pena possibili dopo 26 anni, ma è diventato uno dei più convinti accusatori dei neofascisti nella strategia della tensione. Egli sostiene, che Bologna fu un tentativo di depistaggio e si definisce «fascista» anziché «neofascista» per marcare la differenza [?], sostenendo che le stragi non sono fasciste ma «di Stato» e «atlantiche anticomuniste».

Ma la solfa non finisce qua: il 2 febbraio, quella merda pedofila liberalcattofascista di Berluska (n° di tessera P2: 1816), ha dichiarato ai mass media: “L’Italia non deve piegarsi a nessun ricatto e a nessuna minaccia fatta dagli anarchici. L’uso di metodi violenti o, addirittura, terroristici, qualunque sia la loro origine, non può portare ad altra risposta che alla massima fermezza. Detta da lui, che ha fatto i soldi con lo sfruttamento: e col “patto tra lo stato e la mafia”. E’ proprio un pagliaccio!

Sempre il 2 febbraio, la Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, dichiara che ha consegnato oggi, al ministro della Giustizia Carlo Nordio (foto sopra), un documento lungo una decina di pagine dove puntualizzano che fu fondata la decisione del 5 maggio del 2022 di applicargli il carcere duro. Parere contrario alla revoca del 41 bis ad Alfredo Cospito è stato dato invece al ministero della Giustizia dal procuratore generale del Piemonte, Francesco Saluzzo. E’ stata anticipata dal 7 marzo al 24 febbraio l’udienza in Cassazione sull’istanza presentata dal difensore di Alfredo Cospito dopo il no al reclamo contro il 41 bis dichiarato dal Tribunale di Sorveglianza di Roma.

IL 31 gennaio invece il consigliere regionale lombardo di +Europa/Radicali, Michele Usuelli ha dichiarato che è andato a visitare Cospito ad Opera nel carcere milanese dove è recluso. L’anarchico è appena stato trasferito da Sassari al carcere di Opera a Milano. Con Cospito «abbiamo parlato in piedi per mezz’ora, ha raccontato Usuelli. «La carenza di cibo (ha sottolineato il consigliere) non gli fa perdere la lucidità mentale». Oltre tre ore è durato il colloquio tra Cospito e il suo legale Flavio Rossi Albertini.

Valerio Fioravanti e Francesca Mambro

I due terroristi (pagati dallo Stato) Valerio Fioravanti e Francesca Mambro (foto sopra), neofascisti appartenenti ai NAR, sono stati riconosciuti definitivamente colpevoli, assieme a Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini, per la bomba del 2 agosto 1980 che uccise 85 persone alla Stazione di Bologna. Fioravanti e Mambro per la strage sono stati condannati in primo grado nel 2014 a risarcire, versandoli alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dell’Interno, la cifra di oltre due miliardi di euro (2.134.274.007,02 euro), più gli interessi, dalla sentenza al saldo effettivo, e 22.500 euro di spese processuali, ma risultando incapienti difficilmente potranno pagare questa somma e lo stato potrà prelevare solo alcune centinaia di euro mensili dai loro stipendi. Gilberto Cavallini è stato condannato a risarcire delle provvisionali di centomila euro per ogni persona che ha perso un parente di primo grado o il coniuge, cinquantamila per chi ha perso un parente di secondo grado o un affine di primo o secondo grado.

Nel 1984 Vincenzo Vinciguerra, terrorista neofascista di Ordine Nuovo e poi di Avanguardia Nazionale (il gruppo diretto da Stefano Delle Chiaie (foto sopra), già coinvolto nelle indagini sulla strategia delle tensione e attivo nel golpismo della CIA in America latina), condannato e reo confesso per la strage di Peteano in cui vennero uccisi tre carabinieri, ha inoltre reso dichiarazioni spontanee ai magistrati (non motivate dall’avere sconti di pena come quelle dei collaboratori di giustizia) sui coinvolgimenti dell’estrema destra nella strategia della tensione e, riguardo a Bologna, ha fatto riferimento alla struttura clandestina anticomunista della NATO in Italia, nota poi come Gladio, e ai suoi settori deviati: queste allusioni e rivelazioni furono da lui ripetute in varie interviste successive.

Come scoperto dal giudice romano Domenico Sica, le operazioni di depistaggio furono progettate ed eseguite da un settore deviato del SISMI (il cosiddetto «Super-SISMI»), all’epoca diretto dal generale dei carabinieri Giuseppe Santovito, iscritto alla P2.

Negli anni 2000 arrivarono le condanne di altri due neofascisti, complici dell’attentato: Luigi Ciavardini, minorenne all’epoca della strage, e Gilberto Cavallini (foto sopra), ergastolo in primo grado nel gennaio 2020. Il legame tra neofascismo e apparati deviati era già leggibile nei fatti, ovvero nei numerosi depistaggi e boicottaggi investigativi messi in atto. Era emerso con chiarezza anche in altri processi per strage e nei silenzi degli apparati dello stato registrati durante le inchieste sui tentativi golpisti. L’idea di seguire il denaro, come suggeriva Giovanni Falcone, è stata dei consulenti dell’Associazione tra i familiari delle vittime, che si sono concentrati in particolare sugli atti di un crack miliardario, quello del Banco Ambrosiano. L’operazione militare, chiamata «Terrore sui treni», si dimostrò un falso costruito dal «Super-SISMI» che voleva accreditare la tesi della pista estera, facendo riferimento a una fonte che doveva restare segreta. La Corte d’assise di Roma accertò che «la fonte non esisteva e le informazioni erano false, costruite nell’ufficio dei servizi segreti dei carabinieri di Musumeci, Belmonte e con la connivenza del generale Santovito». La valigia era stata messa sul treno da un sottufficiale dei carabinieri e conteneva oggetti personali di due estremisti di destra, un francese e un tedesco, chiamati Raphael Legrand e Martin Dimitris. La motivazione del depistaggio è stata identificata nell’obiettivo di celare la strategia della tensione oppure, secondo tesi minoritarie, nel proteggere Muʿammar Gheddafi e la Libia da possibili accuse, in quanto divenuti ormai partner commerciali importanti per FIAT ed Eni.

Il 29/7/1985 Pietro Musumeci (foto sopra), generale dei carabinieri italiano, vicedirettore del Sismi (l’agenzia di intelligence militare) e membro della Loggia Propaganda Due (P2), è stato condannato a 9 anni di carcere per associazione a delinquere. Francesco Pazienza, uomo d’affari, ex ufficiale dei servizi segreti militari italiani  Sismi, è stato condannato a 8 anni e 6 mesi per lo stesso reato (l’accusa di violazione del segreto di stato fu coperta da amnistia). Giuseppe Belmonte (foto sotto), fu condannato a 7 anni e 8 mesi per associazione a delinquere, peculato e interesse privato in atti di ufficio. I giudici accoglieranno nei fatti il «teorema Amato», pur arrivando a condannare solo esecutori e depistatori, dal nome del giudice assassinato. Stabilirono che i NAR erano sfruttati e manovrati da altri neofascisti più esperti, e che lo «spontaneismo» fosse una copertura, mentre la direzione del terrorismo nero fosse ancora nelle mani dei vecchi ordinovisti e dei membri di Avanguardia Nazionale.

L’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di Bologna del 2 agosto 1980 ha sempre sostenuto che, come in altre stragi analoghe, chi posizionò la bomba era solo un esecutore di ignoti mandanti. Il presidente dell’Associazione, Paolo Bolognesi, ha affermato che essi vanno cercati nelle istituzioni dell’epoca e in gruppi come la P2. Afferma, inoltre, che Licio Gelli diede 10 milioni di dollari a persone dei servizi segreti e ad appartenenti all’organizzazione Gladio, prima e dopo il 2 agosto 1980. Bolognesi afferma che Fioravanti e Mambro negano la strage (sia come effettivo attentato, sia come incidente o errore), nonostante l’ammissione di tutti gli altri omicidi, perché troppo infamante e diversa dagli obiettivi e dal messaggio di lotta armata contro lo stato (a differenza dello stragismo del vecchio neofascismo) che i NAR volevano rappresentare, quando cominciarono la loro attività.

Se i neofascisti dei NAR collocarono l’esplosivo militare in nome dello «spontaneismo armato» e della loro ideologia, furono spinti da qualcuno più in alto (il che spiegherebbe la mancata rivendicazione), che la P2 e lo stesso SISMI depistarono (ai danni di un altro neofascista, Stefano Delle Chiaie) per motivi poco chiari. C’è chi ipotizza anche che la bomba fu un’azione diversiva per sviare l’attenzione da alcuni scandali del periodo: il crack finanziario del Banco Ambrosiano, la bancarotta e la caduta del faccendiere Michele Sindona (colluso con la mafia e la P2, e, secondo Luigi Cipriani, deputato di Democrazia Proletaria, anche finanziatore della strategia della tensione fino al 1974), l’affacciarsi degli attacchi di Cosa nostra contro lo stato e le indagini che avrebbero condotto agli elenchi dei piduisti, ritrovati a Castiglion Fibocchi: tutti casi in cui venne coinvolta la loggia diretta da Gelli, il cui scopo era l’instaurazione di una Repubblica presidenziale bipartitica, con tratti di autoritarismo e controllo dei mass media, mascherata da intenti «liberali» e «anticomunisti». Luigi Cipriani fu un forte sostenitore della tesi «atlantica», in contrapposizione alla pista neofascista, e accusò la massoneria deviata di seguire ordini e progetti anticomunisti dell’amministrazione Nixon e di Henry Kissinger (foto sotto), tramite la mediazione delle logge statunitensi.

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Dopo anni di inchieste e di processi, una verità storica sembra sia affermata; l’obiettivo della strage, realizzata da manovalanza di estrazione fascista, ma manovrata da poteri non estranei all’organizzazione dello stato, era proprio quello di una stabilizzazione moderata e autoritaria che ponesse fine all’ondata di rivendicazioni e di contestazioni che stava investendo il Paese. Se l’obiettivo era questo, si può ben dire che non fu raggiunto, anche per l’attivismo giovanile che produsse elementi di controinchiesta e per la vigilanza di alcuni settori della stampa. Soltanto dopo alcuni anni le inchieste virarono verso la cosiddetta pista nera, che portava a circoli neonazisti attivi nel Veneto, che godevano di agganci e protezioni da parte dei servizi segreti. La pista nera sfociò in alcune sentenze storicamente e politicamente illuminanti, ma non nell’identificazione e nella condanna dei responsabili. Anche l’ultima sentenza del 2005, pur riconoscendo la matrice eversiva di destra, non consegna alla giustizia nessun colpevole. Tutta la vicenda giudiziaria e politica scaturita dalla terribile strage rimane una impietosa radiografia di un Paese attraversato da conflitti e contrapposizioni radicali e in grande difficoltà nel ricostruire una memoria condivisa del suo passato.

Il fermo immagine confrontato con Paolo Bellini

Il processo di primo grado si è concluso il 7 aprile di quest’anno, con la condanna all’ergastolo di Paolo Bellini (foto sopra), ma già ora si è fatta piena luce sui mandanti che guidarono a distanza la mano degli esecutori materiali. Oltre a Bellini: Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, dei Nuclei armati rivoluzionari (NAR), all’epoca la punta di lancia dell’eversione di destra, condannati all’ergastolo in via definitiva nel 1995; Luigi Ciavardini, condannato in via definitiva all’ergastolo nel 2007, e Gilberto Cavallini, condannato all’ergastolo in primo grado nel gennaio del 2020, anche essi appartenenti ai NAR.

I magistrati della procura generale di Bologna, Alberto Candi, Nicola Proto e Umberto Palma, hanno raggiunto la convinzione che gli architetti della strage siano il capo della loggia massonica segreta P2, Licio Gelli, il finanziere della P2 Umberto Ortolani e l’ex capo dell’Ufficio affari riservati del ministero dell’Interno, Federico Umberto D’Amato, anche egli affiliato alla loggia di Gelli. Coadiuvati dal giornalista Mario Tedeschi, tessera P2 numero 2127.  Al termine di un cammino giudiziario lungo e complicato, sono emerse clamorose novità sull’attività della loggia P2. Una, in particolare, colpisce gli inquirenti: il fiume di dollari che è servito per finanziare la strage è stato sottratto da Gelli e Ortolani alle casse del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.

Rileggendo la Storia, da Piazza Fontana a Piazza della Loggia e alla stazione di Bologna, sono tanti gli elementi storici emersi di connessione tra gruppi neofascisti e ufficiali dell’Alleanza atlantica.

L’ultima inchiesta sulla strage fascista di Brescia del 28 maggio 1974 ha condotto gli inquirenti sulla soglia d’ingresso di Palazzo Carli a Verona, sede del comando Nato (foto sopra). Li ha portati lì un testimone all’epoca interno agli ambienti di Ordine Nuovo (On), il gruppo fondato da Pino Rauti responsabile dell’eccidio di Piazza Fontana come di quello a Piazza della Loggia. Per raccontare la storia delle stragi in Italia si deve partire dal «principio di realtà», crudo ma efficace, espresso dal generale Mario Arpino in commissione parlamentare stragi: «C’era una parte politica che per noi (i militari) era quasi rappresentante del nemico. Allora era così». Quella era la cornice storico-politica: la Guerra Fredda tra blocchi militari contrapposti. In quel quadro in Italia emerse il fenomeno dello stragismo con una continuità e una violenza senza pari nell’Europa dell’epoca. Il Paese era zona di frontiera geopolitica, inserito nella Nato ma «abitato» dalla contraddizione irriducibile: la presenza del più grande partito comunista d’Occidente, fondatore della Repubblica. I caratteri anticomunisti dell’eversione 1969-1974 indicano quanto le stragi siano «figlie» della divisione bipolare del mondo e come sia ineludibile discutere il ruolo della Nato nel nostro Paese, ovvero un’alleanza militare strumento della Guerra Fredda in funzione anti-sovietica.

 

Il magistrato Di Matteo: nel 1974 venne stipulato un patto tra Berlusconi e la mafia tramite Dell’Utri. 29/1/2023

 

Reggio: la rabbia esplode.https://www.youtube.com/watch?v=066WQIruldQ

 

La rivoluzione sociale, non bisogna mai dimenticare,

non consiste nel trasformare una forma di

asservimento in un’altra, ma nell’eliminare tutto

quello che può rendere schiavo e opprimere.

A. Berkman

 

Solidarietà a Alfredo e a tutti i compagni arrestati

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)