Il 10 Marzo 1948, la mafia rapisce e uccide il sindacalista Placido Rizzotto

un giornale dell'epoca riporta la notizia dell'omicidio a Corleone di Placido Rizzotto,nella foto le donne della famiglia di Placido.<br />
A newspaper reported the news of the murder of Placido Rizzotto in Corleone, 36th trade unionist killed by the mafia in the postwar Sicily, the photograph in the newspaper shows the mourning of the sisters and the mother.

Era il 10 marzo del 1948, un’epoca in cui i contadini siciliani combattevano contro la miseria e trovarono al loro fianco sindacalisti coraggiosi come Placido Rizzotto. La loro colpa era quella di pretendere il rispetto di una legge, varata dal ministro Fausto Gullo nel 1944, che prevedeva l’assegnazione di terreni incolti alle cooperative di agricoltori disoccupati.

Un torto che la massoneria latifondista non poteva sopportare e, per mano della mafia, fecero reprimere nel sangue ogni tentativo di rivolta contadina. Come accadde a Portella della Ginestra, il I maggio del 1947, quando le celebrazioni per la festa del lavoro si conclusero con l’assassinio di 12 persone e oltre 30 feriti. A sparare per primo fu il bandito Salvatore Giuliano. In quegli anni, si legge in una relazione della commissione parlamentare antimafia “Il politico accetta l’appoggio del mafioso, sia in termini elettorali, sia in termini di controllo (anche per suo conto) del territorio e in cambio garantisce al mafioso coperture istituzionali e appoggi per ottenere pubblici appalti”. La gente aveva fame di lavoro, aveva famiglie da mandare avanti. Soggiacevano allo sfruttamento, non osavano ribellarsi. A Corleone, tra il ’46 e il ’47, ci sono stati 52 omicidi, tutti ad opera di sconosciuti. Non c’è mai stata una condanna. Gli omicidi non erano regolamenti di conti tra bande mafiose, anche perché non c’erano bande. La guerra di mafia nasce negli anni ’50 quando Leggio si mette in contrapposizione con Michele Navarra (nella foto).

Il capo della mafia di Corleone

Il sindacalista siciliano Placido Rizzotto viene rapito e ucciso dalla mafia, che non gli perdona il suo impegno a fianco del movimento contadino per l’occupazione della terra. Rizzotto impegnato a fianco del movimento contadino, che lottava contro la mafia e il latifondo (massomafia), da segretario della Camera del lavoro di Corleone organizza la rivolta per l’occupazione delle terre gestite dai mafiosi, sostenuti dal boss nascente Luciano Liggio (a sin. nella foto), che farà sparire il corpo del sindacalista Rizzotto.

Placido Rizzotto tornò a Palermo alla fine del 1945. Insieme a questi ricordi, aveva portato nuove idee, quelle imparate nei mesi trascorsi sui monti, al fianco di quei giovani coi fazzoletti rossi. Lo chiamavano “il vento del nord”. Il suo soffio faceva paura ai padroni e ai gabellotti mafiosi, ma riempiva di libertà i polmoni dei contadini, perché insegnava a non abbassare la testa davanti al potere della massoneria. Ma che i contadini rialzassero la testa non piaceva per niente alla massoneria: ai grandi proprietari terrieri di Corleone. E non piaceva quindi neppure alla mafia (braccio armato). I contadini e i loro dirigenti, in corteo e con le bandiere rosse, sempre più spesso occupavano quelle terre, rivendicandone la concessione. Avevano già ottenuto in concessione 50 ettari di terra del feudo Donna Giacoma per la cooperativa “Sacla” ed altri 50 del feudo Drago ne avrebbe ottenuto, il 17/11/1947, per la cooperativa “B. Verro”.

Tra i socialisti corleonesi, chi inquietava di più il capomafia Michele Navarra era Placido Rizzotto, quel giovane tornato dalla guerra partigiana. Era stato eletto segretario della Camera del lavoro di Corleone nell’ottobre del ’47 e in pochi mesi si era conquistato la fiducia dei contadini, che guidava nell’occupazione delle terre. Aveva provato ad avvicinarlo, ma non c’era stato niente da fare. Allora, cominciò a far spargere la voce che questo Rizzotto non si faceva i fatti suoi. Ma Placido non ci badava. «Dopo che mi ammazzano non hanno risolto niente. Dopo di me quanti ne spunteranno di segretari della Camera del lavoro! Non è che ammazzando me, finisce…», ripeteva agli amici, che gli consigliavano prudenza. La sera del 10 marzo 1948 fu l’ultima sera per Placido Rizzotto. L’incarico di “chiudere” la partita col giovane sindacalista, don Michele Navarra lo diede al suo uomo di fiducia, a quel Luciano Liggio che, con la sua ferocia, incuteva paura agli stessi picciotti.  Nessuno avrebbe mai più saputo niente di Rizzotto se, nell’estate del ’49, a Corleone non fosse arrivato un giovane capitano dei carabinieri, che assunse il comando delle squadriglie antibanditismo. Si chiamava Carlo Alberto Dalla Chiesa e, come Rizzotto, aveva fatto il partigiano (bianco però…). Dopo alcune battute, proprio lui e i suoi uomini riuscirono ad arrestare Pasquale Criscione e Vincenzo Collura, che, il 4/12/1949, interrogati nella caserma di Bisacquino, fecero clamorose rivelazioni. Ammisero cioè, di aver partecipato al sequestro di Placido Rizzotto, in concorso con Luciano Liggio, che poi avrebbe ucciso la vittima con tre colpi di pistola, buttandone il corpo in una “ciacca” di Rocca Busambra. Per tanti anni a Corleone non si parlò più di Rizzotto. Sarebbe toccato alle generazioni studentesche degli anni ’70, ai figli e ai nipoti dei contadini degli anni ’40-’50 che, grazie alla scolarizzazione di massa, avevano potuto imparare a leggere e a scrivere, ricordare il sindacalista assassinato dalla mafia. Nel marzo 1983 infatti, la Camera del lavoro di Corleone e il gruppo giovanile di “Corleone alternativa”, organizzarono insieme alla segreteria della Federbraccianti-Cgil siciliana, una manifestazione significativa per ricordare il 35° anniversario dell’assassinio di Rizzotto. Nel 1998, in occasione del 50° anniversario, infine, la Camera del lavoro e il Comune di Corleone organizzarono una tre-giorni (8-9-10 marzo). In quell’occasione fu sottoscritto un appello perché si consentisse al regista siciliano Pasquale Scimeca di realizzare il film su Placido Rizzotto, a cui la speciale commissione cinematografica, presso il Ministero dello spettacolo, aveva negato il valore culturale nazionale. E l’appello non cadde nel vuoto. Il film “Placido Rizzotto” venne realizzato e proiettato nelle sale cinematografiche d’Italia, riscuotendo ovunque successo di critica e di pubblico.

Grazie alla legge Rognoni-La Torre del 13/9/1982, che ha consentito di confiscare ai mafiosi i beni illecitamente accumulati, integrata dalla legge di iniziativa popolare n. 109 del 1996, promossa dall’associazione ‘Libera’, che ha reso possibile l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, dal 2000 in poi sono nate diverse cooperative sociali di giovani, a cui i comuni hanno assegnato terreni e fabbricati da gestire. Una significativa esperienza nel campo dell’uso sociale dei beni confiscati è stata realizzata dai comuni della zona del Corleonese, i quali, d’intesa con la Prefettura di Palermo, hanno costituito nel 2001 il Consorzio “Sviluppo e Legalità”, per avere uno strumento che da più forza ai singoli comuni aderenti e garantisce trasparenza nell’assegnazione dei beni confiscati. A Corleone, una delle cooperative assegnataria di beni confiscati è stata intitolata a “Placido Rizzotto”. Grazie a questa cooperativa e alle cooperative “Lavoro e non solo” e “Pio La Torre”, da alcuni anni decine di giovani contadini di questo territorio hanno un lavoro dignitoso ed una giusta retribuzione, riuscendo a produrre beni alimentari biologici, come il grano, la pasta, l’olio, la passata di pomodoro e le lenticchie. Un Consorzio simile è stato recentemente costituito anche dai comuni delle Madonie, con una cooperativa dedicata ad Epifanio Li Puma.

Nel 2008, in occasione del 60° anniversario della morte del sindacalista, l’appello fu raccolto dal Commissariato di Corleone, diretto dal dott. Filippo Calì, che diede mandato a due suoi uomini (Antonino Melita e Vincenzo Calipari) di condurre delle attente e scrupolose indagini su Rocca Busambra per tentare di trovare il corpo di Rizzotto. I due poliziotti, grazie all’aiuto di alcuni allevatori della zona, riuscirono ad individuare la “ciacca” dove Liggio e i suoi “picciotti” la sera del 10 marzo 1948 avevano buttato il corpo senza vita del sindacalista. E la Procura della Repubblica di Termini Imerese autorizzò il recupero dei resti umani dalla fenditura di Rocca Busambra, profonda circa 70 metri. Finalmente, il 9 marzo 2012 arrivò la notizia tanto attesa:quelli recuperati a Rocca Busambra erano davvero i resti di Placido Rizzotto.

Placido Rizzotto è stato ammazzato per il suo impegno, per il suo coraggio, per la forza di contrapporsi ai mafiosi e per difendere gli ultimi, i contadini e le terre in mano ai prepotenti. I movimenti dei contadini, sostenuti da sindacalisti con la schiena dritta, stavano mettendo in difficoltà il potere dei massoni (notabili, latifondisti, politici, ecc.) e dei mafiosi. Tra i responsabili dell’omicidio: Luciano Leggio (esecutore materiale), Vincenzo Collura e Pasquale Criscione (complici), il medico-boss di Corleone Michele Navarra (mandante). Quest’ultimo verrà ammazzato dalla banda di Leggio, dove cominceranno a muovere i primi passi due giovani delinquenti: Riina e Provenzano (foto).

riina prov corleone

Ma come disse il giornalista d’inchiesta Gianni Bisiach nel suo documentario, girato a Corleone nel 1962: «Il silenzio proteggeva la vecchia mafia del feudo. Il silenzio difende la giovane mafia che è nata nel dopoguerra per sfruttare la riforma agraria e la costruzione di strade, dighe e canali ottenendo appalti e imponendo balzelli». E Placido Rizzotto, il sindacalista “senza paura”, verrà ammazzato nel dopoguerra, insieme a tanti altri uomini liberi. L’unico testimone, il pastorello Giuseppe Letizia, 13 anni, verrà eliminato per conto e per volontà del medico-mafioso Navarra. Per ricordare la figura del sindacalista siciliano, abbiamo raccolto la testimonianza di suo nipote, che porta il suo stesso nome. Placido Rizzotto è il figlio di Antonino, il fratello del partigiano. «Mio zio Placido era un contadino, dopo l’8 settembre aveva iniziato con altri giovani a fare la Resistenza contro il nazi-fascismo. In quel periodo ha acquisito una coscienza politica, che a Corleone non avrebbe maturato. Quando Placido Rizzotto rientra a Corleone nel 1945, insieme ad altri sindacalisti siciliani, comincia ad organizzare i contadini. Nacque in Sicilia il primo grosso movimento antimafia, non solo di lotta, ma di cultura ed informazione. Spiegavano ai contadini i loro diritti per far evolvere la classe dei braccianti, nelle città veniva fatto con la classe operaia». E si arriva alle prime elezioni democratiche, vinte dal Blocco del Popolo. Nella regione siciliana, che aveva ottenuto nel frattempo lo statuto speciale, il risultato fu nettamente a favore delle forze di sinistra, socialisti e comunisti. Questo effetto preoccupò parecchi attori di quel periodo: la politica, la chiesa, gli americani e quel gruppo di fascisti impuniti, come la X Mas di Valerio Borghese. Tutte queste forze stabilirono che si doveva fermare questo movimento di contadini. I feudatari e i mafiosi non potevano perdere il loro potere; la politica, la chiesa, gli USA e una parte ‘deviata’ dello stato, non voleva farsi sfuggire il controllo della Sicilia, un posto strategico, lo spartiacque tra il blocco occidentale e il blocco orientale stabilito con l’accordo di Yalta [la Sicilia come l’Ucraina…]. Con tutti i mezzi decisero di fermare questo movimento di contadini. Iniziarono le uccisioni di tanti sindacalisti, ci fu la strage di Portella della Ginestra, a seguire gli assalti alle Camere del Lavoro. Placido Rizzotto si ritrovò a Corleone, uno dei centri più caldi, a combattere contro i latifondisti e contro questa strategia anticomunista della strategia della tensione firmata dalla Nato nel 1949: fatta di colpi di stato – stragi di stato.

 

PLACIDO RIZZOTTO raccontato da PIPPO FAVA

https://www.youtube.com/watch?v=kTgl6xAwS

 

Ti dicono di essere onesto, e per tutta la vita

ti derubano. Ti ordinano di rispettare la legge,

e la legge protegge il capitalista che ti rapina.

Ti insegnano che non bisogna uccidere, mentre

il governo impicca la gente, la manda sulla sedia

elettrica o la massacra in guerra.

Ti impongono di obbedire alla legge

e al governo, anche se legge e governo

sono sinonimi di rapina e omicidio.

A. Berkman

 

Solidarietà agli anarchici/he arrestati/e ingiustamente

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)