Criminali in divisa…

Non sono mai finite le problematiche degli sbirri cocainomani e psicopatici (perchè subiscono tra di loro gli abusi di potere delle guardie più vecchie – logica militare – nonnismo):

L’8 settembre 2021 si sono concluse le indagini preliminari sulle torture avvenute il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) da parte degli agenti di polizia penitenziaria nei confronti dei detenuti. Tra le accuse tortura, lesioni, abuso d’autorità, falso in atto pubblico, e cooperazione nell’omicidio colposo di un detenuto algerino. Tra i reati ipotizzati spicca quello di tortura, introdotto nel 2017 e contestato a 41 indagati. In questa inchiesta sono state indagate 120 persone.

Elisabetta Palmieri (non coinvolta nell’inchiesta sulle violenze dell’aprile 2020) venne rimossa dal Dap, alla fine dello scorso mese di luglio, perchè avrebbe consentito l’ingresso del proprio compagno nella struttura penitenziaria, senza autorizzazione, e facendolo presenziare alla visita della senatrice Cinzia Leone, il 23 luglio scorso. Tra questi indagati figurano anche l’allora comandante della polizia penitenziaria del carcere di Santa Maria Capua Vetere Gaetano Manganelli, l’ex provveditore regionale del Dap Antonio Fullone (tuttora sospeso), e quegli agenti che erano nel reparto di isolamento.

Per la Procura Hakimi l’algerino ucciso dalle guardie carcerarie, sarebbe stato percosso violentemente dopo essere stato prelevato dalla cella e portato in quella di isolamento, quindi qui avrebbe assunto un mix di farmaci, tra cui oppiacei, neurolettici e benzodiazepine» che ne avrebbero provocato dopo circa un mese la morte per un arresto cardiocircolatorio conseguente a un edema polmonare acuto. La Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha sottolineato che è in corso anche un altro procedimento per individuare agenti provenienti dagli altri istituti penitenziari presenti durante i pestaggi, ma sconosciuti ai detenuti perchè coperti da caschi e mascherina.

L’inchiesta ha dedotto che c’erano guardie carcerarie (poliziotti) che usano metodi mafiosi.

Nessuno degli agenti coinvolti è stato trasferito né sospeso, tutti sono rimasti impuniti e a contatto coi detenuti che li avevano denunciati per torture.

Il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria conosceva già da un anno i nomi degli agenti in servizio nel reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere indagati per i pestaggi ai detenuti del 6 aprile 2020 ma non ha adottato alcun provvedimento, né di sospensione né di trasferimento.

Il 16 ottobre 2020 l’allora sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi pronunciò in Parlamento rispondendo all’interrogazione del deputato di Europa Riccardo Magi sui fatti accaduti nel carcere casertano: «Con riferimento agli agenti attinti dagli avvisi di garanzia e da decreti di perquisizione, si evidenzia che, con nota 3 luglio 2020, il locale provveditore ha trasmesso al Dap l’elenco del personale del Corpo nei confronti del quale è stata data formale comunicazione dell’avvio di procedimento penale da parte della procura». Viene quindi da chiedersi: perché gli indagati rimasero tutti al proprio posto? La motivazione, secondo quanto trapela dal Dap, sarebbe da ricercare nell’impossibilità da parte del dipartimento di conoscere i reati che venivano contestati agli agenti. Dalla Campania era stato mandato l’elenco dei nomi, ma non le singole posizioni. Né chiarimenti in questo senso sarebbero arrivati successivamente, quando tre ulteriori richieste di informazioni inviate, tra luglio e ottobre direttamente ai magistrati inquirenti, rimasero senza alcuna risposta.

Anche per tale ragione, allo stato, non risulta intrapresa alcuna iniziativa, sia di natura cautelare sia disciplinare, a carico del personale coinvolto». Quindi sono rimasti tutti lì, denuncianti e denunciati. E gli spostamenti, solo dei denuncianti.

Dopo gli arresti e le altre misure cautelari emesse dal gip, il dipartimento ha sospeso non soltanto, come era ovvio, chi è finito in carcere o ai domiciliari e che è stato interdetto, ma anche altri 25 appartenenti all’amministrazione penitenziaria coinvolti in questa inchiesta che conta complessivamente più di 150 indagati.

Le torture della polizia penitenziaria sono sempre state la prassi. Durante gli abusi di potere, c’erano detenuti in ginocchio, dove venivano picchiati con pugni e manganellate.

Vincenzo Cacace (foto sopra), ex detenuto in sedia a rotelle nel carcere di Santa Maria, vittima del pestaggio da parte della polizia penitenziaria avvenuto lo scorso aprile, ha dichiara ai mass media: «Ci hanno massacrato», «Mentalmente mi hanno ucciso, voglio denunciarli. Hanno ammazzato un detenuto». “Secondo me erano drogati, erano tutti con i manganelli. Sono stato il primo ad essere tirato fuori dalla cella, perché sono sulla sedia a rotelle. Ci hanno massacrato di botte. Hanno abusato di un detenuto con un manganello. Mi hanno distrutto, mentalmente mi hanno ucciso. Volevano farci perdere la dignità ma l’abbiamo mantenuta. “Sono loro i malavitosi perché vogliono comandare in carcere. Noi dobbiamo pagare, è giusto ma non dobbiamo pagare con la nostra vita. Voglio denunciarli perché voglio i danni morali”.

Nelle indagini saltano fuori anche le frasi shock nelle chat degli agenti, dopo le torture e gli abusi di potere ai detenuti. “Li abbattiamo come vitelli”; “domate il bestiame” prima dell’inizio della perquisizione e, dopo, quando la perquisizione era stata completata, “quattro ore di inferno per loro”, “non si è salvato nessuno”.

Ma ritorniamo a quei giorni drammatici.

È il 6 aprile 2020 e, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, si attua una grave spedizione punitiva a danno dei carcerati. Doveva essere una “perquisizione straordinaria”, si è trasformata in una “orribile mattanza”.

Didier Reynders, Commissario Ue alla Giustizia dichiara ai mass media: “L’Ue è contro tutte le violenze.

So che questa è una competenza nazionale ma ci aspettiamo una inchiesta trasparente e indipendente per capire cosa sia davvero successo. È dovere delle autorità nazionali proteggere tutti i cittadini dalla violenza. In ogni circostanza e quindi anche durante la detenzione”. “Dobbiamo tutti ricordarci che la detenzione non può essere una tortura”. Il Commissario, dunque, si riferisce alle violenze subite da alcuni detenuti a opera di chi avrebbe dovuto badare alla loro rieducazione e risocializzazione.

Detenuti torturati nel carcere di S. M. Capua Vetere, gli audio e i video choc che hanno incastrato gli agenti violenti

Secondo l’Associazione Antigone (www.antigone.it), che si interessa della tutela dei diritti e delle garanzie del sistema penale e penitenziario, dichiara ai mass media: “Quella che si è consumata il 6 aprile 2020 nell’istituto penitenziario “Francesco Uccella” di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, è stata tra le più gravi violazioni dei diritti umani del nostro Paese, effettuata sulla pelle dei detenuti da parte della polizia penitenziaria. Un pestaggio di massa premeditato contro persone inermi e disarmate (come confermato dalle carte dei magistrati), organizzato nei minimi dettagli e prontamente sottoposto a riusciti mezzi di depistaggio. “Quella che abbiamo visto è una pratica pianificata di violenza machista di massa che coinvolge decine e decine di poliziotti. È qualcosa che ci porta dentro l’antropologia della pena e della tortura”.

Chi è Francesco Basentini

Tutto è iniziato a marzo del 2020, c’erano state delle proteste a causa delle restrizioni previste per l’emergenza Covid-19 che avevano causato la morte di 14 detenuti, ufficialmente per intossicazioni da metadone e psicofarmaci sottratti negli ambulatori. La situazione era aggravata dalla gestione del Dap allora guidato da Francesco Basentini (foto sopra), poi dimessosi a seguito delle polemiche. A questo si aggiungevano la scarcerazione di molti boss mafiosi e la carenza, all’inizio della pandemia, di dispositivi di protezione, come le mascherine, di biancheria e acqua potabile. Vi è una prima protesta e, in seguito, alla sezione Tamigi (dove ci sono i reclusi con reati associativi), il primo caso di contagio. Prima delle 20, orario di chiusura delle celle al reparto Nilo, alcuni detenuti si rifiutano di rientrare, rimanendo in corridoio. In alcune sezioni del reparto vengono poste, al di fuori delle celle, alcune brande da usare come barricate per impedire agli agenti l’accesso ai corridoi. Circa 22 persone, infatti, nel pomeriggio avevano chiesto di parlare coi responsabili del carcere ma non avevano ricevuto alcuna risposta. Nella notte, a seguito di un confronto rassicurante, la situazione migliora. Le barricate vengono rimosse, i corridoi e le celle riordinati.

Il giorno dopo alle 12.36, le guardie psicopatiche e cocainomani si danno appuntamento in una chat della polizia penitenziaria composta da 110 persone. Così ha inizio uno dei più tragici abusi di potere del nostro Paese, un raid punitivo, paragonabile alla macelleria messicana della scuola Diaz di Genova durante le manifestazioni contro il G8, nel 2001. Dopo le 13.30, Manganelli scrive a Fullone che, in realtà, non vi è stata alcuna rivolta e che “tutti i detenuti sono rientrati dai passeggi”. Nonostante questo, la spedizione si farà lo stesso. “4 ore di inferno…per loro”, dirà Colucci a un suo collega. I registi di questa pagina buia della storia della democrazia italiana sono accusati dai pm di aver depistato le indagini con fotografie “oggetto di manipolazione informatica” per “creare ulteriori elementi calunniatori nei confronti dei detenuti”. “Ci hanno distrutti”, afferma un ex detenuto che ora, da uomo libero, ricostruisce i fatti. “Mi hanno interrogato, qualche mese fa, e mi hanno mostrato i video, in quelle immagini mi sono rivisto, ho rivissuto quel giorno”, ha continuato, “mi creda, non ho mai preso così tanti colpi, manganellate e botte in vita mia e non avevamo fatto nulla”. Come si può vedere dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza si è trattato di un’azione impressionante di forza e violenza vendicativa a danno di corpi indifesi e deboli.

Nel corridoio delle celle sono 20 contro 1. Nel vano scala sono 3 contro 1. Nell’area socialità tutti sono in ginocchio, con la faccia contro il muro. A compiere la perquisizione arbitraria (più che straordinaria) sono circa 300 agenti tra la polizia penitenziaria del carcere e molti esterni (sovrintendenti, ispettori, commissari e appartenenti al Gruppo di supporto agli interventi).

Io mi sono attenuto alle indicazioni. E dopo qualche minuto sono stato portato nel corridoio, con la testa contro il muro. E le mani alzate. Diversi detenuti si trovavano nella stessa posizione: erano nudi, però. E li colpivano con i manganelli sulle gambe e sui glutei”. Nel corridoio su cui si affacciano le celle della sesta sezione vi erano tanti agenti penitenziari che avevano formato una sorta di corridoio umano, costringendo i detenuti ad attraversarlo, colpendolo con schiaffi, pugni e manganellate, come dimostrano i filmati che gli indagati erano fermamente convinti sarebbero spariti ma che, invece, sono stati recuperati. La scena che riprende l’area di socialità mostra un biliardino rovesciato al centro, un tavolo da ping pong e alcune sedie ai lati, e alcuni poliziotti in tenuta antisommossa.

Le guardie hanno manganellato anche un disabile e gli urlavano: ‘ti mettiamo il pesce in bocca, non conti nu cazzo qua dentro e neanche fuori’”, ha continuato il detenuto che stava subendo le torture. Quest’ultimo ha riconosciuto la commissaria di reparto: “Guardava mentre ci massacravano, ma non interveniva, un ragazzo detenuto di vent’anni mi ha detto ‘poteva essere mia madre, ma non ha mosso un dito’”.

Ma non è finita qua, ricordiamoci anche del vecchio vizio degli sbirri: Il 30/6/2020, c’è stata un’idagine, svolta dalla questura di Torino e dai carabinieri di Cuneo, che riguardava l’attività di una “locale” autonoma di ‘ndrangheta riconducibile alla famiglia Luppino, originaria di Sant’Eufemia di Aspromonte (Reggio Calabria).

Nell’indagine sono stati indagati a piede libero (impuniti come sempre), tre carabinieri e due agenti di polizia penitenziaria. L’inchiesta ha portato a 12 ordini di custodia cautelare (8 in carcere e 4 ai domiciliari) e a decine di perquisizioni. L’indagine riguardava l’attività di una “locale” di ‘ndrangheta a Bra (Cuneo) riconducibile alla famiglia Luppino.

L’attività principale era il traffico di stupefacenti anche se non mancavano casi di estorsione e tentativi di infiltrazione nel tessuto politico e imprenditoriale. Sono emersi contatti con la ‘ndrina degli Alvaro di Sinopoli. Secondo le indagini si tratta di un gruppo che permea il territorio in maniera silente, esercitando una forza che si fonda in gran parte sulla provenienza geografica dei suoi componenti”. Sono persone, capaci di ottenere grande credito senza nemmeno ricorrere a intimidazioni specifiche: a volte basta il nome”.

Due dei tre carabinieri sono indagati per episodi avvenuti all’epoca in cui prestavano servizio in provincia di Cuneo. Si procede per favoreggiamento e rivelazione di segreti di ufficio aggravati dall’agevolazione mafiosa per avere passato (secondo gli inquirenti) informazioni riservate alla famiglia Luppino. Il terzo carabiniere, che, invece, era di stanza a Villa San Giovanni, avrebbe offerto ai Luppino delle notizie riservate: per lui, oltre al favoreggiamento e alla rivelazione di segreti di ufficio, si aggiunge l’accesso abusivo ai sistemi informatici.

I due agenti di polizia penitenziaria invece, lavoravano nel carcere di Saluzzo dove era rinchiuso una delle figure al centro dell’inchiesta, Salvatore Luppino, al quale avrebbero fatto avere bevande alcoliche e altri beni non permessi. Sono ora indagati per corruzione aggravata dall’agevolazione mafiosa.

Nelle carte dell’inchiesta compare anche il nome di “Cheese”, una delle maggiori rassegne enogastronomiche in Italia che si tiene ogni due anni a inizio autunno a Bra. Una serie di intercettazioni telefoniche indicherebbe che due dei personaggi chiave, i fratelli Salvatore e Vincenzo Luppino, fossero percepiti come delle figure capaci di condizionare l’assegnazione di posti e stand a chi voleva prendere parte alla manifestazione internazionale. Si tratta secondo gli inquirenti, di un risvolto che testimonia come i presunti ‘ndranghetisti fossero capaci di condizionare la vita economica e politica del territorio e, soprattutto, di farsi “percepire” come persone influenti.

Stiamo tornando al ventennio fascista: torture nel carcere di Caserta

Giustizia dalla parte dello Stato-mafia

Religione, il dominio della mente umana;

proprietà, il dominio dei bisogni umani;

e governo, il dominio della condotta umana,

rappresentano le roccaforti della schiavitù umana,

e tutti gli orrori che questa comporta.

Emma Goldman

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)

Droni armati da esportazione (illegale)

Il 2 SETTEMBRE 2021 la guardia di finanza di Pordenone ha denunciato 6 persone (tre di nazionalità italiana e tre di nazionalità cinese) all’autorità giudiziaria per la violazione della legge sulla movimentazione di materiali di armamento, in relazione alla vendita di una azienda italiana a una società di Hong Kong dietro la quale si celerebbero invece due società cinesi di proprietà statale.

La società italiana oggetto dell’indagine opera nella fabbricazione di aeromobili e di veicoli spaziali, nonchè nella progettazione e produzione di droni militari, “Unmanned aerial vehicle”, certificati agli standard “tanag” Nato Atlantica. In particolare, la fornitura di droni è oggetto di un contratto sottoscritto col ministero della Difesa per le forze armate italiane.

La gdf ha rilevato che il 75% del capitale della società italiana nel 2018 è stato acquistato da una società di Hong Kong per quasi 4 milioni di euro. L’acquirente, tuttavia, è risultata costituita ad hoc prima dell’acquisto delle quote e autonomamente priva di risorse finanziarie, nonostante l’operazione di compravendita e i conseguenti aumenti di capitale abbiano richiesto, nella provincia di Pordenone, investimenti per oltre 5 milioni di euro. E’ stata quindi individuata la reale proprietà, riconducibile a due importanti società di proprietà governativa della Repubblica popolare cinese. Tale cambio di controllo è stato perfezionato con ‘modalità opache’ tese a non farne emergere la riconducibilità del nuovo socio straniero.

L’acquisto del 75% della società italiana non aveva scopi speculativi e/o di investimento ma, esclusivamente, l’acquisizione del suo know-how tecnologico e produttivo, anche militare, per la quale veniva dato corso a progetti per il trasferimento nella Repubblica popolare cinese, anche pianificando una delocalizzazione della struttura produttiva aziendale, nel polo tecnologico di Wuxi, città-laboratorio dell’intelligenza artificiale cinese situata a meno di 150 chilometri.

Gli indagati sono Moreno Stinat, Massimo Tammaro,Corrado Rusalen e i 3 manager cinesi (Jianhua Wei, QI Rong e Li Xia).

L’inchiesta riguarda la Alpi Aviation di San Quirino che produce droni militari, aeromobili e veicoli spaziali la cui maggioranza è stata rilevata, attraverso una società offshore, da due importanti società statali cinesi. L’azienda fornisce tra l’altro le forze armate italiane, è dunque soggetta a specifici controlli e vigilanza.

L’azienda (che tra l’altro progetta e produce sistemi U.A.V. «Unmanned Aerial Vehicle» di tipo militare e certificati per gli standard «stanag» NATO) è già stata oggetto di indagine per una presunta violazione dell’embargo internazionale nei confronti dell’Iran per una vendita di droni militari alla Repubblica islamica. Successivi approfondimenti hanno accertato che l’azienda, nel 2018, è stata acquistata, per il 75%, da una società estera di Hong Kong, e valutata con un valore delle quote notevolmente rivalutato rispetto a quello nominale (90 volte superiore: 3.995.000 euro contro 45.000 euro).

Un subentro societario perfezionato in modo da non far emergere il nuovo socio, con ritardi nelle comunicazioni amministrative e omettendo di informare preventivamente la Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’acquisto della maggioranza dell’azienda, violando la cosiddetta «Golden Power» che attribuisce speciali poteri alle autorità italiane sugli assetti societari di realtà strategiche in vari settori. L’acquisto non avrebbe avuto scopi di investimento ma l’acquisizione di know-how tecnologico e militare, che ha spinto a pianificare il trasferimento della struttura produttiva nel polo tecnologico di Wuxi, città-laboratorio dell’intelligenza artificiale cinese vicina a Shanghai.

L’interesse degli imprenditori cinesi che fanno capo alla Repubblica Popolare e che hanno rilevato l’azienda italiana produttrice di droni militari si è manifestata anche in altri settori ritenuti strategici e che ricadono nella disciplina del Golden power. Si tratterebbe, secondo quanto si è appreso, di aziende anche piuttosto note: la prima, con sede a Segrate (Milano) operante nel settore del trattamento di rifiuti e generazione di energia dagli stessi; la seconda, con sede a Roma, che si occupa di attività di servizi connessi a tecnologie informatiche.

Il tetro business militare internazionale dei droni armati

L’esercito è una scuola, soprattutto.

E’ questo il suo compito di tutti i giorni:

educare, persuadere, plasmare, convincere, abituare.

Abituare a sopportare i soprusi,

ad obbedire senza discutere, ad accettare

le umiliazioni sol che provegano da uno

che sulla manica della giacca

ha un pezzo di stoffa in più.

Armando Manni

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)

Terrorista è lo stato: Sacco e Vanzetti innocenti – uccisi ingiustamente come Pinelli

Sacco e Vanzetti

Ieri 23 agosto 2021, c’è stato il 94° anniversario della ingiusta morte dei compagni anarchici Sacco e Vanzetti, giustiziati il 23 agosto 1927 a Boston, negli Usa. Sacco e Vanzetti nonostante fossero innocenti, furono processati e uccisi dallo stato liberale cattofascista.

Ferdinando Nicola Sacco era nato in Puglia il 22 aprile 1891, mentre Bartolomeo Vanzetti era piemontese, era nato l’11 giugno 1888. Entrambi erano emigrati negli Stati Uniti in cerca del sogno americano (attirati da un piano di marketing che garantiva: lavoro, giustizia e libertà). Vanzetti aveva trovato lavoro in una fabbrica di scarpe, dove veniva sfruttato e sottopagato, perchè immigrato, per 10 ore al giorno.

Sacco invece aveva lavorato in trattorie e cave. Ma dopo aver organizzato uno sciopero per i diritti degli immigrati, nessuno voleva più farlo lavorare, quindi si mise a fare il pescivendolo in proprio.

Allo scoppio della I guerra mondiale i due anarchici si trasferirono in Messico come molti altri anarchici, per sfuggire alla leva militare. Quando tornarono negli Usa furono considerati terroristi perchè non avevano fatto i soldati, non erano andati a uccidere persone come loro, inoltre si consideravano anarchici e per questo sono stati controllati e perseguitati dai servizi segreti e dalle forze dell’ordine.

Il 14 luglio 1921 una giuria ‘popolare’ negli Usa accusò Sacco e Vanzetti per rapina e per l’omicidio (durante una rapina a un negozio di scarpe), di due persone: un contabile e una guardia, così vennero condannati a morte.

Da allora Sacco e Vanzetti, come Pinelli, sono diventati un simbolo dell’ingiustizia sociale (provocata dal terrorismo organizzato dallo stato razzista), condannati perchè erano immigrati, stranieri e per giunta portatori di rivendicazioni sociali. Erano considerati nemici per l’America negli anni della “paura rossa”, la paura del comunismo. Nonostante i due italiani fossero anarchici antifascisti e contro la dittatura di Stalin.

Dopo la mezzanotte del 23/8/1927, alle 00:19, dopo 7 anni di udienze, Sacco e Vanzetti furono giustiziati sulla sedia elettrica, a distanza di 7 minuti l’uno dall’altro. Prima Sacco e poi Vanzetti. Entrambi facevano parte del collettivo anarchico italo-americano in lotta contro il razzismo. A nulla valse la confessione di un detenuto che aveva partecipato alla rapina e che disse di non averli mai visti.

Vanzetti rivolgendosi alla giuria che lo condannò alla pena di morte, disse: «Mai vivendo l’intera esistenza avremmo potuto sperare di fare così tanto per la tolleranza, la giustizia, la mutua comprensione fra gli uomini». Il destino amaro dei due anarchici italiani, che furono capri espiatori di un’ondata repressiva e razzista, fu lanciata dal presidente Woodrow Wilson.

Quando Sacco e Vanzetti furono condannati a morte, il loro caso divenne presto al centro di una mobilitazione internazionale, con manifestazioni nelle maggiori città nordamericane ed europee ma anche a Buenos Aires, Tokyo, Città del Messico, Sydney, Johannesburg. La comunità degli immigrati italiani era in prima linea.

Quando il verdetto di condanna a morte fu reso noto, esplose una manifestazione di protesta che durò ben 10 giorni, la polizia e la guardia nazionale, controllava con le mitragliatrici puntate i manifestanti: terrorismo di stato!! Come successe anche a Genova nel 2001, quando si protestava contro il G8 (i signori piu ricchi del mondo), quando i manifestanti furono massacrati, terrorizzati e torturati dagli sbirri cocainomani e fascisti.

Anche oggi gli immigrati vengono a lavorare in occidente, attirati dall’illusione del sogno americano

ed europeo. Un sogno fatto di illusioni e grandi ideali che include nozioni di diritti individuali, libertà, democrazia e uguaglianza, incentrato sulla convinzione che ogni individuo ha il diritto e la libertà di cercare prosperità e felicità, indipendentemente dalla classe sociale o da dove o in quali circostanze è nato.

La manifestazione degli immigrati a Foggia (Foto Sir)

Un elemento chiave del sogno americano ed europeo (marketing) è la convinzione che attraverso il duro lavoro e la perseveranza (sfruttamento), chiunque possa elevarsi “dagli stracci alla ricchezza”.

Oggi, nel 2021, esiste ancora il razzismo e gli immigrati vengono continuamente sfruttati attraverso il lavoro nero e il caporalato (situazioni di grave sfruttamento lavorativo, senza diritti). Gli emigrati vengono sfruttati nell’edilizia, sia in piccole che in grandi opere edili; nell’agricoltura, soprattutto quella intensiva e di serra. Poi vi sono ambiti lavorativi più ristretti e marginali, carico e scarico merci nei mercati ortofrutticoli, e altre piccole ma gravose occasioni di lavoro offerte dall’ambiente urbano, contesti in cui gli immigrati offrono piccoli servizi di guardiania e vigilanza, negli impianti sportivi e nei garage del centro e della periferia della capitale. Un altro contesto lavorativo in cui si registrano forme di sfruttamento intensivo, fatto di vessazione psicologiche, è quello domestico. Si tratta di un lavoro prestato quasi esclusivamente da donne, per lo più provenienti dall’Europa dell’est, dall’America del sud; ma c’è anche una parte di donne provenienti dai paesi del sud est asiatico che possiamo identificare come servitù domestica, in questo caso si tratta di personale domestico dei corpi diplomatici di questi paesi, alle quali vengono sottratte, in alcuni casi sembra essere una prassi, i documenti di identità, e viene vietato di uscire dal contesto ristretto dell’abitazione di rappresentanza.

Nelle zone del Lazio in cui si pratica l’agricoltura intensiva che si estendono dalla zona di Aprilia fino a Terracina, sul mare e più nell’interno fino a Fondi, si concentrano la maggior parte delle aziende agricole di tipo intensivo. In particolare per la coltura di frutta ed ortaggi, e per l’utilizzo intensivo delle serre nella zona Borgo Piave, San Michele e Borgo Faiti. Molti degli immigrati che vi lavorano provengono dal nord Africa, ma anche dall’India. Trattandosi di contesti lavorativi soggetti alla stagionalità, si tratta di lavoratori che arrivano durante i periodi di lavoro primaverile e estivo, ma che rimangono oltre la scadenza del permesso di soggiorno a lavorare presso le stesse aziende agricole, che non usano rinnovare il contratto. La maggioranza di loro condivide case affittate nei paraggi dei campi coltivati, spesso in situazioni di sovraffollamento; una piccola parte di loro vive in case abbandonate, cascine o vecchie stalle presso i campi in cui lavorano.

Nei contesti di agricoltura intensiva stagionale e in quelli in cui si pratica la coltura in serre, dove quindi l’azienda agricola, avendo accordi coi grandi distributori orto-frutticoli, ha tempi di raccolta e lavoro molto ristretti per evitare che i prodotti deperiscano, prevale il lavoro di intermediazione dei caporali. Il costo della loro intermediazione varia in base al tipo di lavoro ottenuto: il lavoratore deve pagare il caporale che, davanti ad un contratto relativamente stabile, vessa il lavoratore sottraendogli circa metà stipendio. I caporali non sono solo coloro che mettono in relazione domanda ed offerta di lavoro, coloro che chiamano i braccianti a giornata, sono anche coloro che si «occupano» dei lavoratori, «prendendosi cura» delle loro mansioni lavorative, disponendo le squadre di lavoro. Da loro dipendono i modi, i tempi ed i ritmi di lavoro, ma non solo, sono i caporali che forniscono acqua e cibo ai braccianti: 5 euro per un bicchiere d’acqua e altrettanti per un panino. Se non hanno i soldi, vengono scalati dalla paga di fine giornata.

Un’altra forma di sfruttamento largamente praticata è quella che prevede il reclutamento di lavoratori direttamente nel loro paese d’origine, in base ad accordi bilaterali con l’intermediazione di cooperative locali. Questo fenomeno è molto diffuso tra i lavoratori provenienti dalla Romania e dalla Polonia. La retribuzione è assolutamente a discapito dei lavoratori, i quali percepiscono il salario nella valuta del loro paese, al contrario della cooperativa che li ha reclutati, pagata in euro dall’azienda italiana.

La condizione di lavoratori gravemente sfruttati, coinvolge moltissimi immigrati in Italia, eppure di questo si parla poco, evitando di soffermarsi a riflettere sulle condizioni in cui vivono e lavorano molti migranti, le cui dinamiche di sfruttamento sfuggono da una definizione reale.

Tutto questo avviene in un contesto culturale e sociale che sembra approvare e mantenere un tacito consenso rispetto all’opportunità, offerta dalla presenza di una classe di lavoratori stranieri resi deboli dalla loro condizione giuridica, di reperire lavoro a bassissimo costo, a tutti i livelli.

Giustizia sociale per tutti i lavoratori sfruttati anche a causa dalla nuova riforma del lavoro che ci ha tolto lo statuto dei lavoratori e l’articolo 18!! Grazie alla politica sinistroide, viene incentivato lo sfruttamento dei più poveri. Contro il capitalismo borghese massomafioso, per i diritti dei poveri e degli sfruttati: pagherete caro pagherete tutto!! Anarchia: l’unica via.

Il capitalismo Deruba l’uomo dei suoi diritti di nascita,

ne frena lo sviluppo, ne avvelena il corpo, lo mantiene nell’ignoranza,

nella povertà e nella dipendenza, ed organizza poi

le istituzioni caritatevoli che distruggono

l’ultima traccia di dignità dell’uomo

Emma Goldman

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)

Condannati i carabinieri arrestati nel 2000 a Piacenza per spaccio di droga

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Il 1° giugno i mass media scrivono che, i carabinieri della caserma di Piacenza “Levante”, arrestati nel 2000 per spaccio di droga all’interno della caserma, oggi, al processo di primo grado sono stati condannati a 12 anni per Giuseppe Montella, l’appuntato dei carabinieri considerato il leader del gruppo della caserma, 8 anni per Salvatore Cappellano, 6 anni per Giacomo Falanga e 4 anni per Marco Orlando.

Il caso della caserma di Piacenza se lo ricordano ancora tutti, perché, per la prima volta in Italia, oltre ai 5 carabinieri condannati, ci furono numerosi altri arresti e l’intera caserma fu messa sotto sequestro! Le indagini, avevano fatto emergere un sistema che ruotava intorno allo spaccio di droga sequestrata agli spacciatori “concorrenti”, oppure direttamente acquistata e rivenduta attraverso una rete di intermediari alle dipendenze dei carabinieri stessi (operazione militare Blu Moon)

I 5 carabinieri hanno scelto il rito l’abbreviato, (perché la pena si riduce subito di un terzo), e vengono condannati per traffico e spaccio di stupefacenti, ricettazione, estorsione, arresto illegale, tortura, lesioni personali, peculato, abuso d’ufficio e falso ideologico.

Questi sbirri P2isti, sono uguali ai loro colleghi rivali, le polizie parallele occulte, fondate da Sayo nel 1970.

IL 2 GIUGNO INVECE I MASS MEDIA SCRIVONO CHE A BOLOGNA è stata sentita la testimonianza del generale dei carabinieri Mario Mori, ex comandante del Ros ed ex direttore del Sisde, che ha dichiarato che non intendeva rispondere alle domande del giudice, nell’ambito del nuovo processo sulla strage del 2/8/1980, che vede come principale imputato l’ex Avanguardia Nazionale, Paolo Bellini.

Il generale dei carabinieri (P2) Mori è stato indagato anche per falsa testimonianza, non può ammettere che loro come loggia segreta, come servizio segreto, hanno portato avanti il piano militare firmato dai paesi più ricchi della Nato – anticomunista, firmato e istituito, anche dai servizi segreti Italiani nel 1949, per attuare la strategia della tensione fatta di colpi di stato e stragi di stato per non far salire la sinistra al potere politico economico militare.

Ricordiamoci che il gen. dei cc Mori, è talmente sporco, che è imputato a Palermo anche nel processo sulla trattativa stato-mafia, dove è stato condannato in primo grado a 12 anni.

E non dimentichiamoci anche di quel pagliaccio di Salvini (il leccaculo di Berluska), che ha dichiarato a Milano il 4 maggio ai mass media, che sta mettendo assieme il centrodestra partendo da Roma, per poi accordarsi anche coi politici cattosinistroidi di Milano, Bologna e Napoli e costituire la squadra (loggia segreta). Milano è stata la prima a dare la sua disponibilità per gli inciuci del centrodestra, incentivati dalle imprese, e da Albertini, imprenditore italiano, ex sindaco di centrodestra a Milano.

Matteo Salvini mentre inaugura con due parroci la sezione della Lega a Sedrina

Uomini di cultura di centrodestra, cattofascisti col crocifisso o le statuine della Madonna in casa, come Totò Rina, perché hanno capito (esteriore cattolico) che garantiva una certa impunità, da parte di questa cultura arretrata, che pensa solo a rubare i soldi pubblici come i 250 miliardi arrivati dall’Europa per il Recovery Plan, cultura arretrata non interessata ai diritti e all’uguaglianza per tutti gli esserei umani, tanto meno all’eliminazione delle classi sociali, anzi, vogliono aumentare la loro supremazia anche sui paesi considerati, da loro, 3° mondo, militarizzando il territorio per rubargli le risorse prime, e arricchirsi sempre più a scapito dei più poveri.

Il 2 luglio i mass media scrivono che sono stati rinviati a giudizio, quattro agenti della Polizia Penitenziaria di Monza, accusati di atti di violenza nei confronti di un detenuto nel carcere di Monza.

Monza e la lotta all’Isis  in carcere della Polizia penitenziaria (che ha compiuto 200 anni)

Gli accusati sono tre guardie carcerarie e un ispettore della penitenziaria brianzola, che devono rispondere a vario titolo di lesioni aggravate, falso, calunnia, violenza privata, abuso d’ufficio e omessa denuncia. Gli stessi accusati sono rimasti però impuniti (perché è stata chiesta l’archiviazione – hanno pagato per andare in scadenza termini), per il reato di tortura, relativa ad un altro episodio dove erano stati indagati per tortura nei confronti di altri detenuti (la prassi).

Il 5 luglio invece i mass media scrivono che a Torino, i parlamentari insieme agli imprenditori di centrodestra e centrosinistra (alla faccia che la destra per la costituzione antifascista è illegale), si sono messi d’accordo (inciuci) per ospitare la gigafactory di batterie elettriche di Stellantis, una società holding in cui si sono fusi insieme i marchi di FCA (Fiat Chrysler Automobiles) e Groupe PSAm( Peugeot, Citroen, DS e Opel).

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I politici e i sindacati hanno pubblicizzato la holding dei poteri politici economici e militari del centrodestra (Ovest) e del centrosinistra (Est).

Oltre ai sindacalisti, hanno partecipato agli accordi massomafiosi, anche il rettore del Politecnico Guido Saracco, in rappresentanza del comitato dei parlamentari piemontesi, Stefano Lepri (Pd) e Claudia Porchietto (Forza Italia).

Sbirri P2isti massomafiosi: peggio della mafia analfabeta!

https://ricercatorisenzapadroni.noblogs.org/post/2021/04/03/sbirri-p2isti-massomafiosi-peggio-della-mafia-analfabeta/

Stazione Bologna 2 agosto 1980: STRAGE DI STATO!

https://ricercatorisenzapadroni.noblogs.org/post/2019/08/03/stazione-bologna-2-agosto-1980-strage-di-stato/

Solidarietà agli Anarchici e alle Anarchiche, repressi e incarcerati, dallo stato atlantico, ottuso e cattosinistroide. Arrestati per aver difeso l’ambiente dove viviamo, per aver difeso i poveri dalle tante e inutili speculazioni (che ingrassano solo loro) che la chiesa fa da secoli sulle disgrazie della povera gente di tutto il mondo, contro il militarismo, il consumismo e il capitalismo militare geopolitico che vuole imporci le sue regole militari, fatte di stragi (uccidere civili) e razzia delle risorse prime, per imporci il loro cibo spazzatura!!..

Solidarietà a tutti gli Anarchici arrestati ingiustamente dagli sbirri terroristi e massomafiosi: prima o poi pagheranno caro!! Pagheranno tutto!

 

Questi assassini, questi ladri, si fanno un nome.

raggiungono i gradi più alti, diventano senatori,

vengono coperti di decorazioni,

e qualcuno arriva perfino ad avere un

monumento. Sono eroi della guerra.

Senza la guerra non salirebbero. Senza la guerra

rimarrebbero ignoti. Se uccidessero e rubassero

fuori dal mondo guerresco sarebbero ritenuti

assassini ferocie ladri volgari.

C. Berneri

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)

Stiamo tornando al ventennio fascista: torture nel carcere di Caserta

Carcere di Santa Maria Capua Vetere

Il 28 giugno i mass media scrivono che il gip del tribunale di Caserta, ha eseguito 52 misure cautelari nei confronti di appartenenti al corpo della polizia penitenziaria coinvolti negli scontri coi detenuti che avvennero il 6/4/2020, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta)

La rivolta è scattata dopo la notizia della morte di alcuni detenuti che morivano di Covid-19, all’interno delle celle, senza nessuna assistenza.

Per reprimere la rivolta, il direttore delle carceri di Caserta chiamò anche i reparti speciali della penitenziaria di Napoli Secondigliano e di Avellino.

Le violenze e le torture iniziarono durante le perquisizioni disposte sempre da quella merda insensibile del direttore, dopo la rivolta dei detenuti.

Il tribunale ieri ha notificato complessivamente per le guardie fasciste: 8 arresti in carcere, 18 arresti ai domiciliari, 3 obblighi di dimora e 23 interdizioni dall’esercizio del pubblico ufficio.

I reati contestati alle guardie cattofasciste, sono: concorso in torture pluriaggravate ai danni di numerosi detenuti, maltrattamenti pluriaggravati, lesioni personali pluriaggravate, falso in atto pubblico aggravato, calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistaggio.

Le perquisizioni sono iniziate nel Reparto Nilo dell’istituto penitenziario casertano. Erano state 4 ore di inferno iniziate durante e dopo la perquisizione, non si è salvato nessuno dalle orrende torture delle guardie carcerarie.

Detenuti costretti a passare in un corridoio di agenti, con caschi e manganelli, fatti inginocchiare e colpiti di spalle per tutelare l’anonimato dei torturatori.

Nell’ordinanza, il gip definisce l’episodio una “orribile mattanza” ai danni dei carcerati: alcuni sono stati denudati e 15 anche portati in isolamento con modalità del tutto irregolari e senza alcuna legittimazione. Tra i detenuti in isolamento, uno perse la vita, il 4 maggio, un mese dopo la perquisizione, una conseguenza delle torture subite.

All’inizio il giudice aveva chiesto misure cautelari per oltre 110 indagati, ma ha riconosciuto la gravità indiziaria solo per 52 guardie penitenziarie, che però non sono state messe in carcere insieme agli altri detenuti, ma sono ancora quasi tutti in servizio, i bastardi!!

Nell’inchiesta, sono oltre 110 le persone indagate, ma quell’ipocrita senza etica e morale della Ministra Marta Cartabia e i vertici del Dap, dichiarano ai mass media che nonostante tutto, rinnovano la fiducia nel corpo della polizia penitenziaria…

Le immagini delle violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

Ma non solo, anche quella merdaccia pagliacciona della presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni (ciellina cattofascista ambiziosa), ha dichiarato ieri ai mass media:

“Fratelli d’Italia ha piena fiducia nella polizia penitenziaria, negli agenti e nei funzionari del Dap intervenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere per reprimere la gravissima rivolta organizzata dai detenuti durante il lockdown. A loro va la nostra solidarietà e vicinanza”….

Dobbiamo preoccuparci? Siamo in pieno periodo dittatoriale fascista e le merde, oltre a essere dentro il potere politico economico militare, sono tutti coesi e daccordo tra di loro!

Solidarietà ai detenuti che si sono ribellati alle tante ingiustizie e alle continue torture che il carcere da sempre ti fa subire, siamo fieri di Voi e della vostra coraggiosa azione di rivolta.

Siamo sempre dalla vostra parte, contro la repressione fascista delle guardie carcerarie di tutto il mondo!! Coraggio e sempre avanti! Non bisogna mai abbassare la testa ma lottare per i propri diritti!!

Per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario, delle loro speculazioni e sfruttamenti e gli abusi di potere delle guardie, escludendo gli omicidi seriali, i mafiosi, gli ‘ndraghetisti che hanno fatto il patto con lo stato, i condannati per violenza sessuale e gli sbirri corrotti, gli altri dovrebbero stare agli arresti domiciliari.

https://www.youtube.com/watch?v=R3S0U40iVq8

Solidarietà anche a tutti i compagni Anarchici e Anarchiche incarcerati, per aver difeso l’ambiente e il più debole!

 

La bandiera nazionale copre ogni ingiustizia,

inumanità, menzogna, oltraggio, delitto.

La responsabilità collettiva della nazione uccide

il senso di giustizia dell’individuo e conduce l’uomo

ad un punto in cui egli trascura l’ingiustizia che pur

viene compiuta, la quale anzi può perfino apparirgli

un atto meritorio se gli è presentata come commessa

nell’interesse della nazione.

R. Rocker

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)

 

 

Gaetano Saya: neofascista e fondatore della polizia parallela…

Il 9 giugno 2021 a Genova i mass media scrivono che è stato denunciato Gaetano Saya, neofascista messinese di 66 anni, che fondò la polizia parallela (loggia massonica formata dai servizi segreti occulti) e nel 2011 fondò il nuovo Msi.

A casa sua è stato trovato l’armamentario del “perfetto” agente segreto: Tesserini, divise, distintivi di una polizia parallela e, ancora, effigi della massoneria oltre a un teaser e un manganello, alcune sue foto giovanili, in divisa da poliziotto, una mentre regge l’ombrello all’allora ministro della Difesa Giovanni Spadolini, un biglietto di «stima e solidarietà» di Licio Gelli gran maestro della loggia P2.

Ma chi è Gaetano Saya?

Laureato in Legge e Scienze politiche diventa Cavaliere dell’Ordre International de la Paix.

A Milano l’1/12/2002 è stato nominato presidente onorario dell’ U.N.F.P. (Unione Nazionale Forze di Polizia), il primo sindacato di polizia interforze. Di recente ha assunto la Direzione Generale dell’Ente denominato: Dipartimento Studi Strategici Antiterrorismo ( Interforze di polizia in funzione antiterrorismo islamico).

Fin da giovanissimo simpatizza per il Movimento Sociale Italiano, Destra Nazionale e nel 1970 appena quattordicenne partecipa alle giornate di Reggio Calabria (rivolta fascista per il capoluogo), a 18 anni si arruola nel disciolto Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, dopo l’addestramento, viene ingaggiato dai Servizi Segreti della N.A.T.O. Esperto in ISPEG (Informazioni, Sabotaggio, Propaganda e Guerriglia), controspionaggio e antiterrorismo. Raggiunti i massimi livelli si congeda nel 1997. Saya fu Cooptato nel 1975 dal Generale P2 Giuseppe Santovito, allora Capo del SISMI e viene iniziato in una loggia massonica riservata; da Apprendista di primo grado in breve diviene Maestro Venerabile della Loggia Divulgazione 1 a carattere internazionale. Nel Novembre 1997, congedatosi dai Servizi, e messosi in sonno massonico, decide di dar vita al movimento politico voluto da Almirante.

Nel 2004 decide di costituire un corpo speciale a sostegno delle forze di polizia. Tra i suoi collaboratori, ex poliziotti ormai in pensione con esperienza nella lotta al terrorismo, ex faccendieri dei servizi segreti, sempre pronti a rubare informazioni dalle banche dati e offrire (vendere) i loro servizi d’Intelligence internazionale.

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A Genova nel 2005 Saya è stato arrestato insieme al suo compare Riccardo Sindoca, capi della Dssa e personaggi legati alla massoneria, alla destra extraparlamentare e ai servizi segreti (naturalmente sono stati privilegiati e messi agli arresti domiciliari, non in galera insieme agli altri!). Decine sono stati gli indagati di questa polizia parallela formata da appartenenti alla stessa polizia di stato, ai carabinieri, alla guardia di finanza e alla polizia penitenziaria. Saya e la sua polizia parallela (nuclei clandestini dello stato), facevano investigazioni illegali per la Dssa, e tutto questo grazie alla complicità degli appartenenti alle forze dell’ordine, che gli fornivano anche notizie riservate. A Saya e Sindoca sono stati contestati i reati di associazione per delinquere, in sostanza, gli inquirenti ritengono che lo scopo della Dssa fosse quello di usufruire di finanziamenti da parte di organismi nazionali e internazionali. Il simbolo della «Polizia parallela» costituita da Saya, rappresenta 2 serpenti attorcigliati a una spada che sul manico ha una rosa dei venti in stile Nato. Quella era l’unica modifica al disegno originale, che invece aveva una svastica, lo stemma delle SS croato-bosniache create da Adolf Hitler…

Saya e Riccardo Sindoca facevano parte anche dell’organizzazione Gladio, un’organizzazione paramilitare appartenente alla rete internazionale Stay-behind organizzata in ambito NATO.

Francesco Cossiga era sottosegretario alla difesa, e fu uno dei fondatori.

Saya nel 1970 venne abilitato nella polizia dai suoi compari P2. I suoi primi incarichi consistevano nello scortare i politici come Giovanni Spadolini e ne divenne suo fedele portaborse.

Quattro anni dopo fu arruolato dalla NATO.

Il DSSA dopo l’attentato dell’11/3/2004 a Madrid, si era rivelato in realtà una congrega di spie, neofascisti, poliziotti, carabinieri, ex-gladiatori e depistatori di professione. Il gruppo fondato da Saya chiamato “Destra Nazionale” aveva assunto come simbolo lo stemma della CIA leggermente modificato, e qualificava i propri aderenti come ex-agenti segreti, con un passato da ‘gladiatori’, in rapporti di collaborazione con la NATO ed il Mossad israeliano. Il DSSA poteva accedere alla banca dati del Viminale, ed aveva rapporti coi vertici degli apparati di sicurezza come il SISMI e con uomini politici, come il vice-premier Gianfranco Fini.

Questo intreccio tra neofascisti, forze militari e servizi segreti, non è nuovo. Proviene dall’immediato dopoguerra e dalle trame della “strategia della tensione”.

L'operazione criminale che ha terrorizzato l'Italia: La storia segreta della falange armata

Ma nessuno si ricorda più della ‘Falange Armata’? Fu attiva nei primi anni ’90, costituita come agenzia segreta, nata per alimentare un clima di tensione (con lettere, bossoli spediti e telefonate minacciose), promossa da ufficiali della settima divisione del SISMI, che organizzavano anche i traffici internazionali di armi.

E il “Progetto Arianna” nel 2000, ce lo siamo dimenticati? Fu un’organizzazione antidroga (…) clandestina costituita a Latina da appartenenti alle forze dell’ordine, formata da ex militari e poliziotti (alcuni ancora in servizio) che avevano messo in piedi una struttura clandestina (operazione militare Blue Moon). Un’operazione sotto copertura, messa in atto dai servizi dei paesi del blocco occidentale (Nato) a partire dall’inizio degli anni ’70, finalizzata in realtà a diffondere l’uso di droghe pesanti tra gli attivisti dei movimenti giovanili di contestazione, al fine di distoglierli dalla lotta politica.

Poi c’erano gli “Elmetti Bianchi”, una fondazione a carattere internazionale alimentata soprattutto da ex-poliziotti, spuntata a lato del caso Telekom-Serbia. I “caschi bianchi” erano (ufficialmente) impegnati nel soccorso alla popolazione civile nelle zone devastate dalla guerra in Siria, ma in realtà sostenevano (per manovrarli), con l’appoggio di Israele, i gruppi jihadisti (al-Qaeda).

E del gruppo clandestino della Uno bianca ci siamo dimenticati? Un gruppo di sbirri attivo tra il 1987 e il ’94, che agiva tra le Marche e l’Emilia-Romagna dove uccisero 24 persone e fecero oltre cento feriti. Dopo 7 anni di rapine, morti e indagini, scoprirono i fratelli Savi, tutti membri della polizia di stato. Il capo della polizia occulta era Roberto Savi, all’epoca assistente capo della questura di Bologna, dove svolgeva il servizio di operatore radio.

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Tra i suoi complici c’erano i fratelli Fabio, artigiano ed autotrasportatore, e Alberto, poliziotto che prestava servizio presso la questura di Rimini, Pietro Gugliotta (operatore radio alla questura di Bologna), Marino Occhipinti (vice-sovrintendente della sezione narcotici della squadra mobile della questura di Bologna e consigliere provinciale del Sap – Sindacato autonomo di polizia, e Luca Vallicelli (all’epoca agente scelto presso la sezione polizia stradale di Cesena – CAPS).

Ma il gruppo (razzista) non faceva solo le rapine: nel 1990 feriscono un immigrato tunisino; il 10 Dicembre assaltano il campo nomadi di Santa Caterina di Quarto ferendo 9 persone; il 22 dello stesso mese sparano contro dei lavavetri extracomunitari, ferendone due; il giorno dopo fecero un assalto al campo nomadi di via Gobetti, uccidendo 2 persone e ferendone altrettante…

Qualcuno si ricorda della “Legione Brenno”? è nata in coincidenza con lo scoppio della guerra serbo-croata per difendere la nuova frontiera dell’occidente (Nato), venuta alla luce nel 1998. La “Legione Brenno”, ispirata ai cavalieri di antichi ordini religioso-militari come i Templari, si scoprì presto essere stata fondata da alcuni ex-carabinieri interessati al business della sicurezza e dell’assoldamento di milizie private nelle guerre in corso. Esattamente come il DSSA. Ma il problema, che la guerra che c’è all’interno degli apparati di polizia e dei servizi segreti italiani per assicurarsi posizioni di comando, nella prospettiva della costituzione di una sorta di “superpolizia” e di un’unica centrale di intelligence, è ancora attiva.

Il 14/6/2021, a Bruxelles, ha avuto luogo il summit della NATO, il primo con la partecipazione del banchiere massone Mago Draghi (Presidente del consiglio dei ministri della rep. italiana), e del Presidente USA Joe Biden.

La Nato vuole ricominciare la guerra fredda contro la Russia e la Cina, due potenze economiche che fanno paura ai poteri della Nato.

Natos generalsekretær Jens Stoltenberg taler på Stiklestad torsdag 26. juli. 

Il segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg (foto sopra), dichiara ai mass media che “bisogna affrontare insieme, come alleanza Atlantica, l’ascesa della Cina come potenza economica”.

Un giudizio, quello di Stoltenberg, condiviso anche dal premier britannico Boris Johnson.

L’Alleanza atlantica, ha definito per la prima volta la Cina come “una minaccia” (terrorismo psicologico).

Il Presidente del Consiglio Draghi, durante il Vertice Nato, ha dichiarato ai mass media l’importanza del summit, definendola una “continuazione del G7 (cooperazione internazionale tra i paesi più industrializzati del mondo): “Siamo qui anche per la riaffermazione dell’Ue. L’Unione europea più forte significa una Nato più forte”, ha detto.

Il Segretario generale della NATO Stoltenberg dichiara ai mass media che un attacco al Trattato atlantico è un attacco contro tutti. Tutto questo significa “aumentare il nostro livello d’ambizione”, ha detto Stoltenberg, un obiettivo che richiede “più risorse” su tre livelli: civile, militare e infrastrutturale”. Come per esempio la missione in Iraq, che la Nato ha già deciso di potenziare e per il cui comando si è proposta l’Italia.

La Nato vuole sconfiggere la Cina e la Russia perché ha paura della sua potenza in campo spaziale, cyber, ed in generale tecnologico e industriale.

Il prossimo summit della Nato è previsto in Spagna nel 2022.

Ma facciamo un po’ di storia:

Nel 1949 in Italia, entrò in vigore il Patto Atlantico anticomunista fatto di colpi di stato e stragi di stato. Nel 1955, in risposta alla stipula del Patto Atlantico, venne costituito il Patto di Varsavia e si istituì la guerra fredda (Ovest contro Est). Il patto di Varsavia fu sciolto nel 1991 in concomitanza della caduta dell’Urss. Dopo la caduta dell’Impero sovietico è cominciato un accerchiamento militare della Nato che è arrivato alle porte di Mosca.

La Nato ha sempre avuto un ruolo aggressivo e non certo difensivo. Un’aggressività che non ha nulla a che vedere col diritto alla difesa, ma al controllo geopolitico.

Gli attacchi della Nato, negli ultimi 20 anni, sono stati 7. In ordine cronologico si è cominciato nel 1991 con la prima guerra del Golfo, l’anno successivo in Somalia, nel 1995 in Bosnia, nel 1999 in Serbia, nel 2001 in Afghanistan, due anni dopo una nuova guerra all’Iraq e poi nel 2011 l’aggressione alla Libia di Gheddafi.

SCENARI/ Dalla Serbia all'Afghanistan, così la Nato ha "aiutato" Cina e Russia

La guerra fredda è ufficialmente finita, ma le azioni portate avanti dalla Nato con la sua avanzata verso est, dimostrano che sta perseguendo politiche di offesa e non di difesa…

 

Bisogna pure che la verità venga su

dai tuguri perché dall’alto non vengono

altro che menzogne

Louise Michel

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)

13 anni agli sbirri torturatori di Cucchi

Il 7 maggio i mass media scrivono che i giudici della Corte di Assiste d’Appello di Roma, hanno condannato a 13 anni per omicidio preterintenzionale i due carabinieri: Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati di avere picchiato a morte Stefano Cucchi.

Nel processo d’appello del 2009 per il pestaggio subìto da Stefano Cucchi, il carabiniere Roberto Mandolini ha avuto uno sconto di pena passando da 4 anni e mezzo a 4 anni, mentre Francesco Tedesco ha visto confermata la condanna a due anni e sei mesi. Per loro l’accusa è di falso.

STEFANO CUCCHI: DIGOS INFAME E BOIA!!!

Stefano Cucchi: Digos infame e boia!!!

Sbirri P2isti massomafiosi: peggio della mafia analfabeta!

Sbirri P2isti massomafiosi: peggio della mafia analfabeta!

Processo Cucchi, il carabiniere Tedesco: “Calci sul corpo e in faccia a Stefano”

Solidarietà al compagno Giuseppe Pinelli ucciso a botte dagli sbirri in questura, per aver dichiarato spontaneamente che la strage di Piazza Fontana era stata una strage eseguita ed organizzata dallo stato per incolpare gli anarchici (strategia della tensione – Patto Atlantico).

Sbirri infami, prima o poi pagherete caro, pagherete tutta la vostra arroganza e il vostro nonnismo!!

 

L’esercito è una scuola, soprattutto.

E’ questo il suo compito di tutti i giorni:

educare, persuadere, plasmare, convincere, abituare.

Abituare a sopportare i soprusi,

ad obbedire senza discutere, ad accettare

le umiliazioni sol che provengono da uno

che sulla manica della giacca

ha un pezzo di stoffa in più.

A. Manni

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)

Sbirri P2isti massomafiosi: peggio della mafia analfabeta!

Il 29 marzo c’è stata l’udienza per Giuseppe Montella (ritenuto il capo del gruppo di sbirri), l’appuntato della caserma Levante di Piacenza arrestato insieme ad altri 5 carabinieri per gravi reati come traffico di droga, tortura e estorsione nell’estate del 2020, nell’inchiesta ‘Odysseus’ che ha portato anche al sequestro dell’intera stazione dell’arma dei carabinieri: mai successo in Italia!

L’appuntato Giuseppe Montella ( 2° da sinistra) ha fatto dichiarazioni spontanee in videocollegamento dal carcere di Verbania con l’aula a porte chiuse del tribunale di Piacenza, dove prosegue il processo abbreviato.

L’udienza è proseguita con l’interrogatorio del maresciallo Marco Orlando, ex comandante della stazione, anche lui imputato.

“Tutto quello che si faceva là dentro (dice Montella, in un’interrogatorio del 20/8/2020), tutti lo sapevano. Il racconto quindi prosegue e diventa un atto d’accusa contro altri 4 carabinieri, Salvatore Cappellano, Angelo Esposito (l’unico che ha scelto il rito ordinario), Giacomo Falanga e Daniele Spagnolo e, soprattutto, contro il comandante di stazione Marco Orlando. “Tutti lo sapevano (ribadisce l’appuntato 37enne originario di Pomigliano d’Arco) che quando si facevano arresti grossi si diceva: teniamo qualche grammo da dare.. e per comperare…”.

Sulle violenze agli arrestati, Montella racconta invece di schiaffi e botte, ma respinge l’accusa di pestaggi sistematici. Ma proprio le presunte torture sono tra gli episodi più pesanti finiti a processo e sui quali difese e accusa dovranno confrontarsi non appena entrerà nel vivo la discussione.

La Stazione Levante non esiste più. Hanno voluto chiuderla per far dimenticare in fretta (le contraddizioni), anche alla gente comune: i pestaggi e le torture, le violenze bestiali e lo spaccio di droga, di ruberie e festini con le prostitute che si facevano all’interno della caserma dei carabinieri (P2). C’è da cancellare la vergogna della banda in divisa accusata di aver trasformato gli uffici di via Caccialupo in un covo di criminali, anche se la targa d’ottone non è ancora stata sostituita, per ora è ancora coperta da un foglio di carta.

Il nuovo capitano della caserma dei carabinieri di Piacenza si chiama Giancarmine Carusone (Cocò, Cucuzzo e Cacamucazz), ha preso il posto del maggiore Stefano Bezzeccheri, indagato nell’inchiesta che nel luglio scorso portò all’arresto per tortura, spaccio, arresti illegali, lesioni, estorsione, di 23 persone, tra cui 10 carabinieri. Carusone è rimasto pulito perché quel mercoledì 22 luglio, giorno in cui lo scandalo venne alla luce (guarda caso), si trovava nella sua stanza a Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia.

La stazione ora è comandata dallo sbirro Salvatore Russo, con 23 anni di servizio.

Nella stanza semibuia e ora vuota (dell’ex comandante indagato), non si sentono più le urla per i pestaggi subiti che, come per ironia, sulla parete sporca c’era la stampa che raffigura Falcone e Borsellino. Falcone e Borsellino sono stati uccisi perché avevano osato indagare sulla massomafia, sulla P2 (massoneria organizzata da alti gradi militari e delle forze del disordine), avevano capito che la mafia era analfabeta, e che a manovrarli c’era un livello sopra di loro (massoneria) che aveva in mano anche la cultura, e che comprava e manovrava la mafia a loro piacimento.

A 200 metri dalla caserma degli sbirri ci sono i giardini Margherita, zona stazione ferroviaria, una delle piazze di spaccio battute da Montella e dai suoi, a caccia di droga e di numeri. La roba se la mettevano in tasca i carabinieri, per poi rivenderla. Secondo le indagini alcuni spacciatori infami (comprati e sotto ricatto), venivano direttamente assoldati dagli sbirri, in cambio di soldi e soffiate per fare nuovi arresti e raccattare nuovo stupefacente da vendere in proprio: lo smercio continuava indisturbato. Gli altri pusher venivano invece pestati e denunciati a beneficio delle statistiche e delle carriere proprie e dei propri superiori P2.

L’inchiesta della magistratura ha stabilito che in decine di casi si trattava di arresti illegittimi che hanno dato seguito a processi e condanne altrettanto errate. Tanto che ora, molti procedimenti dovranno essere rivisti col rischio di corpose richieste di risarcimento.

A un chilometro dai giardini Margherita inizia la via Cristoforo Colombo. Qui, a marzo, i carabinieri della Levante massacrarono di botte Israel Anyanhu, 23 anni, nigeriano. Non c’entrava nulla con lo spaccio, ma la banda dei cc aveva ricevuto una soffiata secondo cui era uno che aveva la roba. “Mi hanno pestato per ore”, ci dice oggi Israel. “Più giuravo di non aver fatto niente, più mi colpivano. Volevano che spacciassi per loro”. Ha i denti rotti e a distanza di mesi è ancora terrorizzato: “Mi hanno picchiato per strada, mi hanno picchiato a casa dove sono venuti a cercare droga che non c’era, mi hanno picchiato in caserma. Mi dicevano che se avessi collaborato mi avrebbero aiutato. Ma io non avevo bisogno di aiuto: non avevo fatto niente”.

Per 6 carabinieri e 10 spacciatori l’accusa ha già chiesto il processo immediato. I pusher puntano al patteggiamento di pene che vanno da 2 a 4 anni. Cinque dei 6 carabinieri vanno invece verso il rito abbreviato puntando allo sconto di 1/3 della pena. Tra loro c’è Montella, che comunque rischia fino a 15 anni di carcere, e l’ex comandante della stazione, Marco Orlando.

Per il solo processo immediato l’atto d’accusa è composto da circa centomila pagine. L’indagine non ancora chiusa riguarda figure minori, ma ci sono anche gli ufficiali che avrebbero dovuto controllare. Come il maggiore Bezzeccheri e l’ex comandante provinciale Corrado Scattaretico: i pm cercano di capire eventuali coperture e responsabilità della catena di comando.

Ci sono 10 richieste di patteggiamento per detenzione ai fini di spaccio e 5 richieste di rito abbreviato nelle istanze che, il 29/3/2021 sono state presentate al gup di Piacenza dagli avvocati degli imputati dell’inchiesta sulla stazione ‘Levante’.

Le richieste di patteggiamento riguardano i civili, quasi tutti pusher stranieri (che spacciavano anche per gli sbirri), mentre le richieste di rito abbreviato sono state presentate dai difensori dei 5 cc arrestati, tre dei quali erano presenti il 29/3 nell’aula allestita in via straordinaria dentro al quartiere fieristico di Piacenza Expo: Giuseppe Montella, giunto dal carcere scortato dalla polizia penitenziaria, Daniele Spagnolo e Marco Orlando, ancora agli arresti domiciliari.

Il 29/3 lo sbirro Esposito ammette: Io ho sempre lavorato facendo ciò che mi veniva chiesto senza mai commettere illegalità (la prassi era quella di firmare senza guardare quello che firmavo)”. Esposito dichiara inoltre che: “La macchina degli arresti non si doveva fermare mai e non doveva avere intoppi di alcun genere. Ma come potevo mai pensare che atti convalidati da un comandante di stazione e da un maggiore potessero essere falsi o illegali?”.

I pm, durante gli interrogatori, non gli hanno creduto, sostenendo che avrebbe dovuto insospettirsi per come venivano gestiti gli arresti.

L’indagine avrebbe scoperchiato anni di illegalità. Sotto la lente sono infatti finiti presunti reati commessi a partire dal 2017. Tutto è nato da un’indagine sul traffico e lo spaccio di stupefacenti, che vedrebbe fra i suoi esponenti di spicco un graduato dei cc, in servizio presso la stazione Piacenza Levante che, sfruttando la sua divisa avrebbe gestito un’attività di spaccio attraverso pusher di sua fiducia. L’agente inoltre, li avrebbe agevolati nella compravendita di grandi quantità di droga garantendo protezione in cambio di un tornaconto economico. Nelle trecento pagine di ordinanza sono descritti anche “arresti completamente falsati e perquisizioni arbitrarie”. “Non vi era solo l’obiettivo di procacciarsi la sostanza stupefacente, ma anche di sembrare più bravi degli altri”, dimostrando un alto numero di persone arrestate. “Peccato (ha precisato il pm) che questi arresti si basavano su circostanze inventate e falsamente riferite al pubblico ministero di turno”.

Vittime di brutali pestaggi erano, secondo gli inquirenti, soprattutto gli spacciatori che non volevano collaborare ed entrare nella rete clandestina di gestione della droga nel quartiere che, secondo le accuse, i militari avevano creato.

Sono stati sequestrati al graduato dell’arma: una villa con annessa piscina, un’auto, una moto e 24 conti correnti.

Secondo l’accusa ci sarebbero anche certificazioni fornite da un carabiniere in modo da consentire a spacciatori piacentini di raggiungere Milano per rifornirsi di droga durante il lockdown.

Commentando quanto emerge dall’inchiesta, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini parla di “accuse gravissime rispetto a degli episodi inauditi e inqualificabili. Fatti inaccettabili”.

Per la procuratrice Pradella è inquietante: “come sia stato possibile che un appuntato dei carabinieri con un atteggiamento in stile Gomorra abbia acquisito tutto questo potere”. La procuratrice ha citato in particolare un’intercettazione: “Il malavitoso dice: hai presente le scene di Gomorra, guarda che è stato uguale, tu devi vedere gli schiaffoni che gli ha dato”.

Un uomo a terra scalzo, il sangue che gli cola dal naso e che macchia quello che sembra il pavimento di un cortile. È racchiusa in questa immagine che sembra giungere da lontano, da carceri irachene in piena guerra, l’accusa di tortura contestata a un gruppo di cc a cui la procura di Piacenza contesta una lunghissima serie di reati (dalla ricettazione al falso, dal traffico e spaccio di droga al peculato e poi lesioni, violenza privata, perquisizioni e ispezioni personali, arresto illegali, estorsione).

L’inchiesta è coordinata dal neo procuratore della Repubblica Grazia Pradella ed è durata 6 mesi, durante i quali è stato utilizzato anche il trojan informatico per captare spostamenti e discussioni delle persone coinvolte.

“I carabinieri tenevano altri comportamenti sopra le righe, come organizzare festini a base di stupefacente, dove sfruttavano diverse prostitute e un transessuale che abitava a Piacenza.

Ma non solo esisteva in caserma, una sorta di nascondiglio della droga (chiamata la scatola della terapia) dove i complici potevano prendere la droga.

Uno degli arresti illegali risale al 27/3/2020: c’è stato un pusher percosso “in modo violento” nonostante avesse ancora “le manette alle mani”. C’è poi il caso di un altro spacciatore a cui viene consegnato un documento con timbro ufficiale per poter “uscire fuori Regione” durante l’emergenza covid e recuperare la droga. “Piacenza stava ancora contando i suoi morti per coronavirus” (arma batteriologica), ha dichiarato Pradella, “e questo signore firma e controfirma un’autocertificazione per permettere allo spacciatore di muoversi verso la Lombardia”. Tutti gli illeciti più gravi “sono stati commessi nel lockdown”, aggiunge il procuratore, “con il più totale disprezzo dei decreti emanati dalla presidenza del consiglio”.

Il comandante di stazione, invece, “era presente in caserma quando si sono verificati gli episodi di presunte torture e percosse” e avrebbe “partecipato ai falsi arresti”. Gli indagati sono accusati a vario titolo di peculato, abuso d’ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, lesioni personali aggravate, arresto illegale, perquisizioni ed ispezioni personali arbitrarie, violenza privata aggravata, tortura, estorsione, truffa ai danni dello stato, ricettazione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.

Le indagini patrimoniali hanno evidenziato un tenore di vita che mai avrebbe potuto essere appartenente all’arma” ha detto la pm Grazia Pradella nel corso della conferenza stampa. “La figura di spicco come spacciatore era sicuramente un appuntato”, ha spiegato la pm.

Quella degli sbirri spacciatori e truffatori (torturavano e firmavano inchieste false per ricattare e agevolare poi i loro compari P2isti), non è affatto una novità: tutto si collega al piano militare istituito negli anni ’70 (top secret) chiamato Blue Moon, guerra psicologica, attuata dalla Nato (strategia della tensione, piano militare anticomunista fatto di colpi di stato e stragi di stato, come Piazza Fontana), nel periodo della guerra fredda, per annientare l’opposizione sociale (Anarchici e comunisti).

L’operazione Blue Moon era un’operazione sotto copertura, messa in atto dai servizi segreti della Nato, finalizzata a diffondere l’uso di droghe pesanti, in particolare l’eroina, tra i giovani attivisti dei movimenti giovanili di contestazione, in modo da renderli dipendenti e distoglierli dalla lotta politica. La strategia si attuò mediante una sapiente operazione di “lancio”: dapprima vennero tolte dal mercato clandestino tutte le altre droghe allora diffuse (in particolare marijuana, hashish e amfetamine), all’iniziò ci fu una capillare diffusione di piccole dosi di eroina vendute a bassissimo prezzo, così da indurre i consumatori (in particolare giovani e giovanissimi del post-’68) a passare alla nuova sostanza, sfruttando anche la diffusa ignoranza sui gravissimi effetti collaterali in termini di dipendenza psicofisica che essa comporta. Gli esiti sociali di questa operazione furono un aumento vertiginoso del numero dei tossicodipendenti e delle morti da overdose: il numero degli eroinomani passò da zero nel 1970 agli oltre 300.000 nel 1985. Questa guerra non ortodossa, per l’Europa occidentale, la portò avanti l’Aginter Press di Lisbona, organizzazione parallela dei servizi del Patto atlantico che operava in funzione anticomunista (organizzazione occulta come la P2). In Italia l’uomo di collegamento con la CIA per l’operazione Blue Moon era Ronald Stark: agente segreto, persona enigmatica, amico personale di Timothy Leary, molto vicino ai gruppi pacifisti americani, che riforniva di grandi quantità di LSD, e per questo usato molto spesso come infiltrato”.

Al tempo stesso si parla di come all’epoca fu condotta una guerra mediatica contro le droghe leggere, in primis la Marijuana, accompagnata da un totale silenzio sull’eroina, di cui non si conosceva la forte e rapida insorgenza di dipendenza nei consumatori.

Sorge il dubbio che per la situazione europea, molto calda e pericolosa, abbiano optato per una droga come l’eroina, che non solo stende l’avversario, ma addirittura lo corrode fino ad arrivare, in certi casi, ad ammazzarlo.

 

E del Generale dei carabinieri di Bergamo che spacciava, ce ne siamo già dimenticati??

Il 12 luglio del 2010 il generale Ganzer e altri 13 cc, sono stati condannati in primo grado a pene varie fino a 18 anni di reclusione. Quel bastardo e pezzo di merda del generale dei carabinieri Ganzer è stato condannato a 14 anni “per aver costituito un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, al peculato, al falso e ad altri reati, al fine di fare una carriera rapida”. Le condanne si riferiscono a singoli episodi commessi nel corso di alcune importanti operazioni antidroga compiute «sotto copertura» dal Ros tra il 1991 e il 1997.

Il generale Giampaolo Ganzer «non si è fatto scrupolo di accordarsi» con «pericolosissimi trafficanti». È quanto si legge nelle motivazioni della condanna a 14 anni per il comandante del Ros nel processo per presunte irregolarità nelle operazioni antidroga. Nelle oltre 1.100 pagine di motivazioni, i giudici dell’ottava sezione penale di Milano, presieduta da Luigi Caiazzo, descrivono il generale come un uomo dalla «personalità preoccupante» che «non ha minimamente esitato (…) a dar corso a ‘operazioni antidroga’ basate su un metodo di lavoro assolutamente contrario alla legge, ripromettendosi dalle stesse risultati d’immagine straordinari per se stesso e per il suo Reparto». Ganzer, si legge sempre nelle motivazioni della sentenza, «non si è fatto scrupolo di accordarsi (…) con pericolosissimi trafficanti, ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia chili di droghe pesanti e ha loro garantito l’assoluta impunità».

I giudici milanesi motivano la mancata concessione al generale delle attenuanti generiche in quanto Ganzer è capace «di commettere gravissimi reati per raggiungere gli obiettivi ai quali è spinto dalla sua smisurata ambizione». Il 12/7/2010, oltre a Ganzer, i giudici hanno condannato altre 13 persone (a pene variabili dai 18 anni in giù) tra cui anche il generale Mauro Obinu e altri ex sottufficiali dell’Arma. L’accusa aveva chiesto per Ganzer 27 anni di carcere, ma i giudici lo avevano assolto dall’accusa contestata dalla Procura di associazione per delinquere e lo avevano condannato per episodi singoli di traffico internazionale di stupefacenti.

Ma pensavate fosse l’unico episodio del business degli sbirri?

Nel 2009 è stata dimezzata la pena in appello per il colonnello dei carabinieri Michele Riccio, ex comandante dei Ros e della Dia genovese, accusato di aver svolto con metodi illegali indagini su traffici di stupefacenti negli anni ’80.

I giudici della prima sezione della corte d’appello lo hanno condannato a 4 anni e 10 mesi: in primo grado la pena era stata di 9 anni e mezzo.

Confermata, invece, la pena di primo grado per il maresciallo Giuseppe Del Vecchio (8 anni in continuazione di un’altra sentenza di condanna a 16 anni).

A Riccio i giudici hanno riconosciuto le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti; inoltre hanno sostituito l’interdizione perpetua dai pubblici uffici con l’interdizione per 5 anni. L’inchiesta prese avvio dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia ma si sviluppò solo nel gennaio ’96 per concretizzarsi, nel giugno ’97, con l’arresto di Riccio e dei 5 marescialli. Gli episodi contestati sarebbero avvenuti negli anni ’80. Riccio e gli uomini della sua squadra, durante indagini condotte con l’aiuto di confidenti, sarebbero entrati in contatto con trafficanti acquistando quantità di droga di cui, in certi casi, avrebbero in parte omesso la segnalazione all’autorità giudiziaria. Qualche volta avrebbero fatto risultare con atti falsi il sequestro di un quantitativo minore di quello reale per poter utilizzare la droga messa da parte per acquisire nuove soffiate. L’obiettivo, soprattutto di Riccio, sarebbe stato quello di compiere operazioni clamorose per acquisire fama ed encomi.

Intervista al Colonnello Michele Riccio, testimone del processo trattativa stato-mafia:

Luigi Ilardo

“Colonnello Riccio, ad un certo punto della sua attività investigativa, Luigi Ilardo (foto sopra), suo confidente, le riferì notizie sullo scenario politico che andava delineandosi. Lei le ha rese note deponendo al processo trattativa stato mafia: Nel ’94, nel corso di una riunione a Caltanissetta, fu comunicata ai capimafia locali la strategia di Bernardo Provenzano: tornare a un vertice unitario di Cosa nostra, far cessare la violenza e appoggiare Forza Italia con cui si era stabilito un contatto tramite un personaggio insospettabile che era nell’entourage di Berlusconi. In cambio, Cosa nostra avrebbe avuto dei vantaggi anche normativi”.

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Pietro Rampulla, dopo aver militato per un certo tempo nella destra extraparlamentare, sviluppò una vera e propria passione per gli esplosivi che, in breve tempo lo condusse ad essere un esperto nel realizzare sofisticati ordigni esplosivi con attivazione anche a distanza. Lui era uno degli artificieri della strage di Capaci. Lo aveva presentato Riccio tempo prima ai vertici di Cosa nostra a Palermo, dove aveva dato dimostrazioni delle sue capacità. Ma quando Rampullo fece un accenno all’esistenza di quel connubio di ambienti politici istituzionali deviati che, col supporto dei servizi segreti, della massoneria e della destra eversiva aveva, negli anni ’70, promosso le stagioni dei golpe e delle stragi di stato e ora, con l’apporto della criminalità organizzata di tipo mafioso, le stragi e gli attentati degli anni ’90, destò ancora di più squallore e sospetti contro le forze dell’ordine (disordine – massomafia – P2).

Dal 1972, per 3 anni il generale Mario Mori svolge a Roma il servizio presso il SID (servizio segreto occulto: doppio Sid).

Il 27/10/2010 gli ambienti investigativi confermarono la notizia dell’iscrizione del generale Mori nel registro degli indagati della Procura di Palermo per l’ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa. Il 24/7/2012 il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e i sostituti Antonino Di Matteo, Lia Sava e Francesco Del Bene, in riferimento all’indagine sulla trattativa Stato-mafia, firmano la richiesta del rinvio a giudizio nei confronti di Mori e di altri 11 indagati, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa e violenza o minaccia a corpo politico dello stato. Gli altri imputati sono i politici Calogero Mannino, Marcello Dell’Utri, gli ufficiali Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, i boss Giovanni Brusca, Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà e Bernardo Provenzano, il collaboratore di giustizia Massimo Ciancimino (indagato anche per calunnia) e l’ex ministro Nicola Mancino. Il 7 marzo 2013 il GUP Piergiorgio Morosini rinvia a giudizio 10 imputati, tra i quali il gen. Mario Mori.

Il generale dei servizi segreti Mario Mori e il colonnello Riccio furono condannati in primo grado a 12 anni per la trattativa stato-mafia.

L’ombra dei servizi segreti aleggia su tutti i casi relegati alla voce “misteri italiani”. Il rapimento di Moro, i legami con la banda della Magliana, Cosa nostra, le telefonate della Falange armata dagli uffici del Sismi, sono solo alcune delle vicende che hanno interessato la presenza dei servizi in posizioni tutt’altro che chiare…

Ma non è finito qua il vecchio vizio degli sbirri:

A Roma il 21/3/2021 sono stati arrestati tre ex carabinieri, espulsi dall’Arma nel 2016 perché ritenuti responsabili di traffico di sostanze stupefacenti. Fu individuato inoltre un garage nella disponibilità di uno dei militari all’Infernetto, dove gli sbirri nascondevano grosse quantità di droga per spacciare.

Servizi Segreti Operazione “Blue Moon” la storia che nessuno racconta.

4 novembre festa delle forze armate…Cos’è il Field Manual FM 30-31B imposto dal Pentagono?

https://ricercatorisenzapadroni.noblogs.org/page/4/

Iniziato il processo agli sbirri spacciatori e terroristi!

Iniziato il processo agli sbirri spacciatori e terroristi!

Abbiamo ascoltato stamattina con entusiasmo il programma sulle forze del disordine e i movimenti degli anni ’70, redatto dai compagni di radio iperico che volevamo ringraziare per il bellissimo lavoro e impegno che ci trasmettono ogni sabato mattina!

Solidarietà a tutti gli Anarchici arrestati ingiustamente dagli sbirri terroristi e massomafiosi: prima o poi pagheranno caro!! Pagheranno tutto!

 

Quando la Patria chiama…

rispondi signorno!

(striscione di una manifestazione)

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)

Pablo Hasel: quando la libera espressione è (per la dittatura militare) un grave reato…

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Il 3 marzo i mass media scrivono che i 6 italiani anarchici, arrestati sabato nella città catalana sono stati giudicati oggi a Madrid da un giudice di Barcellona che ha ordinato la custodia cautelare. I compagni anarchici sono stati accusati di “tentato omicidio” di aver dato fuoco a un furgone dei vigili urbani con un agente dentro, rimasto però illeso (a quanto pare gli hanno dato il tempo di scappare, altro che omicidio…). Tutto questo è successo Sabato durante le proteste per l’arresto del rapper Pablo Hasel. Complessivamente sono stati arrestati in otto: 6 sono italiani, uno è francese e uno spagnolo, tutti maggiorenni. Cinque sono uomini, tre sono donne. I compagni anarchici sono stati accusati oltre che di tentato omicidio, anche di “appartenere a un gruppo criminale” (per appesantire la pena, si sono inventati anche questo, per umiliarci, gli hanno affibiato anche l’accusa infamante di appartenere a un gruppo criminale, quando invece noi anarchici siamo per la maggior parte individualisti, appunto perchè non ci fidiamo di nessuno, siamo malfidenti: la Storia insegna…) e di aver “fatto danni” durante una “manifestazione proibita” e “di aver provocato disordini pubblici”, eppure i disordini pubblici li hanno creati loro, arrestando ingiustamente Pablo Hasel…

Sabato sera 4.000 attivisti avevano manifestato a Barcellona nell’ambito delle proteste che da due settimane infiammano la Catalogna e altre zone della Spagna dopo l’arresto del rapper 33enne Pablo Hasel, condannato per “apologia di terrorismo e ingiurie contro la monarchia”….

Un piccolo gruppo di manifestanti ha eretto barricate e ha danneggiato negozi di lusso, uffici, sportelli bancari e un hotel di lusso.

Ma andiamo nello specifico: il 17 febbraio i mass media scrivono che a Madrid e a Barcellona, c’è stata una guerriglia urbana con molte cariche violente della polizia. Le proteste nascono per il rapper Pablo Hesel che viene arrestato e condannato il 16 febbraio, a 9 mesi di carcere, solo per i tweet e le canzoni in cui criticava la famiglia reale spagnola (per aver attivato una dittatura ancora in atto) e le forze dell’ordine troppo violente, che usano sistematicamente metodi fascisti. Le accuse per lui sono: “glorificazione del terrorismo e insulti alla monarchia”.

Ci sono state 43 persone arrestate in quei giorni e 9 feriti.

Negli incidenti a Barcellona una donna avrebbe perso un occhio a causa di un proiettile di gomma sparato dalla polizia. Secondo i media spagnoli, alcuni manifestanti, dopo un inizio pacifico della protesta a Madrid con canti e slogan, sono stati attaccati con violenza dalle forze del disordine, così per reazione, hanno tentato di infrangere vetrine di negozi di lusso sulla piazza.

La situazione dell’automezzo isolato preso di mira dai manifestanti, per cui sono stati arrestati 6 compagn* italian* ora accusat* di tentato omicidio (!!!???), ricorda molto quella dove è stato ucciso Carlo Giuliani: un mezzo “casualmente” isolato tra la folla di manifestanti brutalmente provocati dalle stesse forze del disordine, che poi passano per “vittime”. Una casualità o un’esca diabolica? Una conseguenza della confusione o una vera e propria trappola studiata a tavolino dal Gianni De Gennaro spagnolo per incolpare/annientare/ammazzare gli antagonisti, i ribelli, gli anarchici, insurrezionalisti o come vogliano etichettarci? Chiamateci come vi pare, siamo solo esseri (rimasti) umani che lottano per la libertà nostra e di chi verrà dopo di noi, per una vita migliore, come fecero Sacco e Vanzetti in America, i partigiani anarchici e rossi durante la guerra, o come Gaetano Bresci contro il re tiranno, Pino Pinelli contro lo stato repressivo e stragista, Sole e Baleno contro le speculazioni criminali, le devastazioni ambientali senza scrupoli e la militarizzazione della loro terra.

A proposito di perfide esche: vi ricorderete di Maurizio Laudi, il magistrato che condannò Sole e Baleno come terroristi, senza accorgersi minimamente delle manovre massomafiose della Tav e della Valsusa? Lui è morto di infarto nel 2009, ma in Brianza, tra Monza e Lecco, ci sono i suoi più stretti parenti che hanno una fabbrica, la REAL WINNER; indovinate cosa producono? Esche artificiali per la pesca: “buon sangue” non mente…

Sole e Baleno, come Pinelli, uccisi dallo stato per coprire intrecci P2isti massomafiosi

Il rapper catalano Pablo Hasel è stato arrestato martedì all’interno dell’università di Lleida, dove si era barricato per sfuggire all’incarcerazione, ma anche per attirare l’attenzione sul suo caso, dove era diventato protagonista di un acceso dibattito sulla libertà di espressione.

Ma andiamo ad analizzare la Spagna a livello geopolitico:

La Spagna fa parte anche lei della Nato (patto Atlantico anticomunista 1949) dal 1982, e dell’ Europa dal 1986. Ancora oggi sono sottomessi al potere della monarchia parlamentare…

Dagli inizi del XVI secolo fino al secondo decennio del XIX secolo circa, la monarchia spagnola è stata a capo di un vasto impero coloniale, che si estendeva in 5 continenti (Filippine, Messico, Paesi Bassi, Stretto di Magellano, Ducato di Milano) e di 4 casate: quella di Borgogna, Austria, Aragona e Castiglia.

Nel luglio 1936 ebbe inizio la guerra civile spagnola, per opera delle forze nazionaliste ostili alla Repubblica, guidate dal generale Francisco Franco, le quali uscirono vittoriose grazie anche all’appoggio della Germania nazista e dell’Italia fascista.

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La guerra civile durò tre anni e causò la morte di oltre mezzo milione di persone.

La Spagna di Franco si dichiarò neutrale durante la seconda guerra mondiale, ma mantenne un rapporto di sintonia con le potenze dell’Asse. L’unico partito legale sotto il regime franchista, fu la Falange Española Tradicionalista y de las Juntas de Ofensiva Nacional Sindicalista, formatosi nel 1937. Il partito era anticomunista, cattolico e nazionalista. Più tardi il partito fu ribattezzato in Movimiento Nacional. Alla morte di Franco, avvenuta nel novembre 1975, Juan Carlos divenne re di Spagna e capo di stato. Nei Paesi baschi, il nazionalismo moderato basco ha convissuto con un movimento radicale nazionalista guidato dall’organizzazione armata ETA. Il gruppo si è formato nel 1959 durante il regime di Franco, ma ha continuato a condurre la sua violenza anche dopo il ripristino della democrazia. L’11 marzo 2004 ci fu un attentato terroristico che colpì alcuni treni pendolari di Madrid. L’atto terroristico fece 191 morti e 1800 feriti (Patto atlantico: Strategia della tensione). Lo scopo dell’attentato era quello di influenzare l’esito delle elezioni generali del 2004 avvenute 3 giorni dopo, che portarono alla vittoria del PSOE, guidato da José Luis Rodríguez Zapatero. La principale religione in Spagna è sempre stata la religione cristiana.

Secondo la Costituzione del 1978, la Spagna è una monarchia ereditaria parlamentare, dove il re ha un ruolo di rappresentanza, ma anche di garante della democrazia e dell’unità del Paese. Le prime elezioni democratiche dopo il franchismo si tennero il 15/6/1977, e furono vinte da un partito politico di centro, l’Unione del Centro Democratico (UCD), presieduto da Adolfo Suárez. Il sistema politico è basato sul multipartitismo, ma da tempo due sono i partiti dominanti: il Partito Socialista Operaio Spagnolo (di centro-sinistra) e il Partito Popolare (di centro-destra) che si alternano il potere (magna magna) attraverso elezioni politiche, democratiche.

Ora vi proponiamo un video su cosa è stata la guerra della rivoluzione Spagnola nel 1936

prodotto dal “Centro studi libertari – archivio G. Pinelli” di Milano, intitolato:

Spagna 1936 L’UTOPIA SI FA STORIA

https://www.youtube.com/watch?v=1nG4ym7NyFc

A proposito di massomafia e dei loro miliardari business sovvenzionati dallo stato:

Ma chi sono i veri terroristi massomafiosi? I politici italiani stragisti, che firmarono il patto Atlantico anticomunista nel 1949 (che comprendeva la strategia tella tensione fatta di stragi e colpi di stato per non far entrare la sinistra al governo), o noi Anarchici, utopisti e sognatori che crediamo nell’uguaglianza sociale e lottiamo contro i poteri forti, che combattiamo contro le speculazioni e l’arroganza statale e militare degli sbirri, anche se ci mettono in galera al primo soffio di ribellione e azione diretta? Noi, o loro: i politici e il governo, che rubano miliardi di euro per togliere il futuro a noi disoccupati, lavoratori sfruttati e studenti, per ridurci senza diritti e in miseria come al tempo dello schiavismo?

Vi mandiamo due video interessantissimi sugli sprechi dello stato cattosinistroide e il magna magna che c’è ancora oggi, sulle industrie di stato come Alitalia, e i sovvenzionamenti statali donati alla Piaggio per costruire i droni armati per l’aereonautica militare, tutti miliardi che vanno alle forze militari per costruire armi e incentivare repressione, conflitti e guerre. E noi siamo qua disperati (incazzati) senza futuro. Noi ci ritroviamo senza futuro e loro rubano e mangiano (rimanendo impuniti) miliardi di euro di soldi pubblici, come i 220 miliardi affidati al massone Mago Draghi per l’emergenza: ma dove sono spariti? Se so’ magnati già tutto? Per non parlare di quella faccia di merda, faccia tosta, di quello scautino mediocre e arrogante di Renzi che pensa ancora di prenderci per il culo, con le sue tante, troppe parole prestampate!

Allacciate le cinture – Report – 30/11/2020

Grandi opere, grandi disastri. Due parole sulla T.A.V.

Grandi opere, grandi disastri. Due parole sulla T.A.V.

Roma criminale (la Banda della Magliana) -Atlantide- 3/3/2021

[Questi sono i veri criminali, quelli che si son fatti comprare dai servizi segreti, e hanno comprato i politici, i finanzieri, i prelati e i militari…]

https://www.la7.it/atlantide/rivedila7/atlantide-roma-criminale-puntata-del-0332021-04-03-2021-368224

A proposito di spreco di denaro pubblico:

In Calabria ci sono ospedali nuovi e abbandonati, lasciati a marcire: chi ci ha speculato? Chi ha interesse a non utilizzarli?

Dove spariscono gli 800 milioni di euro all’anno per la manutenzione degli ospedali calabresi? Chi si mangia tutti quei soldi: mammasantissima o la massomafia?

L’inchiesta delle Iene del 2 marzo 2021, parla anche degli ospedali da incubo che cadono a pezzi: i soldi ci sono, ma spariscono subito! Chi si distribuisce 800 milioni per poi lasciare gli ospedali pubblici a marcire? ‘Le iene’ sono andate a visitare due strutture: una a Locri e l’altra a Polistena (anche se lo stesso problema lo abbiamo anche al nord, ma non vogliono ammetterlo, quindi occultano), che fanno capo all’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria.

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Hanno visitato corsie con soffitti che cadono, Tubi marci con infiltrazioni d’acqua, ma anche ascensori che non funzionano e porte d’emergenza che non si aprono. Qui però ci sono anche responsabili che cambiano in continuazione (per farla da furbi), per cui è difficile fissare le responsabilità, e le inchieste sono ritenute “rognose”, come dicono quelli del Palazzo di giustizia (meglio non indagare…).

Tutto questo costa 800 milioni di euro all’anno per 460 posti. Il Policlinico privato di Milano invece, per il doppio dei posti, costa la metà. Dove sono finiti tutti questi soldi?

Gaetano Pecoraro lo ha chiesto al direttore dell’Asl, che tra l’altro è sia direttore generale che sanitario della stessa struttura (a umma umma). Una doppia carica che non potrebbe avere. Lasciano marcire gli ospedali pubblici non solo per specularci ma anche per privatizzarli e venderli al potere privato del Vaticano. E’ questo il problema: la privatizzazione del pubblico svenduto al privato, ai cattolici e alla loro banca mondiale (IOR e Monte dei Paschi).

https://www.iene.mediaset.it/video/ospedali-incubo-malasanita-calabria-locri-ndrangheta_312480.shtml

Il 3 marzo 2021 i mass media scrivono che è stato condannato l’intero ex cda dell’ospedale Galliera presieduto dall’ex arcivescovo di Genova card. Angelo Bagnasco, per aver creato un danno erariale allo stato nella valutazione dell’acquisto del nuovo bar dell’ospedale Galliera.

Il bar all’interno dell’ospedale era stato valutato 450 mila euro e pagato 300 mentre la quotazione di mercato, stabilita dalla Corte dei Conti, lo aveva valutato 100, al massimo 150 mila euro.

La Procura Regionale della Corte dei Conti ha chiesto la condanna, ritenendo che il bar pagato a caro prezzo con soldi pubblici, al momento dell’acquisto “poteva essere inutile”.

Un bar che è stato pagato 150 mila euro in più. La magistratura contabile oltre al cardinale Bagnasco, indaga anche chi, in quella seduta aveva formalizzato la compravendita (il magna magna della massomafia): il vice presidente del cda Giuseppe Zampini, allora Ad di Ansaldo Energia; Luca Beltrametti, professore ordinario di Economia all’Università di Genova; Andrea Iunca, ex Priore del Magistrato di Misericordia; il direttore generale del Galliera Adriano Lagostena; l’avvocato Ernesto Lavatelli; l’ex direttore sanitario del Galliera Giuliano Lo Pinto; Luca Parodi, dirigente della Regione; Pietro Pongiglione, ex presidente dell’ospedale Gaslini; l’ex Prefetto Giuseppe Romano; l’ingegnere Ugo Salerno, Ad del Rina; l’ingegnere Lorenzo Serra; Roberto Tramalloni, direttore sanitario della clinica Montallegro; l’ex assessore comunale Paolo Veardo e il docente di Economia Roberto Viale.

Potere capitale – Report – 23/11/2020

https://www.youtube.com/watch?v=dmbZ-GkeMhI&t=682s

Report – Intoccabili

https://www.youtube.com/watch?v=9Z8KRZYy2Pw

Solidarietà ai compagni anarchici arrestati in Spagna

La mafia è nello stato, nei carabinieri e nella polizia: i veri terroristi sono loro!

 

Noi, che paghiamo un caro prezzo per ogni soffio

di aria pura e fresca, dobbiamo stare in guardia

contro la tendenza a incatenare il futuro.

Emma Goldman

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)

I danni e le torture disumane della psichiatria

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Sabato 13 febbraio 2021 c’è stato a Bergamo un evento per ricordare la morte di Elena Casetto, una ragazza di 19 anni morta il 13 agosto 2019, perchè legata e carbonizzata in un incendio divampato nel reparto di psichiatria dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. L’evento è stato organizzato dal Comitato Città libere da contenzione di Bergamo: “Per non dimenticare”. All’evento hanno partecipato numerose associazioni che operano nell’area della salute mentale e dei diritti umani. Obiettivo dell’incontro è promuovere l’impegno delle istituzioni affinché dalla morte di Elena prenda avvio un cambiamento nella presa in carico delle persone con problemi, causati dal contesto e disagio sociale. Perché la pratica della contenzione è una tortura vera e propria attuata per schiacciare la dignità dell’essere umano, è un atto inumano e degradante per chi lo subisce, bisogna lottare perchè sia abolita la contenzione come soluzione alle problematiche e ai traumi sociali.

Ma andiamo sullo specifico per spiegare il problema.

La psichiatria è un potere che opprime e tortura le persone che hanno bisogno di un supporto psicologico, e in pochi decidono di mettere in discussione questo potere…

La ragazza aveva dato segni di depressione nel contesto sociale in cui era stata sbattuta, aveva evidenziato un istinto suicida e l’ospedale, invece di chiamare uno psicologo/a, ha risolto con gli psicofarmaci, quando lei aveva bisogno solo di qualcuno con cui confidare i suoi problemi, hanno preferito affidarla a una psichiatra e legarla ad un letto di contenzione. La contenzione come terapia per risolvere le tante problematiche sociali: quanta disumanità.

Purtroppo gli psicologi nei reparti psichiatrici non contano quasi nulla e devono ingegnarsi per seguire, privatamente, le persone che molto spesso hanno avuto delle violenze fisiche o psicologiche, oppure delle delusioni o traumi sociali, dovuti alle condizioni e al contesto sociale.

Nelle strutture psichiatriche, ancora così chiuse e occulte, bisognerebbe far entrare almeno i familiari, per accudire i pazienti in stato di bisogno, invece preferiscono tenere tutto nascosto. Bisognerebbe far entrare gli psicologi e i filosofi, invece preferiscono risolvere il problema sociale con gli psicofarmaci per annientarli, come ai tempi del fascismo, dove la cultura era accessibile a pochi e l’etica, il sentimento e la morale non sapevano cosa farsene. Oggi come allora vengono etichettati come matti i dissidenti (come il compagno anarchico Mastrogiovanni), che si ribellano al regime dittatoriale fascista, poi vengono rinchiusi nei manicomi.

Anche i testimoni di mafia (massomafia) sono stati etichettati come malati mentali, è un metodo per eliminare chi aveva il coraggio di evidenziare le speculazioni, l’arroganza e le tante ingiustizie sociali che in questo mondo disumano e crudele devi subire…

Il 30 dicembre 2020 i mass media scrivono il risultato della sentenza di cassazione su quanto accaduto il 13 agosto 2019 a Elena Casetto, una ragazza di 19 anni. La ragazza morì bruciata nella stanza dove era ricoverata: legata a un un letto, a causa di alcuni disturbi psicologici (traumi) per i quali era stata ricoverata.

Secondo quanto ipotizzato dal pubblico ministero Letizia Ruggeri, 40 anni, di Lissone (Milano) a uccidere Elena sarebbero stati i fumi, i vapori bollenti e lo shock termico.

Il rogo all'ospedale Papa Giovanni

Una morte atroce quella della 19enne che, nonostante la giovane età, aveva trascorso dei momenti piuttosto difficili che l’avevano portata anche a un tentativo di suicidio. Nata a Milano, aveva anche la cittadinanza brasiliana, nazionalità della madre. Il padre della ragazza, italo-svizzero, era morto nel 2012 mentre la 19enne cresciuta in Brasile, a Salvador de Bahia, dove aveva studiato, era tornata poi in Italia.

Secondo la procura di Bergamo, la ragazza servendosi di un accendino, avrebbe dato fuoco al letto dov’era stata poco prima contenuta (legata) dal personale infermieristico.

Elena era una ragazza come tante altre della sua età che sognava un mondo equo, un mondo diverso più comprensivo e sentimentale, invece ha dovuto confrontarsi con un mondo crudele, disumano, classista e competitivo. Elena scriveva poesie e sognava di studiare filosofia a Londra. Elena era una ragazza giovane che chiedeva aiuto per il suo dolore, invece è morta carbonizzata in un letto, sola, imbottita di psicofarmaci, legata mani e piedi, in una stanza chiusa a chiave (peggio di così…).

Il 13 agosto 2019, dopo che il personale medico le aveva tolto la libertà, ha provveduto anche a mettere in atto le procedure (torture) di contenzione nei confronti dell’utente Elena, lei dalla disperazione per non essere capita si è data fuoco al letto e a se stessa con un accendino.

Le indagini hanno condannato due operatori dell’antincendio, portando a giudizio l’ultimo anello più debole, di una catena di responsabilità che hanno portato alla morte di Elena. In qualche modo legittimando tutti i passaggi precedenti di crudeltà usati per schiacciare la personalità e la dignità della ragazza in stato di bisogno.

Elena era stata legata al letto perchè si stava ribellando al metodo disumano usato nel Tso dall’équipe del reparto e aveva avuto momenti di agitazione, secondo i medici che avevano definito così il suo disagio sociale. La ragazza era stata legata mani e piedi, fissata al letto con una fascia toracica e sedata, dopo che era stata trovata che tentava il suicidio stringendosi un lenzuolo attorno al collo.

Sembra impossibile e inaccettabile, che operatori della salute, possano rispondere alla sofferenza, ad una richiesta di aiuto (quale è un tentativo di autosoppressione), con un gesto di di violenza che toglie la libertà e i diritti e che hanno portato ad una morte atroce. Invece di accogliere, supportare e farsi carico di quella sofferenza psicologica, dargli attenzione, ascolto e comprensione, ha ricevuto solo violenza e torture fisiche e psicologiche.

La contenzione, cioè il legare, fissare, bloccare una persona in cura per impedirle il movimento volontario, viola l’art.13 della Costituzione e l’art.15 della Convenzione dei Diritti delle persone con disabilità, invece gli ospedali psichiatrici usano ancora metodi fascisti coi pazienti (con rette consistenti), che dovrebbero accudire. Eppure è una tortura ancora diffusa nella maggior parte dei sevizi psichiatrici ospedalieri italiani.

Secondo la Corte giudiziaria, la contenzione meccanica non rientra in nessuna delle categorie che definiscono l’atto medico, “trattandosi di un presidio restrittivo della libertà personale che non ha né una finalità curativa né produce materialmente l’effetto di migliorare le condizioni di salute del paziente” e che al contrario “può concretamente provocare, lesioni anche gravi all’organismo”, fino alla morte.

Ma non è finita qua: il 18 Dicembre 2020 i mass media scrivono che al Centro medico di San Patrignano di Rimini è morta una paziente, soffocata dalla fascia di contenimento che avrebbe dovuta proteggerla da una eventuale caduta. La vittima è una donna di 54 anni di origine brasiliana, residente nel ferrarese, aveva contratto e superato da poco il Covid ed era uscita da qualche giorno da uno stato di coma farmacologico, indotto dagli stessi medici. Non era in condizioni di alzarsi, ma aveva ripreso a muoversi.

Per impedirle di cadere era stata legata al letto da una cintura di contenimento, una procedura autorizzata per iscritto dal marito e autorizzata dalla costituzione fascista e dai protocolli sanitari standard. A un certo punto però, la paziente deve aver cercato di scendere dal letto e si è lasciata scivolare al di sotto della cintura, per liberarsi della costrizione che non le lasciava libertà di movimento, ma è rimasta incastrata nelle spondine laterali del letto, a mezza altezza, si è trovata con lo sterno schiacciato, da non riuscire più nemmeno a respirare ed è morta.

Il certificato, redatto dal medico di San Patrignano, parla di “soffocamento”.

Ma andiamo a vedere i metodi cattofascisti che usava Muccioli per schiacciare la personalità dei giovani caduti nel tunnel delle droghe pesanti (operazione militare Blue Moon, portata avanti anche come business dalla mafia e dai servizi segreti).

Vincenzo Muccioli, il figlio Andrea e i Moratti

Muccioli era un imprenditore italiano che credeva come i suoi amici borghesi Moratti all’esoterismo (massomafia), a un certo punto fonda anche il business sui tossicodipendenti, costituendo la Comunità di San Patrignano.

Muccioli fu denunciato per i metodi violenti e repressivi, che usava sui giovani ragazzi per non farli scappare: durante i processi emerse che Muccioli incatenava i ragazzi.

Nel 1993 ci fu la rivelazione di un ex ospite, Franco Grizzardi, che raccontò i metodi cattofascisti e coercititivi che usava Muccioli per sciacciare i diritti dei giovani tossicodipendenti che erano caduti nelle droghe pesanti. Franco Grizzardi l’ex ospite di San Patrignano, ha rivelato che un ragazzo palermitano, Roberto Maranzano, dato per disperso dal 1989 dopo essersi allontanato in circostanze mai chiarite dalla comunità, in realtà era stato ucciso dagli eccessi di un pestaggio subito (prassi) nella porcilaia della struttura perché aveva alzato lo sguardo mentre si mangiava, quando invece nelle regole della comunità era proibito alzare lo sguardo mentre si mangiava. Il cadavere di Maranzano fu ritrovato poi in un secondo tempo dentro una discarica presso Napoli.

Vennero pure allo scoperto alcuni misteriosi suicidi, come quelli di Natalia Berla e Gabriele De Paola, avvenuti nella primavera dell’89, e quello di Fioralba Petrucci, risalente al giugno 1992. Tutte e tre le persone si sarebbero suicidate mentre si trovavano in clausura punitiva all’interno della comunità, gettandosi dalle finestre delle stanze in cui erano stati rinchiusi.

Il colossale business di San Patrignano è stato gestito prima da Vincenzo Muccioli, poi da suo figlio Andrea e adesso dalla massona esoterica Letizia Moratti (ale, se magna!).

 

Ma per capire meglio il problema vi consigliamo di guardare questo video: Eroina di Stato.

Servizi Segreti Operazione “Blue Moon” la storia che nessuno racconta.

https://www.youtube.com/watch?v=KXCVKNZgnu0

L’operazione “Blue Moon” non è ancora finita molti giovani stanno ancora cadendo nella trappola:

Iniziato il processo agli sbirri spacciatori e terroristi!

https://ricercatorisenzapadroni.noblogs.org/post/2020/12/27/iniziato-il-processo-agli-sbirri-spacciatori-e-terroristi/

 

Il 21 giugno 2018 i mass media pubblicano il risultato della cassazione, di un processo durato 9 anni, per la morte crudele subita dal maestro anarchico Francesco Mastrogiovanni.

Francesco Mastrogiovanni (foto Acad)

La sentenza della Cassazione, riduce la condanna per medici e infermieri coinvolti nell’omicidio di Stato. La Corte ha ritenuto responsabili i medici e gli infermieri del reparto psichiatrico del “San Luca” di Vallo della Lucania, per sequestro di persona, annullando però la sentenza d’appello per il reato di omicidio.

Francesco Mastrogiovanni di 59 anni muore il 4 agosto 2009, dopo più di 80 ore di contenzione chimica e meccanica, a seguito di un trattamento sanitario obbligatorio (TSO).

La morte fu provocata da una crisi di EPA (edema polmonare acuto). Le condanne che riguardano i medici (che sono i veri colpevoli della morte) ne vede solo due condannati (Raffaele Basso e Rocco Barone), ad un anno e tre mesi di reclusione. Altri due medici (Anna Angela Ruberto e Amerigo Mazza), sono stati condannati solo a 10 mesi, mentre è stata confermata la pena a 13 mesi per il medico Michele Della Pepa. Condannandoli a pene troppo lievi rispetto al reato che hanno commesso.

Per la morte di Mastrogiovanni sono stati condannati anche gli infermieri: a 8 mesi (Massimo Scarano, Nicola Oricchio, Giuseppe Forino, Alfredo Gaudio), a 7 mesi (Mario D’Agostino Cirillo, Antonio Tardio, Maria Carmela Cortazzo, Antonio De Vita, Raffaele Russo e Massimo Minghetti).

Al processo di primo grado gli infermieri non erano stati condannati, mentre in appello erano state ridotte le pene per i medici ed invece condannati anche gli infermieri.

Quel giorno un vigile vede passare Mastrogiovanni sulla sua Fiat Punto e chiama i carabinieri che iniziano l’inseguimento sulla litorale fino a S. Mauro del Cilento dove Francesco parcheggia e dopo aver raggiunto la spiaggia del villaggio turistico camping che lo ospita, si tuffa in mare per due ore per non farsi prendere. Chiamano anche la capitaneria di porto che invia una motovedetta, Mastrogiovanni viene circondato da terra e da mare dagli sbirri psicopatici e dai medici senza etica e nemmeno un briciolo di umanità. Il TSO a Mastrogiovanni fu firmato dal sindaco e non da un medico.

Il tenente dei vigili del comune di Pollica, Graziano Lamanna, ha riferito, sotto giuramento, che il sindaco di Pollica, gli aveva telefonato la notte precedente per dargli il comando di incastrare e fargli il Tso a Mastrogiovanni senza nessun certificato medico.

Ma perchè il sindaco cattofascista ce l’aveva con Mastrogiovanni? Forse perchè era un anarchico?

Il 20 novembre 2019 i mass media scrivono che Nicola Oricchio uno degli infermieri che ha attuato le torture disumane subite da Francesco, ha scritto una lettera alla sorella di Mastrogiovanni: “Abbiamo commesso una barbarie, non abbiamo capito la richiesta di aiuto di Francesco, strappandolo al vostro affetto. Vi esprimo la mia vicinanza”. Sono passati 10 anni dalla morte di Franco Mastrogiovanni, il maestro elementare deceduto in ospedale, dopo essere rimasto legato mani e piedi a un letto per più di 80 ore, senza essere alimentato e idratato.

Nicola Oricchio l’infermiere che doveva accudire Mastrogiovanni dichiara ai mass media che “Francesco è morto invano, perché ancora oggi nei reparti psichiatrici degli ospedali italiani gli utenti ricoverati in trattamento sanitario obbligatorio, continuano a morire a causa della contenzione meccanica”. L’infermiere ricorda così il calvario del maestro elementare: “Durante quei giorni noi mettemmo in atto una barbarie che durò dalle ore 12:30 del 31 luglio fino al 4 agosto durante la quale furono commessi una catena di errori ed una serie ininterrotta di reati gravissimi nei quali prevalsero l’inerzia, la sciatteria e il lassismo. Fu sconfitta l’umanità della parola rinunciando al compito di una psichiatria umana e civile. Così concorremmo a uccidere Mastrogiovanni e io mi ritrovai a essere un omicida”.

Grazia Serra la nipote di Franco Mastrogiovanni dichiara ai mass media: “il 30 luglio 2009 mio zio Francesco Mastrogiovanni morì di fame e di sete, legato a un letto d’ospedale, io non capisco tutta quella disumanità subita da mio zio, una persona buona e innocua”.

“Mio zio è rimasto legato a quel letto per più di 87 ore, perché lo hanno tenuto così per un po’ anche da morto. Non lo hanno alimentato. Il personale del reparto lasciava il vassoio col cibo lì accanto al letto, ma lui, essendo legato, non poteva muoversi. Dopo qualche ora, gli toglievano quel vassoio, anziché aiutarlo a mangiare”.

La psichiatria è un business statale, la retta per gli utenti è cara e varia dai 2000 ai 3000 euro al mese, ecco perchè vengono discriminate facilmente le persone, ecco perchè non risolvono con un supporto psicologico, perchè renderebbe meno della psichiatria, anche se più utile per le persone che chiedono aiuto.

La morte di Francesco Mastrogiovanni 1/2

 

Vi consigliamo di consultare anche il sito del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa:

https://artaudpisa.noblogs.org/

 

Eliminiamo gli sbirri e la psichiatria!

Solidarietà ai compagni Anarchici arrestati.

Basta galere!

 

Non sono i delitti punibili dalla legge quelli a cui

bisogna imputare i peggiori mali del mondo.

Sono i torti legalizzati, i crimini che godono

di impunità, giustificati e protetti

dalle leggi e dal governo.

A. Berkman

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)