Dittatura dei sevizi segreti e soldati pedofili, comunità lager e bambini disabili torturati

Servizi segreti: dittatura militare con poteri occulti sovranazionali…

Basta armi, basta guerre, basta soprusi!

18 gennaio 2016

È stato completamente scagionato l’alto funzionario delle Nazioni Unite Anders Kompass, accusato di aver passato documenti riservati dell’Onu alle autorità di Parigi sugli abusi sessuali compiuti dai militari francesi sui bambini della Repubblica Centrafricana. Una Ong della capitale Bangui, nel 2014, aveva denunciato le violenze sessuali nelle aree dove era presente la missione dell’Onu. Nell’indagine che ne era scaturita erano coinvolti soldati del Ciad, della Guinea Equatoriale e della Francia, quest’ultima presente con truppe fuori della missione Onu. In luglio il rapporto era arrivato anche a Ginevra, sul tavolo di Kompass che si era accorto però che a nulla serviva il documento. Non vennero presi provvedimenti per mettere fine agli abusi. Tutto restò così com’era.

Kompass decide allora di agire di propria iniziativa, contatta l’ambasciata di Francia a Ginevra e nel giro di poco tempo il governo transalpino gli chiede il rapporto, promettendogli di non rivelare la fonte. A questo punto parte l’indagine francese e con essa uno scandalo che mette in cattiva luce il palazzo di vetro. E’ caccia all’uomo, ma dura poco perché Kompass non si tira indietro. Anzi, rivendica il suo gesto. Questo gli costa una pesante indagine interna disciplinare e la sospensione dal servizio.

L’assoluzione di Kompass arriva a poche settimane da un rapporto di una commissione indipendente (voluta dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon, sugli abusi sessuali sui bambini della Repubblica Centrafricana) che ha stabilito che Kompass non aveva fatto niente di sbagliato passando alla Francia un documento riservato che conteneva le interviste con le vittime e le descrizioni degli autori degli abusi. La commissione ha condannato “l’enorme fallimento delle Nazioni Unite” nella sua inerzia nel combattere gli abusi sessuali nella Repubblica Centrafricana.

 

Dittatura e strapotere militare

16 gennaio 2016

ROMA – La Corte di appello di Lisbona concede l’estradizione in Italia dell’ex agente della Cia Sabrina De Sousa, condannata in via definitiva a 7 anni di reclusione per il sequestro dell’imam egiziano Hassan Mustafa Osama Nasr, alias Abu Omar, (uno dei più noti casi di extraordinary rendition, consumato a Milano il 17/2/2003 con la decisiva collaborazione del Sismi, servizio segreto militare, di Nicolò Pollari) e la decisione riapre il pasticciato sulla vicenda tra Roma e Washington alla vigilia della visita che vedrà in febbraio negli Stati Uniti il presidente della rep. Sergio Mattarella.

La De Sousa, 60 anni, doppia cittadinanza (statunitense e portoghese), era stata arrestata dalla polizia portoghese lo scorso ottobre all’aeroporto di Lisbona in forza di un mandato di arresto europeo datato agosto 2006 (quando la donna, insieme ad altri 24 agenti della Cia era ricercata dalla Procura di Milano), mentre stava per imbarcarsi su un volo per l’India, dove avrebbe dovuto raggiungere la madre. E da quel momento la sua vicenda ha rimesso in discussione l’accordo (mai reso pubblico, ma di fatto documentato dalle decisioni assunte nel tempo dalla presidenza della rep. e dal ministero della giustizia italiani) con cui il nostro Paese ha sin qui garantito che né la Sousa, né gli altri 25 cittadini americani (24 agenti della Cia e un ufficiale dell’aviazione) condannati in via definitiva per il sequestro Abu Omar, abbiano scontato o sconteranno un solo giorno di carcere. La decisione della Corte di Appello di Lisbona, per quel che ha annunciato il legale della Sousa, Manuel de Magalhaes e Silva, verrà impugnata dinanzi alla Corte Suprema portoghese e, ha aggiunto l’avvocato, «sottoposta se necessario alla Corte Costituzionale». Dunque, la sua efficacia resta per il momento congelata. Ma questo, evidentemente, non sposta la sostanza e i termini della questione per quanto riguarda l’opacissima quanto fragilissima soluzione che al caso hanno deciso di dare Roma e Washington. E di cui è utile ricordare i termini e i modi.

Per sei anni, a partire dall’estate del 2006, quando la vicenda esplode con la richiesta di arresto della magistratura milanese dei 26 agenti della Cia coinvolti nel sequestro di Abu Omar (e la conseguente emissioni di altrettanti mandati di arresto europei), 5 diversi ministri della giustizia che si succedono a Largo Arenula, a dispetto delle maggioranze di appartenenza, si rifiutano di dare corso alla richiesta di cattura internazionale a fini di estradizione avanzata dall’allora procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro.

Rimangono infatti inerti Roberto Castelli, quindi Luigi Scotti (Governo Prodi), Angelino Alfano (Governo Berlusconi), Nitto Palma (Governo Berlusconi) e Paola Severino (Governo Monti). Almeno fino al 21 dicembre del 2012, quando la Cassazione rende definitive le condanne per 25 agenti della Cia e un ex ufficiale dell’aviazione Usa. Con pene che, in un caso, arrivano a 9 anni di reclusione (Bob Lady, ex capocentro di Langley a Milano) e in tutti gli altri a 7 anni. A quel punto, proprio il ministro Severino interviene con una circolare in cui si prova a soddisfare la richiesta di Washington di non dare corso all’esecuzione delle condanne. L’allora ministro della Giustizia stabilisce infatti, in nome di «un criterio di ragionevolezza della procedura» e «richiamando un decreto ministeriale del 2000», che, nel caso Abu Omar, le ricerche internazionali ai fini di estradizione per una pena che è diventata nel frattempo definitiva debbano valere per il solo Bob Lady e non per gli altri 25 condannati. E questo perché, alleggerite dall’indulto di 3 anni approvato nel frattempo dal Parlamento, le pene non supererebbero la soglia dei 4 anni. Limite entro il quale il nostro governo ritiene che sia appunto “irragionevole” chiedere l’estradizione per l’esecuzione della pena.

E’ una gabola che è un eufemismo definire discutibile (non fosse altro per la gravità del reato e perché sconfessa la risoluzione con cui, nel febbraio 2007, il Parlamento Europeo aveva “deplorato” la passività del governo italiano nella vicenda Abu Omar), che trova tuttavia disattenta l’opinione pubblica e, di fatto, complice anche il tempo che è trascorso, passa sotto silenzio. Ed è comunque una gabola che garantisce la promessa di sostanziale impunità fatta agli Stati Uniti e a cui si adeguano, di lì in avanti, anche il ministro Annamaria Cancellieri e l’attuale guardasigilli Andrea Orlando. Anche perché, nel frattempo, si muove di conserva anche la presidenza della rep. Nell’aprile del 2013, Giorgio Napolitano concede infatti la grazia a Joseph Romano (l’ufficiale dell’aviazione statunitense condannato con gli agenti della Cia). Quindi, nel dicembre scorso, il presidente Sergio Mattarella, osservando che «con l’amministrazione Obama si è interrotta la pratica delle extraordinary renditions» e «al fine di riequilibrare le pene inflitte dai giudici», firma (con il parere favorevole del ministro della giustizia e quello contrario della Procura generale di Milano) due nuovi decreti di “grazia” parziale per altrettanti ex agenti Cia. Il primo nei confronti di Betnie Medero per la pena ancora da espiare (tre anni di reclusione), estesa anche alla pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Il secondo, a beneficio di Robert Seldon Lady, condannato a 9 anni di reclusione. La grazia parziale, in questo caso, è di 2 anni che, sommati ai 3 di indulto, lo portano alla soglia dei 4 anni per i quali, come si è visto, il nostro ministero della giustizia ha deciso dal 2012 di non impegnarsi a chiedere la cattura internazionale a fini di estradizione.

Insomma, la faccenda sembra definitivamente chiusa. Fino, appunto, all’arresto della Sousa. Un “imprevisto” figlio di quel primo, “dimenticato” mandato di arresto europeo, strumento che sfugge alla volontà politica degli stati membri dell’Unione, e che riapre la questione. Non fosse altro perché, in assenza di un nuovo provvedimento di grazia, qualora l’estradizione venisse alla fine confermata dalle corti superiori portoghesi, la donna dovrebbe scontare 4 anni di carcere in Italia. La Sousa, continua a protestarsi innocente (sostenendo che il giorno della abduction di Abu Omar a Milano era a sciare a Madonna di Campiglio) e, nei mesi scorsi, ha concesso una lunga intervista all’americano ‘Vice’ evocando “accordi tra stati” intervenuti nel caso Abu Omar. Parole che sollecitano Armando Spataro (oggi procuratore capo di Torino) ad «augurarsi che, in caso di conferma dell’estradizione, la Sousa si decida finalmente a raccontare ai giudici italiani quello che sa sulla vicenda Abu Omar e che, sin qui, ha ritenuto di dover riferire solo alla stampa americana».

 

Bambini disabili: repressione, violenze disumane e torture

18 gennaio 2016

LICATA (AGRIGENTO). C’era chi veniva incatenato al letto per ore ed ore. Chi, dopo essere stato scoperto a mangiare una merendina, veniva legato mani e piedi con lo scotch ad una sedia e veniva coperto con un lenzuolo mentre alcuni operatori lo prendevano a schiaffi. Chi, ancora, veniva rinchiuso in una piccola stanza per intere giornate senza cibo e chi veniva costretto a mangiare i propri escrementi. Otto indagati, un arresto, tre divieti di dimora e un provvedimento di interdizione. L’operazione “Catene spezzate”, ha fatto luce su quella che sarebbe dovuta essere una comunità per minori disabili, ma che in realtà era un vero e proprio lager dove gli ospiti erano costretti a subire continue violenze e a mangiare talvolta cibi scaduti e mal conservati.

Una delle ragazzine ospiti di quel centro, sentita dagli inquirenti, la chiamava proprio “la casa degli orrori”. Le indagini sono partite grazie alle insegnanti della scuola che frequentavano i ragazzi disabili: durante alcuni compiti di artistica, infatti, una ragazzina ha realizzato un disegno che ha immediatamente insospettito gli insegnanti. Streghe, bambini legati ai letti, persone che picchiavano bambini. Tutti elementi che hanno convinto i professori a chiamare immediatamente i carabinieri dopo aver registrato con uno smartphone i racconti delle vittime e dopo aver fotografato le ferite che alcuni di loro avevano sui polsi.

In manette è finita Caterina Federico, trentaduenne di Licata, assistente sociale e responsabile della casa per minori di Licata. Tra gli indagati anche Salvatore Lupo, presidente del consiglio comunale di Favara (Agrigento),

L’indagine è stata coordinata dal procuratore capo di Agrigento, Renato Di Natale, dall’aggiunto Ignazio Fonzo e dal sostituto Alessandro Macaluso, che hanno consentito di intercettare anche alcune telefonate tra gli operatori del centro che hanno lasciato pochi dubbi. Parlavano tra di loro come “calmare” gli animi dei ragazzi e si confrontavano su come poter agire.

In uno dei casi scoperti dagli inquirenti, una ragazza è stata costretta a mangiare i propri escrementi come “punizione”. Un altro, invece, è stato legato con catene e lucchetti alla struttura metallica del proprio letto. Fatti che, grazie ai racconti e ai disegni realizzati a scuola da una delle vittime. All’interno della struttura veniva utilizzata acqua contaminata da batteri coliformi.

Nel video di qualche mese fa, sempre a Licata, un’altra denuncia di abusi ai minori:

 

Rsp (individualità Anarchiche)

Vecchie stragi di stato massomafiose e nuove destre che escono dalle fogne…

Massomafia: stato fascista e stragista….

https://www.youtube.com/watch?v=qqIu81NZgfk

15 gennaio 2016

La desecretazione degli atti sulle stragi in Italia si sta tramutando in un nuovo “depistaggio”. Insomma, in una beffa, “in una presa in giro non solo per le vittime ma anche per tutti gli italiani”, protesta Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei parenti delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 e deputato Pd. Bolognesi è in prima linea sulla questione da tempo e, di recente, si è anche scontrato col ministro Maria Elena Boschi: lui sosteneva che ci fossero apparati che boicottavano la desecretazione, il ministro ha smontato questa sua teoria….

Le associazioni dei parenti delle vittime hanno anche pensato di istituire una borsa di studio per vigilare sulla desecretazione e oggi che viene annunciata l’uscita dei cassetti di 92.000 documenti insorgono una volta di più. Prima di natale avevano anche scritto al premier dicendosi pronti a iniziative “pubbliche”, di piazza, per contestare l’iter della desecretazione e ora questa prospettiva si rafforza: a fine mese ci sarà una conferenza stampa congiunta di tutte le associazioni che annunceranno come intendono far sapere agli italiani che il governo li sta “prendendo in giro”. Infatti, dice Bolognesi in un comunicato, “ai familiari delle vittime di stragi non risulta che i Servizi abbiano versato tutti i documenti custoditi presso i loro archivi. Come segnaliamo da quasi due anni, il valore politico e civile della Direttiva è stato svuotato dall’opacità delle modalità adottate dagli enti interessati al versamento”. E Bolognesi ricorda ancora una volta che “tra le lacune rilevate” c’è “il rifiuto, da parte dei Servizi, di depositare i fascicoli personali degli esecutori e dei depistatori delle stragi, utili ad acquisire possibili collegamenti con i mandanti degli eccidi”….

All’ultima riunione col sottosegretario Claudio De Vincenti, aggiunge Bolognesi, “alle nostre associazioni, che chiedevano spiegazioni, i vertici dei Servizi si sono limitati a rispondere che ‘la Direttiva prevede un versamento per argomento e non per nominativo. E non è così (afferma Bolognesi) se la Direttiva prevede il versamento di tutti i documenti sulla strage di Bologna è logico ed oggettivo che tra questi sono compresi i fascicoli personali di chi l’ha eseguita e ne ha depistato le indagini. Omettere di versare informazioni così importanti per arrivare alla completa verità sulle stragi, non solo è un insulto alle vittime, ma anche un nuovo depistaggio”.

La desecretazione degli atti è uno degli impegni presi dal Governo e rilanciato in piazza lo scorso 2 Agosto a Bologna, assieme agli impegni sul reato di depistaggio e gli indennizzi alle vittime; in tutto quattro temi su cui è stata avviata una petizione che ha raccolto 2.324 adesioni. Eppure, “degli impegni presi dal Governo a Bologna non ce n’è uno che va per il verso giusto. Io (promette Bolognesi all’agenzia Dire) dalla prossima settimana ricomincio a martellare sul reato di depistaggio”, approvato alla Camera e fermo in commissione Giustizia al Senato dal 31 luglio scorso; l’esame non è nemmeno iniziato. In Legge di stabilità, invece, non ci sarebbero i benefici previdenziali per le vittime. “Purtroppo non c’è differenza tra questo governo e i precedenti. Anzi, una sì: quelli prima almeno te lo dicevano in faccia che non avrebbero fatto nulla”, conclude sconsolato Bolognesi.

 

Fascismo braccio armato dei servizi segreti…

La Strage di stato del 2 agosto 1980

https://www.youtube.com/watch?v=yEUGUSD7kFY

La strage di Bologna, compiuta la mattina di sabato 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria di Bologna, è stato un atto terroristico organizzato da apparati paramilitari clandestini italiani (stay behind); un piano militare, con poteri massomafiosi e geopolitici, chiamato “strategia della tensione” …..

Come esecutori materiali furono individuati dalla magistratura alcuni militanti di estrema destra, appartenenti ai Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), tra cui Giuseppe Valerio Fioravanti. Furono rilevati collegamenti anche con la criminalità organizzata e i servizi segreti ‘deviati’…..

Nell’attentato rimasero uccise 85 persone ed oltre 200 rimasero ferite. Le indagini si indirizzarono quasi subito sulla pista neofascista, ma solo dopo un lungo iter giudiziario e numerosi depistaggi (per cui vennero condannati Licio Gelli, capo della loggia massonica occulta e deviata dei servizi segreti della P2, Pietro Musumeci generale del SISMI, Giuseppe Belmonte agente dei servizi segreti deviati del Sismi e Francesco Pazienza faccendiere e agente dei servizi segreti deviati coinvolto nel crac dell’Ambrosiano ( Massomafia cattolica).

Il 2 agosto 1980 alle 10:25, nella sala d’aspetto di 2ª classe della stazione di Bologna, affollata di turisti e di persone in partenza o di ritorno dalle vacanze, un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata, venne fatto esplodere e causò il crollo dell’ala ovest dell’edificio. La bomba era composta da 23 kg di esplosivo, una miscela di 5 kg di tritolo e T4 (provenienza Nato) detta “Compound B”, potenziata da 18 kg di gelatinato – nitroglicerina.

L’esplosivo, di fabbricazione militare, era posto nella valigia, sistemata a circa 50 centimetri d’altezza su di un tavolino portabagagli sotto il muro portante dell’ala ovest, allo scopo di aumentarne l’effetto.

Nei giorni successivi, la centrale Piazza Maggiore ospitò imponenti manifestazioni di sdegno e di protesta da parte della popolazione e non furono risparmiate accese critiche e proteste rivolte ai rappresentanti del governo, intervenuti il giorno 6 ai funerali delle vittime celebrati nella Basilica di San Petronio. Gli unici applausi furono riservati al presidente Sandro Pertini, giunto con un elicottero a Bologna alle 17:30 del giorno della strage, che in lacrime affermò di fronte ai giornalisti: «Non ho parole, siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia»…..

La posizione ufficiale sia del governo italiano (allora presieduto dal Senatore democristiano, capo dei servizi segreti deviati Francesco Cossiga) sia delle forze di polizia fu quella di depistare le indagini attribuendo lo scoppio a cause fortuite, ovvero all’esplosione di una vecchia caldaia sita nel sotterraneo della stazione…. Già il 26/8/1980 la Procura della Repubblica di Bologna emise 28 ordini di cattura nei confronti di militanti di estrema destra dei Nuclei Armati Rivoluzionari: Roberto Fiore e Massimo Morsello, Gabriele Adinolfi, Francesca Mambro, Elio Giallombardo, Amedeo De Francisci, Massimiliano Fachini, Roberto Rinani, Giuseppe Valerio Fioravanti, Claudio Mutti, Mario Corsi, Paolo Pizzonia, Ulderico Sica, Francesco Bianco, Alessandro Pucci, Marcello Iannilli, Paolo Signorelli, PierLuigi Scarano, Francesco Furlotti, Aldo Semerari, Guido Zappavigna, GianLuigi Napoli, Fabio De Felice, Maurizio Neri. Vengono subito interrogati a Ferrara, Roma, Padova e Parma. Tutti saranno scarcerati nel 1981.

Lentamente e con fatica, attraverso una complicata e discussa vicenda politica e giudiziaria, e grazie alla spinta civile dell’associazione familiari delle vittime della strage di Bologna, si giunse ad una sentenza definitiva della Corte di cassazione il 23 novembre 1995. Vennero condannati all’ergastolo, quali esecutori dell’attentato, i neofascisti dei NAR Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro (braccio destro della P2), l’ex agente del SISMI Francesco Pazienza e gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte vennero condannati per il depistaggio delle indagini.

Il 9 giugno 2000 la Corte d’Assise di Bologna emise nuove condanne per depistaggio: 9 anni di reclusione per Massimo Carminati, estremista di destra, e 4 anni e mezzo per Federigo Mannucci Benincasa, ex direttore del SISMI di Firenze, e Ivano Bongiovanni, delinquente comune legato alla destra extraparlamentare. Ultimo condannato per la strage è Luigi Ciavardini, con condanna a 30 anni confermata nel 2007. Eventuali mandanti della strage, avevano un ipotetico movente simile a quello degli altri attentati della ‘strategia della tensione’ (destabilizzare per instaurare un regime autoritario).

Nel 1984, Vincenzo Vinciguerra, terrorista neofascista di Ordine Nuovo e poi di Avanguardia Nazionale (il gruppo diretto da Stefano Delle Chiaie, già coinvolto nelle indagini sulla strategia delle tensione e attivo nel golpismo della CIA in America latina), condannato e reo confesso per la strage di Peteano in cui vennero uccisi tre carabinieri, ha inoltre reso dichiarazioni spontanee ai magistrati (non motivate dall’avere sconti di pena come quelle dei “pentiti”, per questo ritenute più attendibili) sui coinvolgimenti dell’estrema destra nella strategia della tensione e, riguardo a Bologna, ha fatto riferimento alla struttura clandestina anticomunista della NATO in Italia, nota poi come Organizzazione Gladio, e ai suoi settori deviati; queste allusioni e rivelazioni furono da lui ripetute in varie interviste successive. Ha inoltre paragonato la dinamica a quella di due tentate stragi, fallite: quella del 28/8/1970 alla stazione di Verona e quella di Milano del 30/7/1980; ha poi affermato la colpevolezza di Mambro e Fioravanti nella strage del 2 agosto (e quindi il fatto che anche i NAR furono spinti a partecipare alla strategia della tensione, come era accaduto agli altri gruppi di estrema destra, in cambio di protezione), e che, a suo parere, avrebbero avuto coperture politiche anche da parte del Movimento Sociale Italiano e dei suoi eredi diretti, e queste pressioni (di persone che poi avrebbero avuto importanti ruoli governativi e amministrativi negli anni ’90 e 2000) attribuisce, sempre secondo il suo personale parere, i benefici di legge a loro concessi, nonostante i numerosi ergastoli comminati. Vinciguerra non sarà testimone diretto nel processo di Bologna. Vinciguerra sconta l’ergastolo da più di 30 anni, dal 1979, attualmente nel carcere di Opera; non ha ricevuto gli sconti di pena possibili dopo 26 anni né ha mai avuto lo status di “collaboratore di giustizia”, ma è divenuto uno dei più convinti accusatori dei neofascisti nella strategia della tensione. Egli sostiene, come molti altri, che Bologna fu un tentativo di depistaggio per i fatti di Ustica e si definisce “fascista” anziché “neofascista” per marcare la differenza, sostenendo che le stragi non sono fasciste ma “di stato” e “atlantiche” (nonostante l’accertata manovalanza di estrema destra, gli obiettivi non erano prettamente ideologici).

A metà luglio del 1980, il colonnello Amos Spiazzi, già coinvolto nel golpe Borghese e nella Rosa dei venti, poi incarcerato, viene incaricato dal SISDE di indagare sulla riorganizzazione dei gruppi eversivi di estrema destra. Spiazzi andò a Roma per incontrare un “informatore” neofascista, Francesco Mangiameli detto Ciccio. Mangiameli avrebbe raccontato a Spiazzi dell’omicidio di Mario Amato e di un progetto per assassinare il giudice che indagò su piazza Fontana, Giancarlo Stiz. Mangiameli afferma di essere stato incaricato da Stefano Delle Chiaie (che poi verrà accusato dai depistatori, o meglio, saranno due uomini legati al suo gruppo internazionale le vittime del depistaggio; Delle Chiaie sarà assolto, come per le altre stragi) di reperire armi ed esplosivo ad ogni costo e afferma che per i primi di agosto era previsto un attentato di enormi proporzioni, come si era detto già da parte di detenuti neofascisti. Il depistaggio di Licio Gelli invece non avrebbe dovuto coinvolgere Delle Chiaie in prima persona o deviare dalla pista neofascista, ma fabbricare due colpevoli stranieri, personaggi minori del gruppo degli ex Avanguardia Nazionale. Gelli e Delle Chiaie erano amici e frequentavano alcune logge massoniche ‘deviate’ e la criminalità organizzata, non solo la P2 la loggia massonica dei servizi segreti, di cui Gelli era il Maestro Venerabile.

Per quanto riguarda la criminalità comune, la Banda della Magliana partecipò ai depistaggi con la P2, ed ebbe rapporti coi servizi segreti e con l’eversione nera. Il faccendiere romano Gennaro Mokbel, vicino alla banda e alla ‘ndrangheta, alla massoneria deviata e al neofascismo (oltre che conoscente di numerosi importanti uomini politici, tra cui Marcello Dell’Utri), affermò in un’intercettazione del 2010 di aver pagato 1 milione e 200mila euro per far uscire di prigione Francesca Mambro e Valerio Fioravanti; egli ebbe numerosi contatti telefonici, anche successivi alla loro scarcerazione, coi due ex terroristi neri…

L’operazione viene descritta su tre diversi livelli: gli esecutori materiali (i NAR), il livello intermedio dei vecchi ordinovisti (tra cui gli indagati Massimiliano Fachini e Paolo Signorelli), i mandanti occulti e ispiratori (la P2, servizi segreti deviati, ambienti politici, strutture come quella che verrà poi identificata come Gladio)….

Secondo alcuni, come Giovanni Pellegrino (deputato dei Democratici di Sinistra ed ex presidente della Commissione parlamentare stragi), il movente non sarebbe la strategia della tensione e la spinta verso una svolta a destra, ma altri contrasti di potere, che siano stati internazionali tra NATO e Patto di Varsavia, tra Israele e Palestina, o tra USA e Libia, con l’Italia in posizione ondivaga, che si trovò in mezzo a questa “guerra segreta“; sia interni, come minaccia per silenziare chi sapeva qualcosa sulle bombe del 1969-1974, ad esempio come faida interna alla P2.

Se i neofascisti dei NAR collocarono l’esplosivo militare in nome dello “spontaneismo armato” e della loro ideologia (esplosivo fornito dai servizi segreti deviati e da settori eversivi di Gladio), furono spinti da qualcuno più in alto (il che spiegherebbe la mancata rivendicazione), e la P2 e lo stesso SISMI depistarono (ai danni di un altro neofascista, Stefano Delle Chiaie) per motivi poco chiari, c’è chi ipotizza anche che la bomba fu un’azione diversiva per sviare l’attenzione da alcuni scandali del periodo: il crack finanziario del banco Ambrosiano, la bancarotta e la caduta del faccendiere Michele Sindona (colluso con la mafia e la P2, e, secondo Luigi Cipriani, deputato di Democrazia Proletaria, anche finanziatore della strategia della tensione fino al 1974), l’affacciarsi degli attacchi di Cosa nostra contro lo stato e le indagini che avrebbero condotto agli elenchi dei piduisti, ritrovati a Castiglion Fibocchi, tutti casi in cui venne coinvolta la loggia massonica eversiva diretta da Gelli, il cui scopo era l’instaurazione di una repubblica presidenziale liberale bipartitica anticomunista, con tratti di autoritarismo e controllo dei mass media.

 

L’Associazione dei Familiari delle Vittime delle Strage di Bologna ha sempre sostenuto che, come in altre stragi analoghe, chi posizionò la bomba era solo un esecutore di ignoti mandanti. Il presidente dell’associazione, ha affermato che essi vanno cercati nelle istituzioni dell’epoca e in gruppi come la P2….. Egli afferma che Licio Gelli diede 10 milioni di dollari a persone dei servizi segreti e ad appartenenti all’Organizzazione Gladio, prima e dopo il 2 agosto 1980.

Bolognesi ha prodotto con Roberto Scardova, il libro “Stragi e mandanti. Sono veramente ignoti gli ispiratori dell’eccidio del 2/8/1980 alla stazione di Bologna?” (2012) in cui viene ipotizzata un’unica strategia anticomunista internazionale, attuata in Grecia con la dittatura dei colonnelli, in Italia con la strategia della tensione, comprendente falsi golpe di avvertimento e reali stragi, di cui Bologna fu il culmine, e in America latina coi colpi di stato (golpe in Cile, dittatura argentina appoggiata dalla P2, ecc.) dell’Operazione Condor (della quale l’Operazione Gladio fu l’equivalente europea), con mandanti originari uomini dei servizi segreti anglo-americani, importanti politici stranieri e, localmente, italiani. La strategia della tensione sarebbe partita da prima della fine della II guerra mondiale con la costituzione, in ambito fascista, della struttura parastatale denominata Noto Servizio o “Anello”. Lo stragismo avrebbe quindi da sempre usato manovalanza neofascista, neonazista, criminali comuni e mafiosi e avrebbe goduto di finanziamenti esterni provenienti dall’estero (sia dalla NATO, sia dal petrolio della Libia di Gheddafi, in affari segreti col governo Andreotti e con l’ENI di Eugenio Cefis) e da faccendieri italiani.

È da tenere in considerazione il fatto che il 27/6/1980, ovvero 35 giorni prima della strage della stazione, da Bologna era partito l’aereo DC9 Itavia volo IH870 per Palermo, che fu misteriosamente abbattuto al largo di Ustica provocando la morte di 81 persone. Le versioni ufficiali hanno sempre tenuto le due stragi separate al punto che tuttora per l’opinione pubblica italiana i due fatti appaiono slegati da qualsiasi fattore o nesso comune. Esiste tuttavia, la possibilità che alcuni servizi segreti (CIA, Mossad) avessero provocato la strage di Bologna al fine di mettere sotto pressione il governo italiano e il suo filoarabismo (“lodo Moro“), in quanto considerato ambiguo e controproducente agli interessi atlantici. Tale filoarabismo dello stato italiano avrebbe suggerito la protezione del Colonnello Gheddafi nel presumibile attacco subito nei cieli di Ustica il 27 giugno di quella stessa estate. Questo spiegherebbe la copertura successiva e la deviazione delle indagini sulla strage da parte dello stato italiano.

Un’ipotesi nota riguarda il cosiddetto “lodo Moro”, del quale parla anche lo stesso Aldo Moro nel memoriale della prigionia, riguardante un accordo segreto con la dirigenza palestinese, trattato dal colonnello del SISMI Stefano Giovannone. Tra il 1999 e il 2006, durante i lavori istruttori della Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi (XIII legislatura, 1996-2001) e poi della Commissione d’inchiesta concernente il «dossier Mitrokhin» e l’attività d’intelligence italiana (XIV legislatura, 2001-2006) sono emersi elementi inediti sui collegamenti internazionali del terrorismo italiano e sulle reti dei servizi segreti dell’ex blocco sovietico e dei principali Paesi arabi come Siria, Libano, Libia, Yemen del Sud e Iraq, una rete di rapporti accennati anche, ad esempio, dall’infiltrato criminologo borghese Senzani, in un biglietto manoscritto ritrovato nei documenti delle BR. Il capo brigatista Giovanni Senzani attribuirebbe, probabilmente secondo quanto riferito da Abu Ayad (un membro del gruppo terroristico Settembre Nero), la strage (assieme all’attentato alla sinagoga di Parigi e quello alla SIOT di Trieste) alla regia del KGB, che tramite la STASI (polizia politica della Germania Est) finanziava il gruppo di Carlos e la causa palestinese del FPLP:

Il lodo Moro sarebbe stato coperto dai depistaggi in altre situazioni, come nel caso dei giornalisti Graziella De Palo e Italo Toni, scomparsi e probabilmente rapiti e poi assassinati (forse dalla frangia OLP-Fplp di George Habbash) in Libano il 2 settembre 1980, mentre indagavano a Beirut sui legami tra servizi segreti, terrorismo e organizzazioni palestinesi. Cossiga afferma che lo stesso Habbash gli mandò un telegramma dopo il sequestro dei missili di Ortona nella macchina di Daniele Pifano, leader di Autonomia Operaia, per avvisarlo che l’Italia stava rompendo l’accordo e violando i patti. Il terrorismo arabo-palestinese si rese responsabile di due stragi sul territorio italiano, entrambe a Fiumicino: nel 1973 (prima della stipula dell’accordo) e nel 1985 (dopo la rottura). Inoltre nel 1984 (15 febbraio), su richiesta dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, con la quale i brigatisti collaboravano da anni, le BR-PCC uccisero a Roma Leamon Ray Hunt, il comandante in capo della Sinai Multinational Force and Observer Group.

Giovanni Spadolini si dichiarò convinto della pista libica, in un’interrogazione parlamentare del 4 agosto quando si capì che era detonata una bomba e non una caldaia, ma Cossiga dichiarò subito la strage come “fascista”, apparentemente senza prove certe (all’epoca di questa affermazione), ritrattando alcuni anni dopo accusando il terrorismo palestinese. Lo stesso depistaggio dei servizi segreti e della P2, sarebbe servito ad indicare la pista del fascismo, anche se non quella dei NAR ma quella “internazionale”, per scagionare la Libia ed evitare incidenti diplomatici, poiché Gheddafi aveva importanti partnership commerciali e petrolifere con l’ENI e la FIAT, nonché quote di partecipazioni azionarie. Il leader libico coltivava anche buoni rapporti con Giulio Andreotti. L’ex spia e faccendiere Francesco Pazienza, condannato a 13 anni per i depistaggi verso la pista neofascista, ha sostenuto questa tesi in interviste concesse dopo la scarcerazione, affermando che anche il procuratore Domenico Sica propose la pista libica, rivelando il motivo per cui Gelli volle depistare, e cioè la difesa degli interessi finanziari e petroliferi italiani col regime di Gheddafi, poiché “coinvolgerla (la Libia)”, sempre secondo la “confessione” dell’ex agente nell’intervista a Milena Gabanelli, «in quel momento avrebbe voluto dire tragedia per la Fiat e per l’Eni».

Con una direttiva del 22/4/2014, tutti i fascicoli relativi a questa strage non sono più coperti dal segreto di stato e sono perciò liberamente consultabili da tutti….

 

Estrema destra braccio armato dei servizi segreti ….

15 gennaio 2016

Anche Bologna ospiterà un raduno europeo degli esponenti di estrema destra eletti nelle amministrazioni locali. A organizzarlo e annunciarlo via Facebook per martedì 19 gennaio, è il movimento Alliance for peace and freedom (Apf), guidato dal leader di Forza Nuova Roberto Fiore. Come si legge sul profilo Facebook dell’organizzazione, si tratta di una “prima riunione organizzata per i rappresentanti patriottici che sono stati eletti come consiglieri, sindaci o membri dei parlamenti regionali”. Immediate le reazioni. “Ma non hanno niente di meglio da fare nella vita che rompere le palle a questa città?”, sbotta il sindaco Virginio Merola. Mentre il Pd avverte: “Rispetto per la Resistenza”.

“Costruire una rete”. L’appuntamento del 19 gennaio, spiega il movimento di estrema destra, “mira a stabilire una rete europea a livello istituzionale“. Per questo sarà creata “una newsletter mensile per agevolare lo scambio di informazioni all’interno della rete” e sarà redatto “un manuale che indica come un rappresentante patriottico dovrebbe agire nelle istituzioni locali”. L’Apf è nata di recente, il 4/2/2015, ed è formata da rappresentanti di partiti e movimenti ultranazionalisti e di estrema destra di 10 Paesi europei: Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia (Alba Dorata), Italia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia. Proprio Forza Nuova sarà oggi, 16 gennaio, in piazza a Modena con un presidio alle 14.30 in pieno centro storico. Una manifestazione contestata da più parti, a partire dal sindaco Giancarlo Muzzarelli.

 

Allerta allerta, i fasci stanno uscendo dalle fogne!!!

Fascisti sbirromafiosi, massoni e trame occulte geopolitiche…

15 gennaio 2016

Un convegno nazifascista europeo al Palazzo delle Stelline a Milano. È la “sorpresa” che potrebbe andare in scena domenica 24 nell’antica struttura quattrocentesca di corso Magenta. I responsabili di Alliance for peace and freedom (il coordinamento paneuropeo che riunisce, tra gli altri, Forza Nuova, Alba Dorata greca, l’Npd tedesca e il British unity, tutte formazioni di matrice e ispirazione neofascista e antisemita) hanno formalmente richiesto una sala della struttura che ospita un hotel e un centro convegni.

Il convegno milanese (che stando alla pagina Facebook della stessa Alliance sarebbe preceduto da un primo meeting a Bologna il 19) si terrebbe a sole 72 ore dalla data del 27 gennaio: la giornata in cui si ricorda lo sterminio degli ebrei, dei rom, degli omosessuali e degli oppositori politici nei campi di concentramento nazisti.

Si prospetta dunque un nuovo sfregio nel cuore della città medaglia d’oro per la Resistenza? Un’altra provocazione, ancora una volta con teatro Milano? Non solo: se il convegno sarà confermato (alle Stelline o in altro luogo) significherebbe che a fine gennaio, nell’arco di pochi giorni, dal 24 al 28, nel capoluogo lombardo si terrebbero ben due appuntamenti clou per gli ambienti dell’estrema destra: il convegno di Alliance, il 24, e, il 28, l’assemblea pubblica promossa dalla Lega in un albergo cittadino (tenuto ancora nascosto) con Marine Le Pen. Assemblea alla quale stanno già confermando la propria partecipazione esponenti di diversi gruppi dell’estrema destra milanese e lombarda.

Un appello alle istituzioni arriva dall’Osservatorio democratico sulle nuove destre: “Chissà se il sindaco e i candidati alle primarie del centrosinistra, tra cui il vicesindaco, se ne accorgeranno….

Ci auguriamo (si legge in un comunicato) che da parte di tutti (in primis chi ha il compito di vietare manifestazioni e raduni di partiti che richiamandosi al fascismo e all’antisemitismo sono palesemente fuorilegge) ci sia una sensibilità. E che non vengano concessi spazi a chi propaganda il razzismo, l’odio, l’antisemitismo“.

Procede intanto la campagna con petizione online per chiedere ai vertici dello stato lo scioglimento di tutti i gruppi di chiara ispirazione fascista e nazista che da anni organizzano feste, manifestazioni e convegni (anche e soprattutto) a Milano e in Lombardia….

 

Strategia della tensione, una tecnica di governo per i momenti di crisi

di Fabio Damen

http://www.rivistapaginauno.it/Strategia-tensione-tecnica-governo.php

 

Voi avete paura dell’ insurrezione.

La si farà quando il popolo lo vorrà

e non quando la polizia ne avrà bisogno.

Louise Michel

 

Rsp (individualità Anarchiche)

Repressione e controllo sociale

Si riapre il processo ai 4 poliziotti che uccisero Ferrulli

https://www.youtube.com/watch?v=Mk_PWgZmIBk

14 gennaio 2016

Si riapre in appello il processo a carico di 4 poliziotti sulla morte di Michele Ferrulli, il manovale di 51 anni che il 30 giugno 2011 morì a Milano per un arresto cardiaco mentre gli agenti lo stavano ammanettando. La Corte d’Assise d’appello del capoluogo lombardo, infatti, accogliendo la richiesta del sostituto pg Tiziano Masini, ha disposto una nuova perizia medico-legale per accertare le cause di alcune “infiltrazioni emorragiche” riscontrate sulla testa del manovale. Inoltre, la Corte ha deciso che vengano visionati in aula nuovamente, alla presenza dei consulenti delle parti, i filmati che hanno ripreso le fasi dell’arresto.

Milano, lo schiaffo del poliziotto a Ferrulli durante l’arresto…..

In primo grado, nel luglio 2014 gli agenti erano stati assolti dalle accuse di omicidio preterintenzionale e falso in atto pubblico. A impugnare la sentenza sono stati il pm Gaetano Ruta, che aveva chiesto condanne a 7 anni di carcere, e i familiari di Ferrulli, parti civili nel procedimento, assistiti dagli avvocati Carlo Federico Grosso e Valentina Finamore.

La nuova perizia medico-legale ammessa dalla Corte d’Assise d’appello dovrebbe sciogliere i dubbi sull’origine dell’emorragia rintracciata sul capo di Michele Ferrulli. L’approfondimento dovrà rispondere alla domanda se è stato provocato da una indebita compressione del capo sul suolo, tale da indurre ad un cedimento dei capillari. Se così fosse, si potrebbe avanzare l’ipotesi, nell’ottica dell’accusa, che l’azione di contenimento dei quattro poliziotti nel momento dell’arresto sia stata esagerata rispetto alle necessità.

Ferrulli, figlia del manovale morto, aveva dichiarato che era stato gettato “fango addosso ai miei avvocati, alla mia famiglia” e alla “Procura di Milano che ha semplicemente fatto il suo lavoro in maniera onesta”. Le parole erano riferite all’assoluzione dalle accuse di omicidio preterintenzionale e falso in atto pubblico per cui il pm Gaetano Ruta aveva chiesto 7 anni di carcere per gli sbirri cocainomani e fascisti senza cervello: Francesco Ercoli, Michele Lucchetti, Roberto Stefano Piva e Sebastiano Cannizzo….

 

Sbirro infame e cocainomane: gestiva spaccio di coca in carcere

08 gennaio 2016

Monza, gestiva spaccio di coca dentro il carcere: arrestato poliziotto penitenziario

Un agente della polizia penitenziaria in servizio al carcere di Monza è stato arrestato in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere per truffa aggravata, falso ideologico, corruzione in concorso e spaccio di droga in concorso con un detenuto, emessa dal gip del Tribunale di Monza.

L’agente procurava la droga ai reclusi. Per gestire il giro di spaccio si avvaleva della collaborazione di un detenuto, un 32enne in carcere per spaccio e furto.

Il 40enne è stato raggiunto dal provvedimento di custodia cautelare mentre si trovava a casa sua in Puglia. Ora si trova nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere (Caserta).

 

STATO MASSOMAFIOSO NON TOLLERA I giovani RIBELLI…

13 gennaio 2016

Roma, per gli scontri davanti al Senato condannati 16 studenti antagonisti …

Sedici persone sono state condannate e tre assolte per gli scontri avvenuti a Roma il 24 novembre del 2010 durante la manifestazione contro l’approvazione del decreto Gelmini sulla scuola. Le condanne variano da un massimo di 1 anno e 9 mesi di reclusione ai due mesi di arresto.

 

08 gennaio 2016

Anarchici e Azioni dirette contro il potere della massomafia e contro la violenza e gli abusi di potere della sbirraglia infame e cocainomane… La magistratura greca ha negato l’estradizione di 5 anarchici destinatari di un ordine di arresto per i disordini del I maggio a Milano, giorno dell’inaugurazione dell’Esposizione DEL BUSINESS MASSOMAFIOSO EXPO.

Lo scorso 10 dicembre due dei quattro antagonisti arrestati in Italia e difesi dall’avvocato Eugenio Losco erano stati scarcerati e avevano ottenuto i domiciliari su decisione del Tribunale del Riesame di Milano…..

 

La chiesa e il “vizietto” secolare:

Pedofilia, sacerdote ed educatore indagati nel Milanese

https://www.youtube.com/watch?v=4qA5OPPuabA

14 gennaio 2016

Un sacerdote salesiano e un educatore di un centro giovanile parrocchiale dell’hinterland di Milano sono indagati con l’accusa di violenza sessuale e pornografia minorile dalla Procura di Milano. Ne dà notizia ‘Il Giorno’ parlando di un’inchiesta che nasce dalla denuncia dei genitori della vittima ed è corroborata dalla testimonianza scritta del superiore provinciale dei salesiani che ha sospeso entrambi gli indagati dagli incarichi.

Stando alla denuncia, l’abuso sarebbe accaduto nella primavera scorsa, quando l’educatore sarebbe andato a casa del ragazzo, che era tornato a casa da scuola perché malato e, approfittando dell’assenza dei genitori, avrebbe compiuto la violenza. La vittima si sarebbe confidato col sacerdote il quale prima avrebbe cercato di persuaderlo della normalità della cosa e poi avrebbe a sua volta tentato degli approcci.

 

Rsp (individualità Anarchiche)

 

 

 

 

 

15/12/1969–15/12/2015: il pestaggio subìto potrebbe essere la causa della sua morte…

15/12/1969–15/12/2015: il pestaggio subìto potrebbe essere la causa della morte…

Il 1968 e il ‘69 sono anni in cui la contestazione operaia e studentesca sembra portare a grandi cambiamenti.

La politica catto- fascista si preoccupa di questo fermento rivoluzionario e organizza e istituisce il piano militare della strategia della tensione, per bloccare il movimento che si stava alzando di livello culturale …..

Tra il gennaio e il dicembre 1969 vengono compiuti 145 attentati per incolpare gli anarchici o la sinistra rivoluzionaria.

Stragi di stato di matrice catto-fascista ( partigiani bianchi – Edgardo Sogno – stay behind ).

L’evento che cambierà la vita di Pinelli, anzi che metterà fine alla vita di “Pino”, è la strage di piazza Fontana: il 12 dicembre 1969 a Milano nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, alle 16,37, scoppia una bomba che causa la morte di 16 persone e il ferimento di altre 88.

Gli anarchici accusano subito la polizia (anche attraverso le loro analisi storiche e sociali, conservate negli archivi anarchici) e il commissario Calabresi, dell’assassinio di Pinelli, per coprire lo stato e i fascisti, autori e esecutori delle stragi…..

Giuseppe Pinelli morì il 15 dicembre del ‘69 dopo 3 giorni di torture psicofisiche (codice Rocco – metodi fascisti), precipitando da una finestra della questura di Milano, dove era illegalmente trattenuto per accertamenti in seguito alla Strage di Piazza Fontana….

 

Nel video del 12/12/2103 Claudia, una figlia di Pinelli denuncia: “Papà come Uva, Cucchi, Aldrovandi, vittime dello Stato”.

 

Giuseppe “Pino” Pinelli era figlio di povera gente, nasce a Milano il 21 ottobre del 1928 (in un contesto sociale di sfruttamento e sopravvivenza) nel popolare quartiere di Porta Ticinese. Finite le elementari inizia a lavorare prima come garzone, poi come magazziniere. Nel 1944-‘45 partecipa alla Resistenza antifascista come staffetta delle Brigate partigiane Bruzzi-Malatesta, collaborando anche con un gruppo di partigiani anarchici. Affascinato dal pensiero libertario, dopo la fine della guerra Pinelli partecipa alla crescita del movimento anarchico a Milano…..

 

Sin da subito, una parte dell’opinione pubblica avanza il sospetto che Pinelli sia stato assassinato, defenestrato dagli agenti della polizia. Tuttavia lo stato non condanna se stesso e l’inchiesta conclusa nel 1975 dal giudice istruttore Gerardo D’Ambrosio, ha escluso l’ipotesi dell’omicidio, giudicandola assolutamente inconsistente…..

Piazza fontana: strage di stato

12/12/1969: terrorista è lo stato

 

Gli anni passano ma i metodi bastardi e fascisti dello stato e degli sbirri son sempre gli stessi…

I metodi fascisti-sbirreschi-militari usati durante il g8 a Genova nel 2001, ci hanno riportato agli ‘anni di piombo’, o ai rastrellamenti di nazisti e camicie nere durante il ‘ventennio fascista’.

Ormai è un secolo che ‘sto ventennio si ripete: non aspettiamo il nuovo malcelato clone di quel bastardo di mussolini, dopo Andreotti, Kossiga, Craxi, il Berlusca e Renzi lo scautino, chi proseguirà questa ‘italica saga familiare’? Dicono che a Genova hanno distrutto i nostri sogni di utopia e di fermento culturale, in realtà ora siamo più incazzati e molto meno ingenui di 15 anni fa…..

 

G8: STRATEGIE DI COLPO DI STATO PER LA SICUREZZA EUROPEA

 http://ricercatorisenzapadroni.noblogs.org/post/2015/04/08/g8-strategie-di

 

 

Siamo Anarchici perché vogliamo la giustizia, rivoluzionari perché vediamo l’ingiustizia regnare ovunque attorno a Noi. E Reclus

 

CUCCHI ucciso con gli stessi metodi di tortura del codice (fascista) Rocco…

15 dicembre 2015

Il caso di Stefano Cucchi è approdato oggi alla Suprema corte, mentre procede l’inchiesta bis della Procura di Roma che ha iscritto (a diverso titolo) 5 carabinieri nel registro degli indagati nel fascicolo aperto sulla morte del giovane geometra romano avvenuta 6 anni fa….

“Mio fratello è stato torturato. Introdurre in Italia una legge contro la tortura e chiamarla legge Cucchi sarebbe un sogno. Il significato che forse, alla fine, tutto ha avuto senso” ha spiegato la sorella Ilaria.

Caso Cucchi, il processo arriva in Cassazione: “Assolvere agenti, non i medici”

“Registriamo le richieste del procuratore generale e prendiamo atto – ha spiegato il difensore dei Cucchi – dell’avvio di una nuova indagine della Procura di Roma finalizzata all’individuazione dei responsabili di quello che la stessa procura non esita a definire ‘un violentissimo pestaggio'”.

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http://www.today.it/cronaca/caso-cucchi-processo-cassazione.html

http://video.repubblica.it/dossier/caso-cucchi/caso-cucchi-in-cassazione-l-avvocato-della-famiglia–ci-aspettiamo-l-annullamento-delle-assoluzioni

http://video.repubblica.it/dossier/caso-cucchi/caso-cucchi-ilaria–finalmente-sento-parlare-di-violentissimo-pestaggio

 

Cultura dal basso contro i poteri forti e i loro servi assassini

Rsp (individualità Anarchiche)

STATO DI POLIZIA: La regola dell’impunità – NOTAV: solidarietà a Lucio, Graziano e Francesco

STATO DI POLIZIA:

La regola dell’impunità

Con la pilatesca sentenza del tribunale di Napoli (stato di polizia “La tortura moderata”) – che ci porta dalla tortura all’impunità – ha delle affinità, pur inserita in un clima tutt’affatto differente, quella emessa dal tribunale di Milano nel febbraio 1970, relativa al processo per i fatti di via Larga (19 novembre 1969) in cui mori la guardia di pubblica sicurezza Antonio Annarumma. Questa sentenza fu salutata da più parti come “coraggiosa” mentre le parti opposte la giudicarono “scandalosa”; il motivo dei due contrari giudizi era lo stesso: la magistratura, per una volta, non aveva accettato interamente e integralmente le versioni dei fatti passatele dall’autorità di polizia.

Il questore Guida in un’intervista ad un settimanale cosi presentava lo svolgimento degli eventi che avevano portato agli scontri in cui avrebbe trovato la morte Annarumma: “Le jeep voltarono allora dalla parte di via Rastrelli e un vecchio – che non si fece nulla – fu urtato accidentalmente. Gli agenti furono insultati, circondati e aggrediti dalla folla. Per salvarsi e rompere l’accerchiamento iniziarono un tentativo di retromarcia e di sganciamento; manovra alla quale sono abituati. Poi accadde la tragedia, per la volontà aggressiva di qualcuno, perché gli incidenti furono voluti e provocati.”” Il tribunale ricostruisce invece cosi l’inizio degli scontri: “Le risultanze processuali [ … ] hanno [ ] chiarito come gli agenti della colonna di Polizia [ ] che li circondava e che in parte li premeva e li invitava ad andarsene, ritenendo che fosse in atto una situazione di pericolo che andava affrontata ed eliminata, abbiano ritenuto, senza aver ricevuto specifici ordini al riguardo, che non restasse altra alternativa che il ricorso alle evoluzioni dei mezzi, come soluzione estrema per uscire da una difficile situazione: evoluzioni e caroselli che dovevano poi rivelarsi come la causa determinante dell’increscioso e grave stato di tensione determinatosi tra cittadini e forze di polizia e come la scintilla da cui scaturirono i successivi gravissimi incidenti, prolungatisi a lungo nel tempo. Al dibattimento si è, infatti, anche chiarito come la reazione violenta della folla [ … ] abbia coinciso coi caroselli e le evoluzioni compiuti dai mezzi di polizia, mentre, in precedenza, non vi era alcun specifico atteggiamento aggressivo dei presenti.”” Il sugo rivoluzionario della pronuncia dei giudici milanesi sta in codesta parte della sentenza; in essa, in sostanza, si dice che se gli incidenti furono “voluti e provocati” da “qualcuno,” il qualcuno fu proprio la polizia: e di conseguenza avrebbe dovuto essere impostata la parte successiva della sentenza, tenendo anche conto che il dottor Guida aveva dichiarato, con la protervia che contraddistingue il rappresentante del potere sicuro della impunità che il suo ruolo gli garantisce, nella citata intervista: “Mi assumo tutta la responsabilità, rispondo di fronte alla magistratura e di fronte alla mia coscienza.” Al contrario, la sentenza – di un processo, non lo si dimentichi, in cui gli imputati erano i dimostranti, che avevano reagito all’attacco poliziesco, e non i poliziotti che quest’attacco avevano sferrato – proseguiva spiegando, del tutto sofisticamente, che se da un lato la reazione della folla all’aggressione della polizia era legittima, e dall’altro vi erano stati “degli eccessi nell’espletamento delle loro funzioni da parte di pubblici ufficiali,”

ciò non bastava tuttavia ad assolvere tutti gli imputati, i quali altro non erano che parte di quella folla che aveva legittimamente reagito ad un intervento arbitrario ed ingiustificato delle forze dell’ordine (mai come in quell’occasione rivelate si forze del disordine), e, meno che mai, evidentemente, era sufficiente, nell’opinione dei giudici, ad aprire un’inchiesta sul comportamento della polizia e dei suoi dirigenti. Un bel gesuitismo, non c’è che dire. Il tribunale in definitiva ammetteva che non è sempre, automaticamente, la polizia dalla parte della ragione , proprio perché polizia, è immune da inchieste e censure. Lo stesso tono di reverenza e ossequio adoprato dall’estensore della sentenza palesando il timore di suscitare delle rimostranze in chi essendo alleato non può essere sottoposto a critiche, anche velate, rivela con chiarezza la natura del “controllo” che si pretende esista sulla polizia in Italia. La magistratura non controlla le forze di polizia; ma è solidale con esse. Codesto assunto è ampiamente dimostrabile non solo attraverso l’esame di tutte le situazioni di conflittualità in cui le forze dell’ordine sono state protagoniste, o anche di tutti i casi di violazioni patenti delle leggi da parte di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria nell’adempimento delle loro funzioni investigative; il mancato controllo, la effettiva solidarietà tra questi due aspetti del potere repressivo, il braccio e la testa per semplificare, appare macroscopicamente soprattutto nei momenti di tensione sociale più vivi nel paese, allorché lo stato borghese ha con assoluta urgenza la necessità di ristabilire gli equilibri turbati scoraggiando le masse, di Reggio, Roma e provincia furono poste in uno stato d’assedio non dichiarato. In una delle escursioni connesse alle operazioni, a Gennazzano tre ragazzi vennero fermati dai celerini mentre scrivevano sui muri scritte contro Tambroni e il suo governo; i tre furono trascinati nella caserma dei carabinieri e qui, non essendo un reato scrivere, i tutori della legge decisero di dare una lezione un po’ particolare ai malcapitati, improvvisandone sul momento regole e contenuti. Uno alla volta i tre subiscono lo stesso imparziale trattamento da parte degli sbirri che si danno regolarmente il cambio fra di loro per far durare più a lungo lo spasso, la gara; i tre vengono alla fine lasciati andare: gli sbirri non ne possono più, i giovani sono tragiche maschere di sangue. Qualche tempo dopo un sostituto procuratore di Roma, tale Lojacono, chiedeva l’archiviazione della denuncia contro i poliziotti, presentata dai giovani, “perché il fatto non costituisce reato”. E chi avrebbe potuto dargli torto, dal momento che i giudici di Milano avevano stabilito che non costituisce reato, per la polizia, nemmeno l’omicidio?, domandando, però, consequenzialmente, l’incriminazione dei tre per “resistenza a pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni” e “oltraggio al governo….

Si potrebbe a questo punto fare una casistica sterminata dei fatti che in mille occasioni hanno dimostrato con brutale evidenza la collocazione reale del magistrato, in quanto tale, a latere del poliziotto, nella gestione della violenza capitalistica. La differenza dei due organismi non sta tanto nel fatto che l’un corpo sia armato e l’altro no (è anche questo, evidentemente), quanto piuttosto nei diversi ruoli che essi sono delegati a svolgere: il potere di polizia risiede nell’uso delle leggi (quando la legge fornisce il cittadino di una salvaguardia contro l’autorità dello stato la si calpesta, quando la legge pone un limite all’azione della forza di polizia, la si ignora, quando la legge è ambigua o vaga, la si interpreta a vantaggio della propria autorità, quando la legge va contro i diritti del cittadino, la si esegue rigidamente), il potere giudiziario – si parla sempre nell’ambito del rapporto polizia-magistratura – consiste nella garanzia dell’uso siffatto della legge. Secondo le teorie che il potere ci insegna per bocca dei suoi istitutori è la magistratura ad applicare la norma di legge, la polizia si incarica di farla eseguire e rispettare; in realtà, è, in certo senso, il contrario. Il poliziotto agisce, a seconda delle direttive che il potere politico impartisce, non importa se nella legge o contro di essa; c’è li, pronto, il magistrato che si preoccupa di giustificare in ogni caso il comportamento del poliziotto, di legalizzarlo quando non lo sia, di sottolineare l’esistenza di una precisa norma che dispone in quel certo modo, in caso contrario. Come si spiegherebbe altrimenti che uno dei più inutili articoli di legge del nostro ordinamento giuridico sia stato proprio, finché è stato in vigore, quell’articolo 16 del codice di procedura penale contro di cui tanto si sono battute, in buona fede democratica, le opposizioni di sinistra e i liberali? Esso disponeva, com’è noto, che “non si procede senza autorizzazione del ministro della giustizia contro gli ufficiali od agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria o contro i militari in servizio di pubblica sicurezza, per atti compiuti in servizio e relativi all’uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica”; ma non c’è stato che pochissime volte necessità di tirarlo concretamente in causa. E in genere, tutte le volte che un magistrato ha avuto l’esigenza o l’ardire di domandare al ministro l’autorizzazione a procedere, il ministro non ha avuto difficoltà a concederla, perché – salvo casi eccezionali – si rendeva conto che quando un giudice istruttore giungeva a tal punto esistevano motivi di opportunità politica che ve lo avevano determinato e quegli stessi motivi facevano si che il ministro dovesse accogliere la domanda. L’art. 16 rappresentava un’arma troppo screditante, e del tutto secondaria. Nella seduta del senato del 3 aprile 1957 vennero espressi due contrastanti pareri sulla nostra legislazione di PS: i senatori Terracini e Leone sostennero concordemente che nessuno stato europeo ha una legislazione vasta e oppressiva come quella italiana; l’onorevole Tambroni, ministro dell’interno affermò di rimando che “nessuna legislazione di polizia in Europa è migliore di quella italiana,” e che chi asseriva il contrario non solo offendeva la verità ma altre si contribuiva a creare uno stato di permanente rivolta contro le istituzioni. Il fatto che Tambroni esaltasse apertamente le leggi di polizia italiane fornisce già una prima indicazione su queste leggi, un primo approccio alla analisi di esse. Un difensore più recente della legislazione di polizia fu il senatore Ajroldi: relatore democristiano al disegno di legge Taviani-Reale del 1966, ammettendo che il disegno governativo “non propone nel suo insieme una nuova legge di PS ma, nella struttura schematica di quella esistente, opera le enucleazioni, introduce le modifiche,” affermò, con una sfacciataggine superiore a quella mostrata da Tambroni, che “è da escludere che cosi operando vengano a cristallizzarsi strutture dell’ordinamento totalitario: infatti,” proseguì imperterrito il relatore, “il legislatore del 1926 e del 1931 si è avvalso per quelle riforme della stessa sistematica della legge Crispi del 1888-1889 reintroducendo in ordine alle attribuzioni di PS, sia pure in forma dettagliata, quei principi che si rinvengono nella già ricordata legge del 13/11/1859, n. 3720 e nell’allegato B alla legge del 10 marzo 1865, n. 2248.”’ Senza rendersene conto il parlamentare democristiano ammetteva che la legislazione di polizia in Italia ha una continuità di segno reazionario che partendo dal Regno di Sardegna, passando per Crispi e Mussolini, giunge fino ad oggi, alle intenzioni e agli intendimenti governativi odierni.

Osserviamo le caratteristiche del t.U. 18 giugno 1931, n. 773 (a sua volta figlio del – t.u. 6 novembre 1926, n. 1448) e in genere delle leggi di polizia vigenti. Abbiamo visto in precedenza che il fascismo coi testi del 1926 e poi del 1931, che segnavano un ulteriore appesantimento in senso illiberale dell’originario testo del 1865 – prima formulazione organica di leggi di PS -, si proponeva di affermare un preciso concetto di ordine pubblico, non limitandosi più alla negazione del concetto opposto (il disordine, cioè). Il problema del legislatore fascista era di dilatare la sfera dell’estensione della norma legislativa, e nello stesso tempo di allargare corrispondentemente il raggio di applicabilità della norma stessa da parte dei rappresentanti dell’imperio dello stato; accanto a codeste esigenze primarie si poneva quella altrettanto importante di garantire una totale e assoluta impunità dei rappresentanti delle forze di polizia che sulla base delle leggi dovevano muoversi senza possibilità di intralci alla loro azione; il testo di legge fascista, infine, corrispondendo a un periodo storico in cui la dittatura della borghesia si era affermata col terrorismo (repressione) sui lavoratori, non poteva non accentuare in senso classista la formulazione della legge. Ne consegue che la generalità, la discrezionalità, la politicità e l’impunità sono le quattro basilari caratteristiche del testo di PS. Tutte e quattro tornarono comode allo scelbismo, nuova fase di attacco alla classe operaia e al movimento contadino, benché l’uso delle leggi fasciste fosse del tutto secondario nella politica di Scelba e De Gasperi, come poi in quella di Tambroni: come all’avvento del fascismo, la polizia agiva in aperto dispregio di tutte le leggi che potessero valere da baluardo al cittadino, all’operaio, contro la prepotenza e l’arbitrio del rappresentante dell’amministrazione dello stato. Delle leggi la borghesia finge di preoccuparsi quando deve instaurare la pace sociale susseguentemente agli attacchi contro le classi da essa dominate; e, ad ogni buon conto, tra le leggi ci sono sempre e comunque quelle utili da essere adoperate a sostegno del privilegio di classe (il codice penale, le leggi di polizia, in tutti :gli articoli che esprimono più marcatamente la dittatura classista) e quelle che servono da volgare copertura all’esercizio di quel privilegio (la costituzione in primo luogo, gli articoli dei codici e delle altre leggi che salvaguardano i diritti dei “sudditi”). Infine, ed ecco il ruolo della forza di polizia nello stato borghese, sussiste sempre la possibilità di adoperare la forza: ma non più, come prevede la scuola liberale catto fascista, a difesa del diritto, ma contro il diritto; capovolgendosi le funzioni, è il diritto che difende la forza, quale che sia l’uso che di essa venga fatto. La diversa disposizione dell’ordine di codesti fattori non cambia il prodotto: la conservazione del dominio di classe. Il fatto che in certi periodi storici venga anteposta la violenza pura assoluta immotivata dal punto di vista giuridico (Depretis-Nicotera, Di Rudini, Pelloux, avvento del fascismo, De Gasperi-Scelba, Tambroni, Federico Umberto Damato,Taviani ), mentre in altri momenti della storia sia il diritto a precedere, cambia ben poco la situazione di fondo: il mutamento investe invero solo le forme della dittatura di classe, la sostanza per l’operaio e il povero rimane identica.

 

No Tav, per la Cassazione l’assalto al cantiere non fu terrorismo….

01 dicembre 2015

Terrorista è lo stato, coi suoi piani militari che mietono sempre più vittime innocenti: strategia della tensione – False flag (strage di piazza fontana, strage della loggia, strage di bologna ecc.).

In una azione diretta di boicottaggio, durante la notte, volarono bottiglie incendiarie, razzi, petardi, bombe carta contro il cantiere della Torino-Lione. Nessuno rimase colpito o ferito. Venne dato alle fiamme un compressore e provocato danni per 94 mila euro (secondo l’impresa appaltatrice…). Ma non fu un atto “con finalità terroristiche”, l’atto di rivolta compiuto dai No Tav la notte tra il 13 e il 14 maggio del 2013.

Con queste motivazioni la Suprema Corte ha rigettato il ricorso avanzato dalla procura nei confronti di Lucio, Graziano e Francesco. Il reato di terrorismo, era stato già contestato ai primi quattro arrestati per quell’assalto (Claudio, Niccolò, Mattia e Chiara) ed era già “caduto” con una prima pronuncia della Cassazione.

Solidarietà a Lucio, Graziano e Francesco

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L’utopia vince sempre contro questo sistema nobiliare massomafioso (P2) corrotto che, con la complicità degli sbirri (fedeli servi spietati e con poco cervello, cani da guardia cresciuti in cattività, addestrati a obbedire al più forte), cerca sempre di reprimere le nostre idee….

Nonostante tutta la merda attorno, possiamo essere i migliori…

W L’ANARCHIA!!!

https://www.youtube.com/watch?v=pJFcqWWX6sw

Solidarietà anche a tutti gli arrestati per le manifestazioni del G8 di Genova 2001 (dove Carlo Giuliani venne ucciso e centinaia di ragazzi vennero deliberatamente torturati e massacrati dalle “forze dell’ordine”) e per le proteste in val Susa contro la militarizzazione, le speculazioni e le devastazioni ambientali della massomafia, ingorda, bigotta e arrivista ……

NO TAV!

CULTURA DAL BASSO CONTRO I POTERI FORTI

 

Rsp (individualità Anarchiche)

Stefano Cucchi ucciso da soprusi e violenze: “omicidio di stato”

Stefano Cucchi ucciso da soprusi e violenze:

OMICIDIO DI STATO

13 ottobre 2015

Salgono a 5, i carabinieri iscritti al registro degli indagati sulla morte di Stefano Cucchi. Il maresciallo Roberto Mandolini, (già vice comandante della stazione di Tor Sapienza in cui passò la notte dell’arresto Stefano Cucchi), che per primo venne iscritto fra gli indagati, si sono aggiunti i nomi di altri 4 sbirri. Per Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro, Francesco Tedesco, il reato ipotizzato è «lesioni personali aggravate». Nei confronti del carabiniere Vincenzo Nicolardi, il reato è di «falsa testimonianza». Secondo la Procura, i 5 militari, a vario titolo, avrebbero preso parte alla perquisizione in casa di Cucchi e al suo arresto

Soddisfazione per Ilaria Cucchi che ha dichiarato «Tra pochi giorni è l’anniversario della morte di Stefano, e io sono sempre più convinta che le cose non accadono mai per caso. Ora abbiamo altri indagati e tra di essi alcuni sono accusati di lesioni dolose aggravate. Loro ma non solo sono i veri responsabili della morte di Stefano. Questa contestazione, che riteniamo essere provvisoria, interromperà la prescrizione. Ma, lo ribadiamo con forza e lo stiamo provando, senza quel o quei pestaggi Stefano sarebbe ancora vivo. Questo è certo ed ormai tutti lo hanno capito”.».

Ma andiamo ad analizzare la vicenda:

Roma: Il 15 ottobre 2009 Stefano Cucchi viene arrestato, portato in caserma e perquisito: viene trovato in possesso di hashish (per un totale di 21 grammi) e tre confezioni impacchettate di cocaina. Il giorno dopo venne processato per direttissima. Già durante il processo ha difficoltà a camminare e a parlare e mostra inoltre evidenti ematomi agli occhi; il ragazzo parla con suo padre pochi attimi prima dell’udienza ma non gli dice di essere stato picchiato.

Nonostante le precarie condizioni, il giudice stabilisce per lui una nuova udienza da celebrare qualche settimana dopo e stabilisce inoltre che deve rimanere in custodia cautelare al carcere Regina Coeli. Dopo l’udienza le condizioni di Cucchi peggiorarono ulteriormente, e viene visitato all’ospedale Fatebenefratelli presso il quale vengono messe a referto lesioni ed ecchimosi alle gambe, al viso (inclusa una frattura della mascella), all’addome (inclusa un’emorragia alla vescica) e al torace (incluse due fratture alla colonna vertebrale). Viene quindi richiesto il suo ricovero che però non avviene.

In carcere le sue condizioni peggiorano ulteriormente; muore all’ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre 2009. Dopo la prima udienza i familiari cercano a più riprese di vedere, o perlomeno conoscere, le condizioni fisiche di Cucchi, senza successo. La famiglia ha notizie di Cucchi quando un ufficiale giudiziario si reca presso la loro abitazione per notificare l’autorizzazione all’autopsia….

Dopo la morte di Stefano Cucchi, il personale carcerario negò di avere esercitato violenza sul giovane ed espresse diverse ipotesi fasulle. Nel frattempo, per fermare le illazioni che venivano fatte sulla sua morte, la famiglia pubblicò alcune foto del giovane scattate in obitorio nelle quali erano ben visibili vari traumi da violente percosse e un evidente stato di denutrizione…..

Le indagini preliminari sostennero che a causare la morte sarebbero stati i traumi conseguenti alle percosse, il digiuno (con conseguente ipoglicemia), la mancata assistenza medica, i danni al fegato e l’emorragia alla vescica che impediva la minzione del giovane (alla morte aveva una vescica che conteneva ben 1.400 cc di urina, con risalita del fondo vescicale e compressione delle strutture addominali e toraciche). Inoltre determinante fu l’ipoglicemia in cui i medici lo avevano lasciato, tale condizione si sarebbe potuta scongiurare mediante l’assunzione di un semplice cucchiaio di zucchero.

Sempre stando alle indagini, i porci, infidi e meschini agenti di polizia penitenziaria Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Dominici avrebbero gettato il ragazzo per terra procurandogli le lesioni toraciche, infierendo poi con calci e pugni. Oltre agli agenti di polizia penitenziaria, vengono indagati i medici Aldo Fierro, Stefania Corbi e Rosita Caponnetti che non avrebbero curato il giovane e che lo avrebbero lasciato morire.

Ma facciamo un excursus sulle sentenze giudiziarie:

Il 30 aprile 2010 la procura di Roma contesta ai medici del Pertini, a seconda delle posizioni, il favoreggiamento, l’abbandono di incapace, l’abuso d’ufficio e il falso ideologico. Agli agenti della polizia penitenziaria vengono contestati invece lesioni e abuso di autorità. Tredici in tutto le persone coinvolte dalle indagini.

Il 5 giugno 2013 la III Corte d’Assise condanna in primo grado 4 medici dell’ospedale Sandro Pertini a un anno e 4 mesi e il primario a 2 anni di reclusione per omicidio colposo (con pena sospesa), un medico a 8 mesi per falso ideologico, mentre assolve 6 tra infermieri e guardie penitenziarie….

Per i medici, dunque, il reato di abbandono di incapace viene derubricato in omicidio colposo. Il PM aveva chiesto per questi ultimi (Aldo Fierro, Silvia Di Carlo, Stefania Corbi, Luigi De Marchis Preite, Rosita Caponetti e Flaminia Bruno) pene tra i 5 anni e mezzo e i 6 anni e 8 mesi. Aveva inoltre sollecitato una pena a 4 anni di reclusione per gli infermieri e 2 anni per gli agenti penitenziari. Le accuse nei confronti di questi ultimi erano di lesioni personali e abuso di autorità. Sono stati assolti con la formula che richiama la vecchia insufficienza di prove…..

Il 31 ottobre 2014, a seguito di una sentenza della corte d’appello di Roma, sono stati assolti tutti gli imputati, anche i medici; a seguito di ciò, il legale della famiglia Cucchi ha annunciato che farà ricorso alla Suprema Corte di Cassazione mentre la sorella Ilaria dichiarò che avrebbe chiesto ulteriori indagini al procuratore capo Pignatone.

Ne’ dio ne’ stato ne’ sbirri (servi) ne’ padroni.

Basta guerre e giochi sporchi per l’egemonia militare – economica ….

 

Rsp (individualità Anarchiche)

Terrorismo di stato – False flag

Terrorismo di stato – False flag

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Il terrorismo di stato è l’uso di strategie e metodi di terrorismo da parte dell’autorità statale.

Uno stato può decidere di ricorrervi contro i suoi stessi cittadini, a fini repressivi per eliminare direttamente un gruppo politico, o per eliminarlo come interlocutore politico e togliergli credibilità davanti all’opinione pubblica incolpandolo di atti commessi da terzi (operazioni False flag), oppure per intimidire e far emigrare una popolazione che non desidera (pulizia etnica), per creare uno stato di emergenza che giustifica una deriva autoritaria con la sospensione e deroga delle Costituzioni in nome della sicurezza nazionale.

Un ulteriore modo, proprio degli stati e non replicabile da soggetti non statali, di fare terrorismo è l’istituire un ordinamento giuridico e di pubblica sicurezza estremamente punitivi: tramite organizzazioni di polizia segreta e regolamenti molto rigidi si instaura un clima di paura in cui ogni cittadino diventa passibile di punizione, in pratica “colpevole fino a prova contraria”.

Al di fuori dei loro confini, gli stati adottano il terrorismo per perseguire obiettivi di politica estera e per ostacolare stati rivali o nemici. Poiché tutti gli stati del mondo hanno sottoscritto ufficialmente la carta dei diritti dell’uomo, che implica un totale rifiuto del terrorismo, nessuno di essi può ammettere di utilizzare metodi terroristici o di addestrare, armare o comunque aiutare terroristi o gruppi terroristici.

Tutte le attività terroristiche promosse dagli stati sono quindi condotte segretamente, in modo da non essere riconducibili ai governi mandanti. Normalmente gli attentati e le uccisioni di stato vengono gestite da strutture dei servizi segreti civili o militari, o da gruppi esterni all’apparato statale ma ispirati e/o collegati ad esso (forze paramilitari, milizie, gruppi di attivisti). Un altro modo, molto comune negli stati meno dotati militarmente è l’omettere di vigilare sulle attività nel proprio territorio di gruppi estremisti aventi come bersaglio gli obiettivi desiderati, e anzi incoraggiandone e sovvenzionando le azioni…..

 

False flag (falsa bandiera) è una tattica segreta condotta nell’ambito di operazioni militari o attività di spionaggio, condotte in genere da governi, servizi segreti, e agenzie d’intelligence, progettata per apparire come perseguita da altri enti e organizzazioni, anche attraverso l’infiltrazione o lo spionaggio di questi ultimi.

Gli attacchi terroristici possono essere di fatto operazioni sotto falsa bandiera. Durante la strategia della tensione italiana (stragi di stato), diversi attentati bomba negli anni ’70, attribuiti a organizzazioni di estrema sinistra, erano di fatto stati condotti da organizzazioni di estrema destra che cooperavano coi servizi segreti italiani e atlantici.

I servizi segreti italiani attuarono il piano militare chiamato “strategia della tensione – (stragi di stato)” e crearono i nuclei clandestini dello stato per infiltrare i movimenti antagonisti e imporsi come potere geopolitico economico finanziario e militare.

 

Le stragi di stato avvenute in Italia:

MILANO, PIAZZA FONTANA, 12 DICEMBRE 1969

GIOIA TAURO, 22 LUGLIO 1970

PETEANO, 31 MAGGIO 1972

MILANO, 17 MAGGIO 1973

BRESCIA, 28 MAGGIO 1974: PIAZZA DELLA LOGGIA

SAN BENEDETTO VAL DI SAMBRO, 4 AGOSTO 1974: L’ITALICUS

BOLOGNA, 2 AGOSTO 1980: LA STRAGE ALLA STAZIONE

23 DICEMBRE 1984: LA BOMBA SUL RAPIDO 904.

LE STRAGI DEL 1993 ….

 

In Francia, il movimento di azione e difesa Masada, presunto gruppo sionista, in realtà era un gruppo terroristico neofascista che sperava di accrescere la tensione fra gli arabi e gli ebrei in Francia.

Le tattiche sotto falsa bandiera erano state impiegate anche nella guerra civile algerina, a partire dalla metà del 1994. Gli squadroni della morte si travestivano da terroristi islamisti e commettevano attacchi sotto falsa bandiera. Tali gruppi includevano la OJAL o la OSSRA (organizzazione segreta per la salvaguardia della Repubblica algerina).

Le pseudo-operazioni sono dirette da forze di polizia, militari o entrambi. Le forze di polizia sono di solito le più adatte a svolgere compiti di intelligence; tuttavia l’esercito fornisce la struttura necessaria ad appoggiare tali pseudo-operazioni con forze militari.

Il Manuale da campo 30-31 dell’esercito degli Stati Uniti, che fu redatto il 18/3/1970 dal generale William Westmoreland, sviluppa i concetti delle operazioni “false flag”:

« “Possono esserci momenti in cui i governi ospiti mostrano passività o indecisione di fronte alla sovversione anarchica e comunista e, secondo l’interpretazione dei servizi segreti americani, non reagiscono con sufficiente efficacia (…) I servizi segreti dell’esercito degli Stati Uniti devono avere i mezzi per lanciare operazioni speciali che convincano i governi ospiti e l’opinione pubblica della realtà del pericolo insurrezionale. Allo scopo di raggiungere questo obiettivo, i servizi americani devono cercare di infiltrare gli insorti per mezzo di agenti in missione speciale che devono formare gruppi d’azione speciale tra gli elementi più radicali (…).

Nel caso in cui non sia possibile infiltrare con successo tali agenti al vertice dei ribelli, può essere utile strumentalizzare per i propri fini organizzazioni di estrema sinistra per raggiungere gli scopi descritti sopra. (…) Queste operazioni speciali devono rimanere rigorosamente segrete. Solamente le persone che agiscono contro l’insurrezione rivoluzionaria conosceranno il coinvolgimento dell’esercito americano negli affari interni di un paese alleato”. La più importante di queste operazioni prende il nome di “Operazione CHAOS“. »

Le operazioni sotto falsa bandiera sono utilizzate nello spionaggio, nel business e nel marketing (come in alcune campagne di relazioni pubbliche) e nelle campagne politiche.

La morte della studentessa Giorgiana Masi il 12/5/1977, avvenuta per mano di agenti di Polizia infiltrati fra le file di Autonomia Operaia.

Il finanziamento, da parte del Mossad durante il periodo 2007-‘08, dello Jundallah, movimento sunnita indipendentista del Baluchistan coinvolto in numerosi attentati in Iran. Il servizio segreto d’Israele aveva arruolato membri del movimento separatista a Londra.

Il gruppo indipendentista usò i kamikaze per colpire pasdaran, moschee e obiettivi governativi iraniani.

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Turchia Ottobre 2015: strage alla marcia pacifista: 128 morti. Due esplosioni alla stazione di Ankara …..

 

Rsp (individualità Anarchiche)

2/9/1980: due giornalisti, Graziella De Palo e Italo Toni, scompaiono a Beirut, stavano indagando su un traffico d’armi tra Italia e Medioriente

E’ il 2 settembre di 35 anni fa, due giornalisti italiani, Graziella De Palo e Italo Toni, inviati in Libano da Paese Sera e Astrolabio, scompaiono a Beirut, stavano indagando su un traffico d’armi tra Italia e Medioriente.

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Una vicenda oscura, che coinvolge anche i servizi segreti deviati, logge massoniche, intrighi internazionali, mai ritrovati i loro corpi. La solita storia tutta italiana fatta di depistaggi, omissioni e collusioni istituzionali: nessun mandante, nessun esecutore, nessun colpevole….

La scomparsa dei due giornalisti si colloca in un contesto temporale di torbidi rapporti tra lo stato italiano e i paesi del medio oriente. In Libano è in atto una sanguinosa guerra civile tra i cristiano maroniti appoggiati da Israele e arabi palestinesi sostenuti da Siria e Iran.

 L’America e i suoi alleati appoggiano Israele, il pretesto sta nella minaccia che arabi e musulmani porterebbero allo stato Ebraico: in questo contesto si colloca la scomparsa di Graziella De Palo e Italo Toni.

Anti-American Demonstration in Tehran, June 1, 1951. A large poster depicting Uncle Sam being thrown out of Iran is carried in a demonstration organized by the Tudeh Party (an Iranian communist party) in Tehran. The script on the poster criticizes American "junk sellers'' who import preservatives and dolls into Iran.

 Un contesto nel quale il traffico d’armi è fiorente, i cui proventi vengono riciclati nelle banche di Beirut, dove personaggi ambigui in quegli anni sono di casa, come Roberto Calvi e il suo Banco Ambrosiano….

Tutto viene coperto dal segreto di stato, ordinato da Bettino Craxi.

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Nella vicenda emergono altri personaggi ambigui, il generale Giuseppe Santovito (foto sopra), capo del Sisde, il colonnello dei carabinieri Stefano Giovannone, capo centro del Sismi a Beirut, con compiti di destabilizzazione, termine tecnico che sta per aggressione militare….

Entra in scena anche Aldo Moro (lodo Moro), il quale ha raggiunto un’intesa col fronte palestinese, dunque un nemico di Israele, degli Usa e dei poteri occulti contro i quali si scontrano Graziella De Palo e Italo Toni, poteri di cui è elemento essenziale Stefano Giovannone, come documentato dal materiale cartaceo in mano alla giornalista italiana.

Apparati deviati dello stato (il generale Vito Miceli era filo arabo, il generale Maletti era legato ai servizi israeliani) approfittano di questa situazione, instaurando loschi traffici commerciali che vedono il mercato delle armi e droga al centro di profitti che non possono avvenire alla luce del sole.

Graziella e Italo prima di essere rapiti erano ospiti dell’OLP. I due giornalisti avevano alle spalle scottanti inchieste che fecero pubblicare in Italia. Graziella De Palo, in particolare, aveva denunciato su Paese Sera e l’Astrolabio il traffico internazionale di armi e droga che avveniva in violazione agli embarghi internazionali. In Libano il capo centro del SISMI a Beirut, colonnello Stefano Giovannone, era stato individuato da Graziella in un suo articolo su Paese Sera come “l’agente commerciale in Libano, con il compito di organizzare il traffico di armi per il Medio Oriente”. Paradossalmente, come in una tragedia greca, Giovannone sarebbe stato poi incaricato delle ricerche dei due giornalisti.…

Graziella aveva descritto in altri articoli come l’industria bellica italiana (la quarta produttrice di armi al mondo), controllata, oggi come allora, dall’azionariato di stato, lavorava anche su brevetti statunitensi. L’Italia si trovava nella scabrosa posizione di fare il lavoro sporco, vendendo armi e droga per conto statunitense a tutti i cosiddetti “stati canaglia”. E a trarne profitto, trattandosi di operazioni coperte, furono in tanti…..

Giunti in Libano, il giorno precedente alla loro scomparsa, i due giornalisti, essendosi deteriorati i loro rapporti ( a causa delle loro inchieste) con la componente principale dell’OLP, Al Fatah, si recarono per la prima volta dal loro arrivo, evidentemente molto spaventati, all’Ambasciata d’Italia, chiedendo espressamente di essere cercati se non fossero rientrati nell’albergo di Beirut, il “Triumph” (di proprietà e sotto il controllo dell’OLP), entro tre giorni. Il giorno seguente, 2/9/1980, avevano appuntamento con uomini del Fronte Democratico di Liberazione della Palestina, di Nayef Hawatmeh, per visitare il fronte di guerra e i campi d’addestramento dei Fedayn, nel sud del Libano. Gli addetti dell’Ambasciata lasciarono passare i giorni e se ne fregarono del loro rapimento, fintanto che i familiari di Graziella, non vedendoli rientrare in Italia entro il 15 settembre, data stabilita, denunciarono alle autorità la loro scomparsa.

Iniziarono immediatamente i depistaggi da parte di alti esponenti dei servizi segreti militari. Personaggi, come il già nominato colonnello dei carabinieri Stefano Giovannone, in servizio a Beirut come Capo Centro del SISMI, ed il generale Giuseppe Santovito, direttore del Servizio Segreto militare, crearono ad arte una falsa “pista falangista”, che avrebbe visto come autori del rapimento i falangisti di Bechir Gemayel, in realtà stanziati nella parte opposta di Beirut, cioè ad Est. Dagli atti processuali risulta che la Farnesina sollevò dall’incarico l’ambasciatore D’Andrea, che per primo aveva comunicato la responsabilità di Al Fatah nel rapimento dei due giornalisti, trasferendolo d’ufficio in Danimarca.

Dopo alcuni anni la Magistratura aprì un procedimento penale nei confronti di George Abbash leader del FPLP, per duplice omicidio, mentre il generale Santovito ed il colonnello Giovannone del SISMI vennero incriminati per favoreggiamento nei reati di sequestro e omicidio. Il giudice istruttore Renato Squillante prosciolse Habbash per insufficienza di prove….

Graziella e Italo scoprirono dunque una verità inconfessabile. Tornare vivi in Italia e pubblicare queste notizie avrebbe contribuito ad acuire gli scontri negli anni di piombo (comunisti e anticomunisti – gladio bianca e gladio rossa). L’accordo con l’OLP (lodo Moro) implicava appunto la tolleranza, da parte di alcuni apparati delle nostre istituzioni, dell’operato di organizzazioni terroristiche, come l’FPLP di George Habbash o il gruppo Separat di Carlos, lo sciacallo, e vedevano il Libano come un crocevia di scambio di armi e droga che partivano dall’Italia verso tutti i regimi dittatoriali nel mondo. L’intera operazione di “scarico” dal ministero degli Esteri, istituzionalmente competente dell’incolumità degli italiani all’estero, ai Servizi Segreti, ebbe come regista il piduista Francesco Malfatti di Montetretto, segretario generale dello stesso ministero degli Esteri. Questo ha costituito un precedente per tutti i successivi rapimenti di italiani all’estero, generalmente liberati in seguito ad ingenti riscatti. Santovito e Giovannone in quanto militari senz’altro obbedirono a degli ordini superiori e dovettero depistare per salvare il “lodo Moro” e quindi permettere all’Italia di salvarsi dal baratro.

Con l’imperversare della crisi di Gaza, tutti hanno imparato a conoscere Hamas. Chiunque, adesso, sa che si tratta di un’organizzazione paramilitare e terrorista, contro cui si è scatenata la furia di Israele con quello che ne è conseguito: un vero e proprio genocidio di innocenti, arabi colpevoli semplicemente di essere non ebrei.

Quello che in pochi sanno è come, Hamas, abbia una storia lunga e travagliata: come la stessa sia stata probabilmente vista di buon occhio per lungo tempo dagli israeliani, a causa della sua rivalità con un’altra organizzazione palestinese, l’Olp, fondato, tra gli altri, da Yasser Arafat.

Lo stato ebraico sobilla gli scontri per tentare un’invasione del Libano, nonostante le risoluzioni dell’Onu che intimano ad Israele di ritirarsi. Nel 1982 gli israeliani sferrano l’operazione Pace in Galilea, nella quale vengono bombardati campi profughi con l’eccidio di 17 mila arabi.

Altre aggressioni si susseguono, nel 1992, nel 2006 e, nonostante la preponderante superiorità militare israeliana, gli Hezbollah libanesi resistono e respingono gli attacchi.

Riconoscendo in Hamas il nemico supremo, si dimentica l’Olp. La cui storia sta per tornare a galla. Il motivo è semplice: fu proprio questa organizzazione a scendere a patti col Sismi italiano, nell’ambito del cosiddetto “lodo Moro”, i cui dossier relativi stanno per diventare pubblici…

 

Video: Il caso Toni – De Palo – Un mistero di stato

http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/il-caso-toni-de-palo/841/default.aspx

 

Cultura dal basso contro i poteri forti e i loro servi

Rsp (individualità Anarchiche)

 

Il 24/8/1974 viene arrestato l’industriale Andrea Mario Piaggio

Il 24/8/1974 viene arrestato l’industriale Andrea Mario Piaggio. Una sua società avrebbe finanziato l’organizzazione neofascista “La rosa dei venti”…

Andrea Mario Piaggio

La Rosa dei venti fu un’organizzazione segreta italiana di stampo neofascista, collegata con ambienti militari.

L’esistenza dell’organizzazione fu portata alla luce dal magistrato Giovanni Tamburrino.

Tamburrino ordinò gli arresti di numerosi personaggi, tra politici, imprenditori e ufficiali, quali finanziatori del gruppo terroristico, fino all’arresto per falso ideologico del 31/10/1974 del generale Vito Miceli, capo del Servizio Informazioni Difesa (ex SIFAR), ma la Corte di Cassazione renderà vano il lavoro del magistrato portando al trasferimento dell’inchiesta dalla città veneta a Roma….

Il pubblico ministero Claudio Vitalone invocherà il segreto di stato e sull’inchiesta di Tamburrino e sulla questione cadrà il silenzio.

L’organizzazione occulta, Rosa dei venti, era stata usata per il colpo di stato del 1973, successivo a quello denominato “Golpe Borghese”, che aveva nelle sue file esponenti di primo piano come Junio Valerio Borghese, Stefano Delle Chiaie e altri membri e simpatizzanti della destra eversiva italiana e alti ufficiali dei servizi segreti…

La Rosa dei venti era un’organizzazione paragonabile a Gladio, una sorta di filiale locale di un servizio di intelligence NATO operante parallelamente —e su un piano superiore— rispetto ai servizi ufficialmente riconosciuti. Di questa realtà iniziatica si vuole vedere un riflesso nel provvedimento con cui nel 1978 la Corte di Cassazione tolse a Giovanni Tamburrino la titolarità dell’indagine che minacciava di violare il mistero dell’apparato in esame.

Nell’inchiesta sul colpo di stato della rosa dei venti vengono evidenziati tre nomi di un certo spessore militare: generale Francesco Nardella, già comandante dell’Ufficio guerra psicologica di FTASE Verona; il suo successore in tale incarico tenente colonnello Angelo Dominioni; il tenente colonnello Amos Spiazzi, vicecomandante del secondo gruppo artiglieria da campagna e comandante del relativo «Ufficio I».

Amos Spiazzi di Corte Regia è andato in pensione con il grado di brigadier generale. Ha subìto 19 processi ed è sempre stato assolto

Sul piano giudiziario, si cominciò ad aprire uno squarcio di luce nel marzo dello stesso anno, quando l’inquisito Roberto Cavallaro iniziò a collaborare coi giudici di Padova. Cavallaro è un’altra figura piuttosto originale. Dopo aver vissuto l’esperienza del ‘68 francese, era stato attivista sindacale, prima nella CISL e poi nella CISNAL. Nel 1972, dopo un breve idillio con l’MSI, era passato a posizioni più radicali, fondando (con altri) un’organizzazione di picchiatori della “Milano bene”, che aveva un certo seguito soprattutto alla ‘Cattolica’, il Gruppo Alfa. Fino al momento dell’arresto (novembre 1973) Cavallaro avrebbe partecipato a quello che lui chiamava colpo dello stato, agli ordini di un’imprecisata “organizzazione” che tirava le fila della Rosa dei venti e di tanti altri gruppi eversivi di ogni colore, utilizzati prima di tutto come leve di provocazione (il disordine crea la necessità di riportare ordine). L'”organizzazione” —che non sappiamo se si potesse identificare con quello che tempo dopo la stampa battezzò “Supersid” o “Sid parallelo” sarebbe nata contestualmente all’aborto del Piano Solo, ed avrebbe avuto una sorta di battesimo del fuoco nella controguerriglia in Alto Adige…

Forte di queste rivelazioni, Tamburrino iniziò a torchiare Spiazzi. Spiazzi uscì dall’ostinato riserbo mantenuto sino al momento, e rilasciò una serie di dichiarazioni che in gran parte concordavano con quelle di Cavallaro. In particolare confermò che l'”organizzazione” era «parallela alla struttura “I” ufficiale [ed era] sempre stata un’organizzazione in funzione anticomunista.» Nella tarda primavera del 1973 Spiazzi —attraverso canali ufficiali della gerarchia militare e col ricorso a comunicazioni in codice secondo standard NATO— avrebbe ricevuto l’ordine di mettersi dapprima in contatto con due imprenditori liguri, e poi di recarsi a prendere ordini successivi presso la cosiddetta Piccola Caprera, un luogo sul lago di Garda considerato un sacrario fascista. La telefonata in questione, proveniente da una caserma dei carabinieri di Vittorio Veneto, era stata inviata dal maggiore Mauro Venturi, colui che successivamente sarebbe stato preposto ai Centri CS di Roma..

Il giudice Tamburino scrisse la sua indignazione con una lettera al presidente della repubblica Leone: un’inchiesta giudiziaria aveva rivelato l’esistenza di un’organizzazione segreta alla quale appartenevano ufficiali dell’esercito; un membro dell’organizzazione, il tenente colonnello Amos Spiazzi, sosteneva di avere ricevuto l’ordine di prendere contatto con una banda di estremisti di destra e di finanziarla; l’ufficiale, per rivelare il nome di chi gli aveva dato quell’ordine, aveva chiesto il consenso di un superiore; era avvenuto un regolare confronto tra il tenente colonnello e un generale, il generale Alemanno, delegato dal capo del Sid generale Miceli: il generale Alemanno, presenti due magistrati e l’avvocato difensore, aveva ordinato al tenente colonnello Spiazzi, anche con cenni convenzionali, di non rivelare il nome del militare che gli aveva dato quell’ordine.”

Tamburrino chiede al capo dello stato “che fosse designato un generale di grado superiore a quello di Alemanno e che fosse messo nelle condizioni di offrire una effettiva collaborazione alla giustizia liberando il tenente colonnello Spiazzi dal vincolo del segreto”.

La Cassazione intervenne il 30/12/1974, ordinando il trasferimento dell’inchiesta alla Procura di Roma che stava portando avanti le indagini sul Golpe Borghese. Inchiesta che sostanzialmente riguardava un fatto differente, benché vi fosse la comunanza di alcuni nomi. Il processo si chiuse sostanzialmente con esiti assolutori il 29/11/1984.

 

Ma ritorniamo indietro nel tempo per andare ad analizzare il quadro geopolitico dopo la 2 guerra mondiale prima della costruzione dei gruppi clandestini dello stato:

Nel Febbraio 1945 ci fu la conferenza di Yalta organizzata dai capi politici dei tre principali paesi Alleati.

I tre protagonisti furono Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Stalin, capi rispettivamente dei governi degli Stati Uniti d’America, del Regno Unito e dell’Unione Sovietica. I tre leader si accordarono per spartirsi l’Europa (poteri economici finanziari e politici, militari) in sfere d’influenza – predominio ….

 

Nel 1945 in Italia, un gruppo di grandi industriali tra cui Piero Pirelli, Rocco Armando ed Enrico Piaggio, Angelo Costa , Falck e Valletta si riunisce a Torino il 16 e 17/6/’45 per decidere i piani per la “…lotta al comunismo con qualsiasi mezzo…”, sia con la propaganda che con l’organizzazione di gruppi armati, questi ultimi affidati a Tito Zaniboni. Le spese previste sono enormi ma gli industriali sono disposti a finanziare l’avventura…”; 120 milioni sono stanziati subito, e vengono depositati in Vaticano…

Nel 1947 – nasce una fitta rete di organizzazioni reazionarie parafasciste che riceve: “aiuto, connivenza e spesso legittimazione” dai servizi segreti USA. Opera in Italia sotto diverse sigle, tra le quali: Giovane Italia , Fronte Moderato , Partito Nazionale Popolare , Concentrazione Italiana , Lega Italiana , Partito Fusionista , inoltre anche falsi raggruppamenti comunisti e socialisti incaricati di inquinare la sinistra. Nel comitato centrale di uno di questi l’ Armata Italiana della Libertà, il cui vero capo è il generale Sorice , già ministro della guerra di Badoglio, si contano 4 ammiragli, 10 generali e 4 colonnelli.

Nel 1948 con l’appoggio finanziario americano il Vaticano mette in piedi i “Comitati Civici” come forza d’urto anticomunista in vista delle elezioni politiche che si terranno in Aprile. I Comitati fulmineamente raggiungono l’estensione di 20.000 nuclei, possiedono un proprio servizio informazioni, hanno anche una radio segreta.

Il 30/3/’49 vengono ricreati i servizi segreti italiani attraverso una semplice disposizione interna del ministro della difesa, la circolare 365. Verranno chiamati SIFAR , avranno sezioni distaccate (SIOS) alle dipendenze dei capi di stato maggiore dell’esercito, della marina e dell’aviazione. Dovranno svolgere: “attività offensiva e difensiva nel campo delle informazioni”. Nessuna legge specifica ne regola l’attività, invece risulterà poi che fin da allora: “l’attività è regolata da un protocollo segretissimo imposto dagli americani che costituisce una vera e propria rinuncia alla sovranità nazionale della parte italiana”. I principali obblighi sono: fornire agli USA copia di tutte le informazioni e un diritto di supervisione americana sulla scelta del personale, che deve essere tutto di totale gradimento dei competenti servizi USA. De Gaulle denunciò esplicitamente il 7/3/1966 l’esistenza di protocolli simili imposti dagli USA alla Francia nell’ambito degli accordi segreti per la costituzione della NATO. Anche la Germania negli anni ’80 ha ammesso la presenza di tali protocolli.

Nel Luglio del 1949 nel quadro della riorganizzazione della polizia( stato di polizia) vengono istituiti i reparti celere antisommossa armati di autoblindo, mortai e mitragliatrici…..

 

Gladio – Stay Behind Italia – L’esercito segreto della NATO

https://www.youtube.com/watch?v=VWrXdXuPiOs

 

I segreti di Yalta

http://www.raistoria.rai.it/articoli/i-segreti-di-yalta/25766/default.aspx

 

Rsp (individualità Anarchiche)

Il 14 agosto 1974 viene arrestato l’agente del SID Guido Giannettini…

Il 14 agosto 1974 viene arrestato l’agente del SID Guido Giannettini, colpito da mandato di cattura per la strage di piazza Fontana a Milano. Si è costituito l’11 agosto alle autorità italiane a Buenos Aires.

Il 14 agosto 1978 Guido Giannettini, agente “Zeta” del SID accusato della strage di piazza Fontana, sarà liberato per decorrenza dei termini di carcerazione preventiva….

Ma andiamo a vedere chi è quella merda cattofascista di Guido Giannettini ….

Giannettini negli anni ’50 aderì al Raggruppamento giovanile missino e nel 1954 alla Giovane Italia. Fu attivo nella rete di supporto dell’Oas francese e nel 1961 fu arrestato a Madrid insieme a Pierre Lagaillarde.

Giannettini dai giornali della destra giovanile passò a collaborare a Il Secolo d’Italia, così come con la rivista L’Italiano, diretta da Pino Romualdi (MSI), fino ai giornali Il Roma e Il Giornale d’Italia.

Nel 1963-‘64 iniziò a scrivere per la Rivista Militare, organo ufficiale dell’Esercito Italiano e ha partecipato a varie riunioni NATO.

Il 3-5 maggio 1965 partecipò a Roma (albergo Parco dei Principi), ad un convegno sulla “guerra rivoluzionaria“, organizzato dall’istituto Alberto Pollio e finanziato dal Sifar“, agenzia di spionaggio militare. A seguito di questo incontro, al quale parteciparono circa 20 studenti (tra cui Stefano Delle Chiaie e Mario Pino Rauti, Michele Merlino), Giannettini e altri partecipanti furono assunti dai servizi segreti italiani per attuare il piano della ‘strategia della tensione’

Nel mese di aprile del 1968 Giannettini, partecipò ad un viaggio in Grecia insieme a 60 studenti della “Lega degli studenti greci fascisti in Italia” e a 51 studenti italiani neo-fascisti, organizzato dalla giunta militare greca. Tornati da Atene si “convertirono” improvvisamente all’anarchismo, alla sinistra o al comunismo, preferibilmente filo-cinese…..

Nel 1969, Giannettini accompagnò una delegazione di militari italiani in Germania Ovest per preparare l’acquisto di carri armati Leopard….

Secondo il magistrato Guido Salvini, responsabile delle indagini relative all’attentato di piazza Fontana del 1969, “Guido Giannettini ha anche avuto contatti con Yves Guérin-Sérac in Portogallo (Aginter Press) , fin dal 1964″.

Giannettini, per il suo ruolo di giornalista, fu reclutato dal SID nel 1965. Nel maggio 1969 questi aveva inviato un rapporto al servizio in cui avvisava “che erano in preparazione attentati in luoghi chiusi (strategia della tensione stragi di stato).

Nel gennaio 1974 fu emesso mandato di cattura nei confronti di Giannettini , il capitano Labruna lo aiutò a nascondersi in Francia.

Il 14 agosto 1974 si costituì al consolato italiano di Buenos Aires. Fu condannato il 23 febbraio 1979 in primo grado all’ergastolo per strage al processo di Catanzaro e poi assolto in appello il 20 marzo 1981 e scarcerato (sentenza confermata in Cassazione nel 1982).

Ma andiamo a vedere chi erano i servizi segreti e a chi erano subordinati….

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I servizi segreti nacquero ufficialmente il 1 settembre del 1949 sulle ceneri del vecchio SIM, il Servizio d’Informazione Militare nato durante il regime fascista, col nome di SIFAR, Servizio Informazioni Forze Armate. Già la loro costituzione fu anomala: per istituirli non fu necessario alcun dibattito parlamentare ma soltanto una circolare interna firmata dall’allora ministro della difesa Randolfo Pacciardi.

Il primo direttore del SIFAR fu il generale di brigata Carlo Del Re, sotto l’esplicita supervisione dell’emissario della CIA in Italia Carmel Offie. Del Re venne sostituito nel 1951 dal Gen. Broccoli, che diede l’avvio a “Gladio”, sostituito un anno e mezzo dopo dal Gen. Musco, uomo di stretta osservanza CIA, che portò a termine l’acquisto dei terreni di Capo Marrargiu, in Sardegna, dove sorse poi la base di “Gladio”17. Una decisiva impennata nelle attività politiche dei servizi segreti si ebbe con l’avvento ai vertici del SIFAR del Gen. Giovanni De Lorenzo, uomo gradito sia all’ambasciatrice americana, Clara Booth Luce, sia alle sinistre. De Lorenzo assunse le redini del SIFAR nel gennaio del 1956 e rimase in carica per quasi sette anni, fino all’ottobre del 1962. Proprio sotto la gestione di De Lorenzo iniziarono le schedature di massa degli italiani: furono raccolti oltre 157.000 fascicoli.

Il gradimento delle sinistre per la nomina di De Lorenzo era dovuto essenzialmente ai meriti resistenziali (…) rivendicati dal generale. Quando De Lorenzo fu nominato Comandante Generale dell’arma dei carabinieri e fu costretto ad abbandonare la guida dei servizi segreti riuscì a mantenerne comunque il controllo facendo in modo che al suo posto venisse designato un suo fedelissimo, Egidio Viggiani e che i posti chiave fossero occupati da suoi uomini di fiducia: Giovanni Allavena e Luigi Tagliamonte. Fu proprio De Lorenzo a mettere a punto, nel 1964, il Piano Solo, un colpo di stato sotto la cui minaccia venne formato il secondo governo di centrosinistra guidato da Moro.

L’anno successivo al tentativo di golpe il SIFAR venne sciolto e, con un decreto del Presidente della repubblica, il 18 novembre 1965, nacque il SID, Servizio Informazioni Difesa. Il comando del nuovo Servizio Segreto, nuovo solo sulla carta, venne affidato all’Amm. Eugenio Henke, sotto la cui gestione prese avvio la “strategia della tensione” che ebbe come primo, tragico, risultato la strage di Piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969. Nel 1970 l’Amm. Henke fu sostituito dal Gen. Vito Miceli, sotto la cui direzione prese forma l’operazione “Tora Tora”, il tentativo di colpo di stato, ancora oggi misterioso, del “principe nero” Junio Valerio Borghese. Gli anni della gestione Miceli furono, inoltre, gli anni dello stragismo in Italia: da Peteano alla strage della Questura di Milano, da Brescia all’Italicus.

Il generale Vito Miceli Negli anni ‘70 fu nominato capo del Sid, A Miceli fu affiancato il colonnello Gianadelio Maletti, dirigente dell’Ufficio D (addetto al controspionaggio). Tra i due personaggi sorse ben presto un aspro conflitto, dovuto a divergenze di natura politica: Miceli sosteneva le trame più reazionarie, invece Maletti mirava ad un «golpe bianco», cioè a una svolta in senso conservatore delle istituzioni attraverso processi poco traumatici.

Nell’ottobre del 1977 (dopo vari scandali), si procedette a una riforma complessiva dei servizi di sicurezza, con la creazione di due nuove agenzie investigative: il Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare (Sismi), che prese il posto del Sid; il Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica (Sisde), che sostituì il Sds.

Negli anni ‘80 una serie di scandali e rivelazioni portarono alla luce la funzione eversiva dei servizi segreti in Italia. Nell’elenco degli affiliati alla Loggia P2, diretta da Licio Gelli, si scoprirono i nomi di ex dirigenti dei servizi (D’Amato, Maletti, Miceli), ma anche del direttore del Sisde Giulio Grassini e del Sismi Giuseppe Santovito.

loggia_p2Emerse, poi, l’esistenza di alcune strutture “deviate” (il “Sid parallelo” e il “SuperSismi”), implicate in attività illegali «che spaziavano dall’occultamento delle prove, alla protezione di sospetti autori di stragi […], dalla diffusione di notizie calunniose verso esponenti politici […], al peculato». Si scoprì, inoltre, che c’erano stati vari depistaggi durante le indagini su stragi e attentati avvenuti negli anni precedenti (Milano, Brescia, Ustica, Bologna) e si comprese l’esistenza di altre organizzazioni occulte legate all’intelligence, come l’Anello e la Rosa dei Venti, coinvolte in tentativi eversivi o in operazioni coperte.

Nella lista di Gelli erano iscritti, tra gli altri, 28 giornalisti, 4 editori e 7 dirigenti editoriali del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera, tra cui lo stesso Angelo Rizzoli. I direttori erano 7, quattro dei quali dirigevano testate Rizzoli, a cominciare da Franco Di Bella, allora direttore del Corriere della Sera.

Entrambi i servizi segreti ebbero responsabilità gravi nella strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, per la quale sono stati condannati per depistaggio alcuni uomini del SISMI, come il Gen. Pietro Musumeci e il Col. Giuseppe Belmonte.

Ma cosa era L’Aginter Press?

L’Aginter Press era un’agenzia di stampa di Lisbona operante dal 1962 al 1974. In realtà era principalmente un centro di reclutamento ed addestramento per guerra non convenzionale, riconducibile alla rete in funzione anticomunista NATO Stay Behind.

Essa operava nel Portogallo governato dalla dittatura di Salazar ed era diretta dal capitano Yves Guérin-Sérac, che prese parte alla fondazione dell’Organisation armée secrète. Le azioni svolte dall’Aginter Press erano finalizzate a:

-diffondere le idee e programmi nazisti nel mondo, in particolare in Europa e Africa.

-reclutare e addestrare agenti per guerra non convenzionale per perpetrare disordini e caos, allo scopo di minare le fondamenta dei governi democratici.

-azioni di spionaggio, per conto dei servizi segreti portoghesi e con connessioni tramite questi ad altri servizi segreti di paesi NATO.

-collaborare a dirigere l’organizzazione internazionale dell’eversione in chiave anticomunista. Questa “internazionale eversiva” usava l’Aginter Press come braccio d’azione per interventi in diversi paesi.

Tra le carte rinvenute nei loro archivi vi era un documento nel quale delineavano la propria linea strategica:

« Noi pensiamo che la prima parte della nostra azione politica debba essere quella di favorire l’installazione del caos in tutte le strutture del regime. È necessario cominciare a minare l’economia dello Stato per giungere a creare confusione in tutto l’apparato legale. […] Questo porterà a una situazione di forte tensione politica, di paura nel mondo industriale, di antipatia verso il governo e verso tutti i partiti: in questa prospettiva deve essere pronto un organismo efficace capace di riunire attorno a sé gli scontenti di ogni classe sociale: una vasta massa per fare la nostra rivoluzione. […] A nostro avviso la prima azione che dobbiamo lanciare è la distruzione delle strutture dello Stato sotto la copertura dell’azione dei comunisti e dei filo-cinesi. Noi, d’altronde, abbiamo già elementi infiltrati in tutti questi gruppi; su di loro dovremo evidentemente adattare la nostra azione: propaganda ed azioni di forza che sembreranno fatte dai nostri avversari comunisti e pressioni sugli individui che centralizzano il potere ad ogni grado. Ciò creerà un sentimento di antipatia verso coloro che minacciano la pace di ciascuno e della nazione; d’altra parte ciò peserà sull’economia nazionale. »

Ma chi era Guérin-Sérac?

Guérin-Sérac (vero nome, Yves Guillou), ex ufficiale dell’OAS approda a Lisbona nel 1962. In quell’anno si può fissare la nascita della pseudo-agenzia di stampa. Nella capitale portoghese cerca un appoggio concreto da parte del governo. Non ottiene un appoggio ufficiale, ma riceve aiuti e “spinte” dalla Legione Portoghese, organizzazione paramilitare del regime. Guérin-Sérac viene incaricato di sfruttare la sua passata esperienza nelle file dell’Organisation armée secrète, per organizzare corsi pratici di sabotaggio, terrorismo e spionaggio, ed ha un rapporto diretto col governo portoghese fin dal 1962. Tra il ’62 e il ’65 gli agenti di Guérin-Sérac viaggiano in lungo e in largo, costruendo quella rete di informatori e collaboratori che, più tardi, si rivelerà piuttosto utile. Fin dai primi anni di attività, uno degli scopi principali dell’Aginter Press è quello di infiltrare i suoi uomini nei movimenti di sinistra e di estrema sinistra d’Europa e nei movimenti di liberazione in Africa.

Dopo aver raccolto attorno a sé un nutrito ed eterogeneo gruppo, tra cui spiccava Robert Leroy, ex SS della Legione Vallona di Léon Degrelle, Guérin-Sérac prestò il proprio gruppo ad operazioni di destabilizzazione politica e di eversione terroristica in Europa, fungendo nel contempo da centro di reclutamento per mercenari da inviare in Angola a combattere contro gli indipendentisti. Tra le operazioni condotte dall’Aginter Press, l’infiltrazione in gruppi della sinistra extraparlamentare di stampo maoista e trozkista in Italia, Francia e Svizzera, il tentato golpe in Algeria nel 1966 e la regia congiunta nell’attentato di Piazza Fontana a Milano del dicembre 1969…..

La Rivoluzione dei garofani dell’aprile 1974 segnò la fine del regime salazarista di Marcelo Caetano in Portogallo, comportando l’apertura della prigione fortezza di Caxies e la nascita di commissioni d’inchiesta sulle violenze perpetrate dalla dittatura attraverso la polizia politica, la Pide-DGS. Nell’ambito di queste indagini, nel maggio dello stesso anno vi fu la scoperta della sede, ormai deserta, dell’Aginter Press nei locali di un elegante palazzo nel centro di Lisbona. Guérin-Sérac e i suoi sodali si trasferirono in Spagna, progettando ulteriori azioni terroristiche di stampo atlantista come la guerra civile in Portogallo contro il governo di Vasco Gonçalves, la tentata secessione delle isole Azzorre e successivamente, in collaborazione con fuoriusciti italiani di estrema destra come Stefano Delle Chiaie, parteciparono attivamente alle azioni di guerriglia anti-ETA nei Paesi Baschi e alla progettata restaurazione franchista.

 

Documentario: I rapporti (segreti) tra America e Italia – mafia e stato.

 

La nascita della Stasi e il ruolo del KGB nella DDR

https://www.youtube.com/watch?v=zMOw5yckk30

 

Rsp (individualità Anarchiche)