Sbirri P2isti massomafiosi: peggio della mafia analfabeta!

Il 29 marzo c’è stata l’udienza per Giuseppe Montella (ritenuto il capo del gruppo di sbirri), l’appuntato della caserma Levante di Piacenza arrestato insieme ad altri 5 carabinieri per gravi reati come traffico di droga, tortura e estorsione nell’estate del 2020, nell’inchiesta ‘Odysseus’ che ha portato anche al sequestro dell’intera stazione dell’arma dei carabinieri: mai successo in Italia!

L’appuntato Giuseppe Montella ( 2° da sinistra) ha fatto dichiarazioni spontanee in videocollegamento dal carcere di Verbania con l’aula a porte chiuse del tribunale di Piacenza, dove prosegue il processo abbreviato.

L’udienza è proseguita con l’interrogatorio del maresciallo Marco Orlando, ex comandante della stazione, anche lui imputato.

“Tutto quello che si faceva là dentro (dice Montella, in un’interrogatorio del 20/8/2020), tutti lo sapevano. Il racconto quindi prosegue e diventa un atto d’accusa contro altri 4 carabinieri, Salvatore Cappellano, Angelo Esposito (l’unico che ha scelto il rito ordinario), Giacomo Falanga e Daniele Spagnolo e, soprattutto, contro il comandante di stazione Marco Orlando. “Tutti lo sapevano (ribadisce l’appuntato 37enne originario di Pomigliano d’Arco) che quando si facevano arresti grossi si diceva: teniamo qualche grammo da dare.. e per comperare…”.

Sulle violenze agli arrestati, Montella racconta invece di schiaffi e botte, ma respinge l’accusa di pestaggi sistematici. Ma proprio le presunte torture sono tra gli episodi più pesanti finiti a processo e sui quali difese e accusa dovranno confrontarsi non appena entrerà nel vivo la discussione.

La Stazione Levante non esiste più. Hanno voluto chiuderla per far dimenticare in fretta (le contraddizioni), anche alla gente comune: i pestaggi e le torture, le violenze bestiali e lo spaccio di droga, di ruberie e festini con le prostitute che si facevano all’interno della caserma dei carabinieri (P2). C’è da cancellare la vergogna della banda in divisa accusata di aver trasformato gli uffici di via Caccialupo in un covo di criminali, anche se la targa d’ottone non è ancora stata sostituita, per ora è ancora coperta da un foglio di carta.

Il nuovo capitano della caserma dei carabinieri di Piacenza si chiama Giancarmine Carusone (Cocò, Cucuzzo e Cacamucazz), ha preso il posto del maggiore Stefano Bezzeccheri, indagato nell’inchiesta che nel luglio scorso portò all’arresto per tortura, spaccio, arresti illegali, lesioni, estorsione, di 23 persone, tra cui 10 carabinieri. Carusone è rimasto pulito perché quel mercoledì 22 luglio, giorno in cui lo scandalo venne alla luce (guarda caso), si trovava nella sua stanza a Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia.

La stazione ora è comandata dallo sbirro Salvatore Russo, con 23 anni di servizio.

Nella stanza semibuia e ora vuota (dell’ex comandante indagato), non si sentono più le urla per i pestaggi subiti che, come per ironia, sulla parete sporca c’era la stampa che raffigura Falcone e Borsellino. Falcone e Borsellino sono stati uccisi perché avevano osato indagare sulla massomafia, sulla P2 (massoneria organizzata da alti gradi militari e delle forze del disordine), avevano capito che la mafia era analfabeta, e che a manovrarli c’era un livello sopra di loro (massoneria) che aveva in mano anche la cultura, e che comprava e manovrava la mafia a loro piacimento.

A 200 metri dalla caserma degli sbirri ci sono i giardini Margherita, zona stazione ferroviaria, una delle piazze di spaccio battute da Montella e dai suoi, a caccia di droga e di numeri. La roba se la mettevano in tasca i carabinieri, per poi rivenderla. Secondo le indagini alcuni spacciatori infami (comprati e sotto ricatto), venivano direttamente assoldati dagli sbirri, in cambio di soldi e soffiate per fare nuovi arresti e raccattare nuovo stupefacente da vendere in proprio: lo smercio continuava indisturbato. Gli altri pusher venivano invece pestati e denunciati a beneficio delle statistiche e delle carriere proprie e dei propri superiori P2.

L’inchiesta della magistratura ha stabilito che in decine di casi si trattava di arresti illegittimi che hanno dato seguito a processi e condanne altrettanto errate. Tanto che ora, molti procedimenti dovranno essere rivisti col rischio di corpose richieste di risarcimento.

A un chilometro dai giardini Margherita inizia la via Cristoforo Colombo. Qui, a marzo, i carabinieri della Levante massacrarono di botte Israel Anyanhu, 23 anni, nigeriano. Non c’entrava nulla con lo spaccio, ma la banda dei cc aveva ricevuto una soffiata secondo cui era uno che aveva la roba. “Mi hanno pestato per ore”, ci dice oggi Israel. “Più giuravo di non aver fatto niente, più mi colpivano. Volevano che spacciassi per loro”. Ha i denti rotti e a distanza di mesi è ancora terrorizzato: “Mi hanno picchiato per strada, mi hanno picchiato a casa dove sono venuti a cercare droga che non c’era, mi hanno picchiato in caserma. Mi dicevano che se avessi collaborato mi avrebbero aiutato. Ma io non avevo bisogno di aiuto: non avevo fatto niente”.

Per 6 carabinieri e 10 spacciatori l’accusa ha già chiesto il processo immediato. I pusher puntano al patteggiamento di pene che vanno da 2 a 4 anni. Cinque dei 6 carabinieri vanno invece verso il rito abbreviato puntando allo sconto di 1/3 della pena. Tra loro c’è Montella, che comunque rischia fino a 15 anni di carcere, e l’ex comandante della stazione, Marco Orlando.

Per il solo processo immediato l’atto d’accusa è composto da circa centomila pagine. L’indagine non ancora chiusa riguarda figure minori, ma ci sono anche gli ufficiali che avrebbero dovuto controllare. Come il maggiore Bezzeccheri e l’ex comandante provinciale Corrado Scattaretico: i pm cercano di capire eventuali coperture e responsabilità della catena di comando.

Ci sono 10 richieste di patteggiamento per detenzione ai fini di spaccio e 5 richieste di rito abbreviato nelle istanze che, il 29/3/2021 sono state presentate al gup di Piacenza dagli avvocati degli imputati dell’inchiesta sulla stazione ‘Levante’.

Le richieste di patteggiamento riguardano i civili, quasi tutti pusher stranieri (che spacciavano anche per gli sbirri), mentre le richieste di rito abbreviato sono state presentate dai difensori dei 5 cc arrestati, tre dei quali erano presenti il 29/3 nell’aula allestita in via straordinaria dentro al quartiere fieristico di Piacenza Expo: Giuseppe Montella, giunto dal carcere scortato dalla polizia penitenziaria, Daniele Spagnolo e Marco Orlando, ancora agli arresti domiciliari.

Il 29/3 lo sbirro Esposito ammette: Io ho sempre lavorato facendo ciò che mi veniva chiesto senza mai commettere illegalità (la prassi era quella di firmare senza guardare quello che firmavo)”. Esposito dichiara inoltre che: “La macchina degli arresti non si doveva fermare mai e non doveva avere intoppi di alcun genere. Ma come potevo mai pensare che atti convalidati da un comandante di stazione e da un maggiore potessero essere falsi o illegali?”.

I pm, durante gli interrogatori, non gli hanno creduto, sostenendo che avrebbe dovuto insospettirsi per come venivano gestiti gli arresti.

L’indagine avrebbe scoperchiato anni di illegalità. Sotto la lente sono infatti finiti presunti reati commessi a partire dal 2017. Tutto è nato da un’indagine sul traffico e lo spaccio di stupefacenti, che vedrebbe fra i suoi esponenti di spicco un graduato dei cc, in servizio presso la stazione Piacenza Levante che, sfruttando la sua divisa avrebbe gestito un’attività di spaccio attraverso pusher di sua fiducia. L’agente inoltre, li avrebbe agevolati nella compravendita di grandi quantità di droga garantendo protezione in cambio di un tornaconto economico. Nelle trecento pagine di ordinanza sono descritti anche “arresti completamente falsati e perquisizioni arbitrarie”. “Non vi era solo l’obiettivo di procacciarsi la sostanza stupefacente, ma anche di sembrare più bravi degli altri”, dimostrando un alto numero di persone arrestate. “Peccato (ha precisato il pm) che questi arresti si basavano su circostanze inventate e falsamente riferite al pubblico ministero di turno”.

Vittime di brutali pestaggi erano, secondo gli inquirenti, soprattutto gli spacciatori che non volevano collaborare ed entrare nella rete clandestina di gestione della droga nel quartiere che, secondo le accuse, i militari avevano creato.

Sono stati sequestrati al graduato dell’arma: una villa con annessa piscina, un’auto, una moto e 24 conti correnti.

Secondo l’accusa ci sarebbero anche certificazioni fornite da un carabiniere in modo da consentire a spacciatori piacentini di raggiungere Milano per rifornirsi di droga durante il lockdown.

Commentando quanto emerge dall’inchiesta, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini parla di “accuse gravissime rispetto a degli episodi inauditi e inqualificabili. Fatti inaccettabili”.

Per la procuratrice Pradella è inquietante: “come sia stato possibile che un appuntato dei carabinieri con un atteggiamento in stile Gomorra abbia acquisito tutto questo potere”. La procuratrice ha citato in particolare un’intercettazione: “Il malavitoso dice: hai presente le scene di Gomorra, guarda che è stato uguale, tu devi vedere gli schiaffoni che gli ha dato”.

Un uomo a terra scalzo, il sangue che gli cola dal naso e che macchia quello che sembra il pavimento di un cortile. È racchiusa in questa immagine che sembra giungere da lontano, da carceri irachene in piena guerra, l’accusa di tortura contestata a un gruppo di cc a cui la procura di Piacenza contesta una lunghissima serie di reati (dalla ricettazione al falso, dal traffico e spaccio di droga al peculato e poi lesioni, violenza privata, perquisizioni e ispezioni personali, arresto illegali, estorsione).

L’inchiesta è coordinata dal neo procuratore della Repubblica Grazia Pradella ed è durata 6 mesi, durante i quali è stato utilizzato anche il trojan informatico per captare spostamenti e discussioni delle persone coinvolte.

“I carabinieri tenevano altri comportamenti sopra le righe, come organizzare festini a base di stupefacente, dove sfruttavano diverse prostitute e un transessuale che abitava a Piacenza.

Ma non solo esisteva in caserma, una sorta di nascondiglio della droga (chiamata la scatola della terapia) dove i complici potevano prendere la droga.

Uno degli arresti illegali risale al 27/3/2020: c’è stato un pusher percosso “in modo violento” nonostante avesse ancora “le manette alle mani”. C’è poi il caso di un altro spacciatore a cui viene consegnato un documento con timbro ufficiale per poter “uscire fuori Regione” durante l’emergenza covid e recuperare la droga. “Piacenza stava ancora contando i suoi morti per coronavirus” (arma batteriologica), ha dichiarato Pradella, “e questo signore firma e controfirma un’autocertificazione per permettere allo spacciatore di muoversi verso la Lombardia”. Tutti gli illeciti più gravi “sono stati commessi nel lockdown”, aggiunge il procuratore, “con il più totale disprezzo dei decreti emanati dalla presidenza del consiglio”.

Il comandante di stazione, invece, “era presente in caserma quando si sono verificati gli episodi di presunte torture e percosse” e avrebbe “partecipato ai falsi arresti”. Gli indagati sono accusati a vario titolo di peculato, abuso d’ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, lesioni personali aggravate, arresto illegale, perquisizioni ed ispezioni personali arbitrarie, violenza privata aggravata, tortura, estorsione, truffa ai danni dello stato, ricettazione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.

Le indagini patrimoniali hanno evidenziato un tenore di vita che mai avrebbe potuto essere appartenente all’arma” ha detto la pm Grazia Pradella nel corso della conferenza stampa. “La figura di spicco come spacciatore era sicuramente un appuntato”, ha spiegato la pm.

Quella degli sbirri spacciatori e truffatori (torturavano e firmavano inchieste false per ricattare e agevolare poi i loro compari P2isti), non è affatto una novità: tutto si collega al piano militare istituito negli anni ’70 (top secret) chiamato Blue Moon, guerra psicologica, attuata dalla Nato (strategia della tensione, piano militare anticomunista fatto di colpi di stato e stragi di stato, come Piazza Fontana), nel periodo della guerra fredda, per annientare l’opposizione sociale (Anarchici e comunisti).

L’operazione Blue Moon era un’operazione sotto copertura, messa in atto dai servizi segreti della Nato, finalizzata a diffondere l’uso di droghe pesanti, in particolare l’eroina, tra i giovani attivisti dei movimenti giovanili di contestazione, in modo da renderli dipendenti e distoglierli dalla lotta politica. La strategia si attuò mediante una sapiente operazione di “lancio”: dapprima vennero tolte dal mercato clandestino tutte le altre droghe allora diffuse (in particolare marijuana, hashish e amfetamine), all’iniziò ci fu una capillare diffusione di piccole dosi di eroina vendute a bassissimo prezzo, così da indurre i consumatori (in particolare giovani e giovanissimi del post-’68) a passare alla nuova sostanza, sfruttando anche la diffusa ignoranza sui gravissimi effetti collaterali in termini di dipendenza psicofisica che essa comporta. Gli esiti sociali di questa operazione furono un aumento vertiginoso del numero dei tossicodipendenti e delle morti da overdose: il numero degli eroinomani passò da zero nel 1970 agli oltre 300.000 nel 1985. Questa guerra non ortodossa, per l’Europa occidentale, la portò avanti l’Aginter Press di Lisbona, organizzazione parallela dei servizi del Patto atlantico che operava in funzione anticomunista (organizzazione occulta come la P2). In Italia l’uomo di collegamento con la CIA per l’operazione Blue Moon era Ronald Stark: agente segreto, persona enigmatica, amico personale di Timothy Leary, molto vicino ai gruppi pacifisti americani, che riforniva di grandi quantità di LSD, e per questo usato molto spesso come infiltrato”.

Al tempo stesso si parla di come all’epoca fu condotta una guerra mediatica contro le droghe leggere, in primis la Marijuana, accompagnata da un totale silenzio sull’eroina, di cui non si conosceva la forte e rapida insorgenza di dipendenza nei consumatori.

Sorge il dubbio che per la situazione europea, molto calda e pericolosa, abbiano optato per una droga come l’eroina, che non solo stende l’avversario, ma addirittura lo corrode fino ad arrivare, in certi casi, ad ammazzarlo.

 

E del Generale dei carabinieri di Bergamo che spacciava, ce ne siamo già dimenticati??

Il 12 luglio del 2010 il generale Ganzer e altri 13 cc, sono stati condannati in primo grado a pene varie fino a 18 anni di reclusione. Quel bastardo e pezzo di merda del generale dei carabinieri Ganzer è stato condannato a 14 anni “per aver costituito un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, al peculato, al falso e ad altri reati, al fine di fare una carriera rapida”. Le condanne si riferiscono a singoli episodi commessi nel corso di alcune importanti operazioni antidroga compiute «sotto copertura» dal Ros tra il 1991 e il 1997.

Il generale Giampaolo Ganzer «non si è fatto scrupolo di accordarsi» con «pericolosissimi trafficanti». È quanto si legge nelle motivazioni della condanna a 14 anni per il comandante del Ros nel processo per presunte irregolarità nelle operazioni antidroga. Nelle oltre 1.100 pagine di motivazioni, i giudici dell’ottava sezione penale di Milano, presieduta da Luigi Caiazzo, descrivono il generale come un uomo dalla «personalità preoccupante» che «non ha minimamente esitato (…) a dar corso a ‘operazioni antidroga’ basate su un metodo di lavoro assolutamente contrario alla legge, ripromettendosi dalle stesse risultati d’immagine straordinari per se stesso e per il suo Reparto». Ganzer, si legge sempre nelle motivazioni della sentenza, «non si è fatto scrupolo di accordarsi (…) con pericolosissimi trafficanti, ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia chili di droghe pesanti e ha loro garantito l’assoluta impunità».

I giudici milanesi motivano la mancata concessione al generale delle attenuanti generiche in quanto Ganzer è capace «di commettere gravissimi reati per raggiungere gli obiettivi ai quali è spinto dalla sua smisurata ambizione». Il 12/7/2010, oltre a Ganzer, i giudici hanno condannato altre 13 persone (a pene variabili dai 18 anni in giù) tra cui anche il generale Mauro Obinu e altri ex sottufficiali dell’Arma. L’accusa aveva chiesto per Ganzer 27 anni di carcere, ma i giudici lo avevano assolto dall’accusa contestata dalla Procura di associazione per delinquere e lo avevano condannato per episodi singoli di traffico internazionale di stupefacenti.

Ma pensavate fosse l’unico episodio del business degli sbirri?

Nel 2009 è stata dimezzata la pena in appello per il colonnello dei carabinieri Michele Riccio, ex comandante dei Ros e della Dia genovese, accusato di aver svolto con metodi illegali indagini su traffici di stupefacenti negli anni ’80.

I giudici della prima sezione della corte d’appello lo hanno condannato a 4 anni e 10 mesi: in primo grado la pena era stata di 9 anni e mezzo.

Confermata, invece, la pena di primo grado per il maresciallo Giuseppe Del Vecchio (8 anni in continuazione di un’altra sentenza di condanna a 16 anni).

A Riccio i giudici hanno riconosciuto le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti; inoltre hanno sostituito l’interdizione perpetua dai pubblici uffici con l’interdizione per 5 anni. L’inchiesta prese avvio dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia ma si sviluppò solo nel gennaio ’96 per concretizzarsi, nel giugno ’97, con l’arresto di Riccio e dei 5 marescialli. Gli episodi contestati sarebbero avvenuti negli anni ’80. Riccio e gli uomini della sua squadra, durante indagini condotte con l’aiuto di confidenti, sarebbero entrati in contatto con trafficanti acquistando quantità di droga di cui, in certi casi, avrebbero in parte omesso la segnalazione all’autorità giudiziaria. Qualche volta avrebbero fatto risultare con atti falsi il sequestro di un quantitativo minore di quello reale per poter utilizzare la droga messa da parte per acquisire nuove soffiate. L’obiettivo, soprattutto di Riccio, sarebbe stato quello di compiere operazioni clamorose per acquisire fama ed encomi.

Intervista al Colonnello Michele Riccio, testimone del processo trattativa stato-mafia:

Luigi Ilardo

“Colonnello Riccio, ad un certo punto della sua attività investigativa, Luigi Ilardo (foto sopra), suo confidente, le riferì notizie sullo scenario politico che andava delineandosi. Lei le ha rese note deponendo al processo trattativa stato mafia: Nel ’94, nel corso di una riunione a Caltanissetta, fu comunicata ai capimafia locali la strategia di Bernardo Provenzano: tornare a un vertice unitario di Cosa nostra, far cessare la violenza e appoggiare Forza Italia con cui si era stabilito un contatto tramite un personaggio insospettabile che era nell’entourage di Berlusconi. In cambio, Cosa nostra avrebbe avuto dei vantaggi anche normativi”.

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Pietro Rampulla, dopo aver militato per un certo tempo nella destra extraparlamentare, sviluppò una vera e propria passione per gli esplosivi che, in breve tempo lo condusse ad essere un esperto nel realizzare sofisticati ordigni esplosivi con attivazione anche a distanza. Lui era uno degli artificieri della strage di Capaci. Lo aveva presentato Riccio tempo prima ai vertici di Cosa nostra a Palermo, dove aveva dato dimostrazioni delle sue capacità. Ma quando Rampullo fece un accenno all’esistenza di quel connubio di ambienti politici istituzionali deviati che, col supporto dei servizi segreti, della massoneria e della destra eversiva aveva, negli anni ’70, promosso le stagioni dei golpe e delle stragi di stato e ora, con l’apporto della criminalità organizzata di tipo mafioso, le stragi e gli attentati degli anni ’90, destò ancora di più squallore e sospetti contro le forze dell’ordine (disordine – massomafia – P2).

Dal 1972, per 3 anni il generale Mario Mori svolge a Roma il servizio presso il SID (servizio segreto occulto: doppio Sid).

Il 27/10/2010 gli ambienti investigativi confermarono la notizia dell’iscrizione del generale Mori nel registro degli indagati della Procura di Palermo per l’ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa. Il 24/7/2012 il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e i sostituti Antonino Di Matteo, Lia Sava e Francesco Del Bene, in riferimento all’indagine sulla trattativa Stato-mafia, firmano la richiesta del rinvio a giudizio nei confronti di Mori e di altri 11 indagati, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa e violenza o minaccia a corpo politico dello stato. Gli altri imputati sono i politici Calogero Mannino, Marcello Dell’Utri, gli ufficiali Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, i boss Giovanni Brusca, Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà e Bernardo Provenzano, il collaboratore di giustizia Massimo Ciancimino (indagato anche per calunnia) e l’ex ministro Nicola Mancino. Il 7 marzo 2013 il GUP Piergiorgio Morosini rinvia a giudizio 10 imputati, tra i quali il gen. Mario Mori.

Il generale dei servizi segreti Mario Mori e il colonnello Riccio furono condannati in primo grado a 12 anni per la trattativa stato-mafia.

L’ombra dei servizi segreti aleggia su tutti i casi relegati alla voce “misteri italiani”. Il rapimento di Moro, i legami con la banda della Magliana, Cosa nostra, le telefonate della Falange armata dagli uffici del Sismi, sono solo alcune delle vicende che hanno interessato la presenza dei servizi in posizioni tutt’altro che chiare…

Ma non è finito qua il vecchio vizio degli sbirri:

A Roma il 21/3/2021 sono stati arrestati tre ex carabinieri, espulsi dall’Arma nel 2016 perché ritenuti responsabili di traffico di sostanze stupefacenti. Fu individuato inoltre un garage nella disponibilità di uno dei militari all’Infernetto, dove gli sbirri nascondevano grosse quantità di droga per spacciare.

Servizi Segreti Operazione “Blue Moon” la storia che nessuno racconta.

4 novembre festa delle forze armate…Cos’è il Field Manual FM 30-31B imposto dal Pentagono?

https://ricercatorisenzapadroni.noblogs.org/page/4/

Iniziato il processo agli sbirri spacciatori e terroristi!

Iniziato il processo agli sbirri spacciatori e terroristi!

Abbiamo ascoltato stamattina con entusiasmo il programma sulle forze del disordine e i movimenti degli anni ’70, redatto dai compagni di radio iperico che volevamo ringraziare per il bellissimo lavoro e impegno che ci trasmettono ogni sabato mattina!

Solidarietà a tutti gli Anarchici arrestati ingiustamente dagli sbirri terroristi e massomafiosi: prima o poi pagheranno caro!! Pagheranno tutto!

 

Quando la Patria chiama…

rispondi signorno!

(striscione di una manifestazione)

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)