Processo per spaccio e tortura alla caserma carabinieri di Piacenza

Piacenza, metodo Montella: i 40 arresti fotocopia dei carabinieri ignorati dai superiori

Il 9 Novembre i mass media scrivono che è stata confermata la sentenza di primo grado per i 5 carabinieri della stazione Levante di Piacenza, condannati per spaccio di droga e  tortura all’interno della caserma.  Il sostituto procuratore generale Nicola Proto, al termine della requisitoria davanti alla Corte d’appello di Bologna, ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado per l’appuntato Giuseppe Montella, ritenuto il leader del gruppo e condannato a 12 anni di reclusione, per gli altri appuntati Salvatore Cappellano, 8 anni e Giacomo Falanga, 6 anni; 4 anni per l’ex comandante di stazione Marco Orlando. Per il 5° imputato, il cc Daniele Spagnolo, è stata chiesta invece la riduzione della pena da 3 anni e 4 mesi di carcere a 2 anni e 10 mesi. L’operazione “Odysséus”, era scattata il 22/7/2020 a Piacenza, e aveva portato all’arresto di 6 militari dell’arma, accusati a vario titolo di numerosi reati, dallo spaccio di droga alla tortura, reati compiuti all’interno della caserma di via Caccialupo a Piacenza posta sotto sequestro.

La pena più alta era stata chiesta per l’appuntato Giuseppe Montella (foto sotto), ritenuto dai pm il leader dei militari: 16 anni un mese e 10 giorni. La Procura ha poi chiesto: 14 anni 5 mesi e 10 giorni per Salvatore Cappellano; 13 anni per Giacomo Falanga; 7 anni e 8 mesi per Daniele Spagnolo e 5 anni per Marco.

Piacenza, Montella l'appuntato che viveva come un re - la Repubblica

Una caserma dei cc posta sotto sequestro e misure cautelari per 10 militari, di cui 5 in carcere e 1 agli arresti domiciliari, per reati definiti “impressionanti”. Comincio così l’inchiesta shock sulla caserma Levante. Per la prima volta in Italia, una caserma viene messa sotto sequestro (ora, a distanza di tempo, i sigilli sono stati tolti). Solo un militare di quella caserma, non è stato accusato. I reati contestati vanno dal traffico di droga all’estorsione e agli arresti illegali fino alla tortura: l’indagine avrebbe scoperchiato anni di illegalità. Sotto la lente sono infatti finiti presunti reati commessi a partire dal 2017. Una vicenda scoppiata in pieno lockdown. Non solo droga, torture, pestaggi, ma anche  sesso e orge. A parlare dei festini sono due tra gli arrestati, l’appuntato Giuseppe Montella (la mente di tutto) e il carabiniere Salvatore Cappellano. I due commentano una serata “organizzata per un collega all’interno della caserma alla presenza di due donne”, presumibilmente escort, “con le quali erano stati consumati rapporti sessuali”. Tutto per fare soldi e bella vita, uomini che il procuratore capo di Piacenza, Grazia Pradella non aveva esitato a definire “traditori dello Stato”. Nell’aula di Piacenza Expo, trasformata in tribunale per rispettare le norme anti Covid, davanti al gup Fiammetta Modica, era stato il pm Antonio Colonna a ricostruire “il sistema Levante” e a spiegare le responsabilità di tutti gli imputati “accecati dall’arroganza di chi si crede al di sopra delle regole”, capaci di tenere in piedi un sistema parallelo fatto di menzogne, di sequestri di droga rivenduta attraverso pusher di fiducia, di arresti ‘architettati’ per aumentare le statistiche, di pestaggi con modalità tali da configurare la tortura. Traspare il disprezzo nell’elencare i presunti illeciti commessi dai 5 carabinieri che hanno scelto l’abbreviato (perché consente lo sconto di un terzo della pena), per difendersi da una sfilza di reati che spaziano dallo spaccio di droga al peculato, dal falso alle lesioni e alla tortura.

Giuseppe Montella, il cc ritenuto il capo della banda in divisa, ha vuotato il sacco. Da grande accusato, il militare 37enne di Pomigliano d’Arco, si è trasformato in grande accusatore.

Gli investigatori intanto, hanno scoperto che “il gruppo di divise” conduce le indagini contro i pusher del centro storico di Piacenza usando degli “informatori”. Che altri spacciatori in cambio delle soffiate sono pagati con parte dei soldi e della droga sequestrata. Scoprono anche che parte del denaro e dello stupefacente viene sottratto dai militari. Ma c’è anche di più, perché saltano fuori pestaggi e violenze d’ogni genere nei confronti delle persone fermate e una serie infinita di falsi amministrativi, arresti e perquisizioni illegittime. Gli stessi protagonisti dell’inchiesta intercettati, parlano di “stile Gomorra”.

Il 5 agosto 2020 Giuseppe Montella viene interrogato dai pm Centini e Colonna, titolari dell’inchiesta. Ci sono gli investigatori della Guardia di Finanza che hanno fatto l’indagine e i suoi difensori, gli avvocati Giuseppe Dametti ed Emanuele Solari. In quei verbali finora inediti Montella afferma di voler collaborare, ammette alcuni fatti, ne ridimensiona altri e nega le accuse più gravi, come ad esempio quella secondo cui le soffiate venivano pagate con droga e soldi. I magistrati però hanno in mano una serie di testimonianze e riscontri di cui il carabiniere non sa ancora. I pm lo lasciano parlare, poi però Centini inizia a mettere le cose in chiaro: “Montella guardi è un po’ difficile per me andare avanti, le dico la sincera verità perché io ho una convergenza molteplice di persone che sostengono di essere state pagate con stupefacente. Ho un suo ex collega, che dice che sto barattolo esisteva [un barattolo di latta nel quale era conservata la droga da dare agli informatori] e che la caserma è stata messa a posto dai suoi compagni, il giorno prima… [degli arresti dei carabinieri]”. E ancora: “Lei si può difendere nel processo come crede, ma non mi faccia perdere tempo. Non venga qua a raccontarci mezze messe”. L’interrogatorio viene sospeso per alcuni minuti. Montella parla col suo legale, raccoglie le idee poi torna a rispondere alle domande dei magistrati e spiega il suo atteggiamento: non voleva tradire i colleghi a cui si sente legato da un vincolo d’onore che diventa sempre più difficile da sostenere. Comincia così la confessione. La testimonianza prosegue poi e diventa un atto d’accusa contro altri 4 carabinieri (Salvatore Cappellano, Angelo Esposito, Giacomo Falanga e Daniele Spagnolo) e, soprattutto, contro il comandante di stazione Marco Orlando. “Tutti lo sapevano – dice Montella con voce ferma – nel senso che non c’è nessuno che non lo sa a partire dall’ultimo fino al comandante, dalla testa ai piedi, tutti sapevamo che ogni tanto davamo una canna…. Sapevano che quando si facevano arresti grossi si diceva, ‘teniamo due grammi, tre grammi da dare …'”. Gli altri militari arrestati lo accusano di essere lui l’unico responsabile di quanto accaduto e della gestione degli illeciti. Montella però non ci sta più a fare da capro espiatorio.

Carabinieri logo

Secondo un passaggio di uno degli interrogatori “Il maresciallo Orlando non partecipava mai alle perquisizioni e firmava gli atti come se fosse stato presente”. Si tratterebbe in questo caso di una cosa sistematica per evitare problemi con la procura che durante le perquisizioni pretendeva la presenza di un “ufficiale giudiziario”. Tutti gli atti erano preparati da Montella che poi li faceva firmare agli altri cc e al comandante di stazione. Orlando aveva ottimi rapporti coi suoi superiori, ma nessuno controllava nulla. Dice Montella: “A Bezzeccheri interessavano gli arresti, per il resto non chiedeva”. Di Scattariello ricorda due visite, ma nessuna ispezione vera e propria, se ne trova traccia nel memoriale della caserma e nei registri delle visite “custoditi in cassaforte dal comandante”. Dall’inchiesta emerge che nessuno controllava quello che realmente succedeva alla Levante. E Montella conferma.

Qualche soldo, qualche grammo di droga e poco altro in cambio di numeri (arresti) da vantare coi superiori. Poco importa, se come dicono due ex confidenti, erano pagati “con denaro che proveniva dall’attività investigativa, e quindi da perquisizione e con stupefacente su cui si faceva la cresta …”.

L’inchiesta, è durata mesi con l’utilizzo di intercettazioni e pedinamenti, nata dalle confidenze di un pusher sui metodi illegali utilizzati dai militari, aveva portato al sequestro dell’intera caserma in cui prestavano servizio, e all’arresto, tra gli altri, anche del maresciallo che la comandava. Perché quella caserma, viveva una vita parallela, fatta di droga sequestrata e poi rivenduta e metodi (MAFIOSI) che, in teoria, niente dovrebbero aver che fare con un luogo di quel tipo.

Le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state emesse a luglio 2020, inizialmente nei confronti di 12 persone, di cui 5 appartenenti all’arma, mentre ai domiciliari sono finiti in 5, tra questi anche il comandante della stazione Levante. L’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, invece, è scattato per 3 cc e per un appartenente alla Gdf. Infine l’obbligo di dimora nella provincia di Piacenza per un ufficiale dell’Arma (il comandante della compagnia). Sequestrati a un graduato: una villa con annessa piscina, un’auto, una moto e 24 conti correnti.

Quella degli sbirri spacciatori e truffatori (torturavano e firmavano inchieste false per ricattare e agevolare poi i loro compari P2isti), non è affatto una novità: tutto si collega al piano militare istituito negli anni ’70 (top secret) chiamato Blue Moon, guerra psicologica attuata dalla Nato (strategia della tensione, piano militare anticomunista fatto di colpi di stato e stragi di stato, come Piazza Fontana), nel periodo della guerra fredda, per annientare l’opposizione sociale (Anarchici e comunisti).

L’operazione Blue Moon era un’operazione sotto copertura, messa in atto dai servizi segreti della Nato, finalizzata a diffondere l’uso di droghe pesanti, in particolare l’eroina, tra i giovani attivisti dei movimenti giovanili di contestazione, in modo da renderli dipendenti e distoglierli dalla lotta politica. La strategia si attuò mediante una sapiente operazione di “lancio”: dapprima vennero tolte dal mercato clandestino tutte le altre droghe allora diffuse (in particolare marijuana, hashish e amfetamine), all’inizio ci fu una capillare diffusione di piccole dosi di eroina vendute a bassissimo prezzo, così da indurre i consumatori (in particolare giovani e giovanissimi del post-’68) a passare alla nuova sostanza, sfruttando anche la diffusa ignoranza sui gravissimi effetti collaterali in termini di dipendenza psicofisica che essa comporta. Gli esiti sociali di questa operazione furono un aumento vertiginoso del numero dei tossicodipendenti e delle morti da overdose: il numero degli eroinomani passò da zero nel 1970 agli oltre 300.000 nel 1985.

Ronald Stark

Questa guerra non ortodossa, per l’Europa occidentale, la portò avanti l’Aginter Press di Lisbona, organizzazione parallela dei servizi del Patto atlantico che operava in funzione anticomunista (organizzazione occulta come la P2). In Italia l’uomo di collegamento con la CIA per l’operazione Blue Moon era Ronald Stark: agente segreto, persona enigmatica, amico personale di Timothy Leary, molto vicino ai gruppi pacifisti americani, che riforniva di grandi quantità di LSD, e per questo usato molto spesso come infiltrato. Al tempo stesso si parla di come all’epoca fu condotta una guerra mediatica contro le droghe leggere, in primis la Marijuana, accompagnata da un totale silenzio sull’eroina, di cui non si conosceva la forte e rapida insorgenza di dipendenza nei consumatori. Sorge il dubbio che per la situazione europea, molto calda e pericolosa, abbiano optato per una droga come l’eroina, che non solo stende l’avversario, ma addirittura lo corrode fino ad arrivare, in certi casi, ad ammazzarlo.

E del generale dei carabinieri di Bergamo che spacciava, ce ne siamo già dimenticati??

Il 12 luglio del 2010 il generale Ganzer (foto sopra) e altri 13 cc, sono stati condannati in primo grado a pene varie fino a 18 anni di reclusione. Quel bastardo e pezzo di merda del generale dei carabinieri Giampaolo Ganzer è stato condannato a 14 anni “per aver costituito un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, al peculato, al falso e ad altri reati, al fine di fare una carriera rapida”. Le condanne si riferiscono a singoli episodi commessi nel corso di alcune importanti operazioni antidroga compiute «sotto copertura» dal Ros tra il 1991 e il 1997. Il gen. Ganzer «non si è fatto scrupolo di accordarsi» con «pericolosissimi trafficanti». È quanto si legge nelle motivazioni della condanna a 14 anni per il comandante del Ros nel processo per presunte irregolarità nelle operazioni antidroga. Nelle oltre 1.100 pagine di motivazioni, i giudici dell’ottava sezione penale di Milano, presieduta da Luigi Caiazzo, descrivono il generale come un uomo dalla «personalità preoccupante» che «non ha minimamente esitato (…) a dar corso a ‘operazioni antidroga’ basate su un metodo di lavoro assolutamente contrario alla legge, ripromettendosi dalle stesse risultati d’immagine straordinari per se stesso e per il suo Reparto». Ganzer, si legge sempre nelle motivazioni della sentenza, «non si è fatto scrupolo di accordarsi (…) con pericolosissimi trafficanti, ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia chili di droghe pesanti e ha loro garantito l’assoluta impunità».

“Facciamo gola alla mafia, teniamo alta la guardia”

I giudici milanesi motivano la mancata concessione al generale delle attenuanti generiche in quanto Ganzer è capace «di commettere gravissimi reati per raggiungere gli obiettivi ai quali è spinto dalla sua smisurata ambizione». Il 12/7/2010, oltre a Ganzer, i giudici hanno condannato altre 13 persone (a pene variabili dai 18 anni in giù) tra cui anche il generale Mauro Obinu (foto sopra)e altri ex sottufficiali dell’arma. L’accusa aveva chiesto per Ganzer 27 anni di carcere, ma i giudici lo avevano assolto dall’accusa contestata dalla Procura di associazione per delinquere e lo avevano condannato per episodi singoli di traffico internazionale di stupefacenti. Ma non è finita qua : Il 27/10/2010 gli ambienti investigativi confermarono la notizia dell’iscrizione del generale Mori nel registro degli indagati della Procura di Palermo per l’ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa. Il 24/7/2012 il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e i sostituti Antonino Di Matteo, Lia Sava e Francesco Del Bene, in riferimento all’indagine sulla trattativa Stato-mafia, firmano la richiesta del rinvio a giudizio nei confronti di Mori e di altri 11 indagati, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa e violenza o minaccia a corpo politico dello stato. Gli altri imputati sono i politici Calogero Mannino, Marcello Dell’Utri, gli ufficiali Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, i boss Giovanni Brusca, Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà e Bernardo Provenzano, il collaboratore di giustizia Massimo Ciancimino (indagato anche per calunnia) e l’ex ministro Nicola Mancino. Il 7/3/2013 il GUP Piergiorgio Morosini rinvia a giudizio 10 imputati, tra i quali il gen. Mario Mori. Il generale dei servizi segreti Mori e il colonnello Riccio furono condannati in primo grado a 12 anni per la trattativa stato-mafia.

L’ombra dei servizi segreti aleggia su tutti i casi relegati alla voce “misteri italiani”. Il rapimento di Moro, i legami con la banda della Magliana, Cosa nostra, le telefonate della Falange armata dagli uffici del Sismi, sono solo alcune delle vicende che hanno interessato la presenza dei servizi in posizioni tutt’altro che chiare…

Servizi Segreti Operazione “Blue Moon” la storia che nessuno racconta:

.https://odysee.com/@indygraf:3/operazione-blue-moon-l-operazione-dei:3

Carabinieri arrestati a Piacenza, chi deve risolvere il problema?

VI CONSIGLIAMO DI GUARDARE QUESTI VIDEO PER CAPIRE MEGLIO IL PROBLEMA DELLA MASSOMAFIA:

Video che parla della storia della loggia massonica P2:

La P2 di Licio Gelli: la Loggia Massonica che manovrava l’Italia

Carabinieri arrestati a Piacenza, Roberto Saviano: “Non è Gomorra, è molto peggio”

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LIBERTA’ E SOLIDARIETA’ PER I COMPAGNI ANARCHICI: ANNA E ALFREDO IN SCIOPERO DELLA FAME CONTRO IL 41 BIS!!

A PROPOSITO DI INGIUSTIZIE SOCIALI: I COMPAGNI ANARCHICI, PER AVER FATTO UN ATTO DIMOSTRATIVO CONTRO LA REPRESSIONE E I METODI FASCISTI DEI CARABINIERI CATTOFASCISTI, SONO ANCORA IN GALERA, MENTRE GLI SBIRRI SPACCIATORI SONO, AL MASSIMO, AI DOMICILIARI…

Alfredo Cospito, per aver sparato alle gambe all’ad di Ansaldo Nucleare SENZA UCCIDERLO, si trova in carcere da dieci anni con l’accusa di strage contro la pubblica incolumità per aver piazzato (anche) nel 2006, due ordigni a basso potenziale presso la Scuola Allievi Carabinieri di Fossano (Cuneo), la cui esplosione, volutamente, non ha causato vittime. Lo scorso luglio, tuttavia, la Cassazione ha riformulato il capo d’imputazione a suo carico, accusando ora l’anarchico di strage contro la sicurezza dello stato (art. 285 del codice penale), reato che prevede l’ergastolo, anche ostativo (il cosiddetto “fine pena mai”), pur in assenza di vittime. Per intendersi, quella della strage contro la sicurezza dello stato, è una aggravante che non è stata contestata nemmeno agli autori degli attacchi che uccisero i giudici Falcone e Borsellino!!

 Il 20 ottobre scorso, Cospito ha iniziato uno sciopero della fame in segno di protesta conto il regime detentivo al quale è stato sottoposto e contro l’ergastolo ostativo.

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Ci si dica pure che siamo dei “senza patria”:

può anche darsi che sia così. Ad ogni modo,

se una patria noi dovessimo sceglierci,

sceglieremmo sempre la patria degli oppressi,

e non quella degli oppressori.

E. Malatesta

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)